QUADERNI

L’ap­pro­va­zio­ne all’u­na­ni­mi­tà in Con­si­glio dei mini­stri dei decre­ti volu­ti da Mat­teo Sal­vi­ni, riguar­dan­ti sicu­rez­za e immi­gra­zio­ne, con­fer­ma­no alme­no due cose: la pri­ma è che Mat­teo Sal­vi­ni si è mes­so in tasca tut­to il Movi­men­to 5 Stel­le, inca­pa­ce di espri­me­re una sola voce in dis­sen­so; la secon­da è che la Lega cam­bia nome e segre­ta­rio, ma come già suc­ces­so con la leg­ge Bos­si-Fini si con­fer­ma cam­pio­ne del mon­do nel crea­re pro­ble­mi al nostro pae­se in manie­ra scien­ti­fi­ca, arti­co­lo dopo arti­co­lo, com­ma dopo comma. 
Non è una Pace Fisca­le ma un con­do­no, que­sto lo si era capi­to da set­ti­ma­ne. Il con-dono (stan­do all’etimologia del ter­mi­ne, con­do­na­re deri­va dal lati­no e signi­fi­ca pro­pria­men­te «con­ce­de­re in dono») è elar­gi­to al pro­prio elet­to­ra­to che così potrà libe­rar­si dal gio­go del ter­ri­bi­le fisco italiano. 
E pri­ma di sper­ti­car­ci in ragio­na­men­ti che poi, in estre­ma sin­te­si, fini­sco­no in un tra­gi­co “pri­ma gli ita­lia­ni”, pro­via­mo a riflet­te­re: una per­so­na ha dirit­to ad una vita digni­to­sa per­ché ha una deter­mi­na­ta nazio­na­li­tà sui docu­men­ti oppu­re, più logi­ca­men­te, per­ché — indi­pen­den­te­men­te dai docu­men­ti — è un esse­re umano? 
Si deve rico­no­sce­re che que­sto nostro gover­no gial­lo­ver­de alme­no un meri­to ce l’ha: quel­lo di ave­re fat­to usci­re da un equi­vo­co plu­ri­de­cen­na­le la que­stio­ne del finan­zia­men­to alle scuo­le pri­va­te o — come ormai da mol­ti anni sia­mo costret­ti a dire per meri­to di pre­ce­den­ti gover­ni di cen­tro­si­ni­stra — paritarie. 
Pos­si­bi­le svol­ge­rà un esa­me ana­li­ti­co del prov­ve­di­men­to appe­na sarà reso pub­bli­co ma sin da ora inten­dia­mo denun­cia­re, con tut­te le nostre for­ze e con tut­ta la for­za del­la nostra indi­gna­zio­ne, l’an­nun­cia­ta abo­li­zio­ne del­la pro­te­zio­ne umanitaria. 
Se c’è una cosa che fa più pau­ra dei discor­si raz­zi­sti e del­le noti­zie fal­se o distor­te usa­te per soste­ner­li è l’ingresso dei discor­si raz­zi­sti nel “sen­so comu­ne”, e il loro dif­fon­der­si anche nel­le paro­le di chi il raz­zi­smo lo combatte.