QUADERNI

Con­ti­nua­no inces­san­ti le azio­ni poli­ti­che e ammi­ni­stra­ti­ve per cer­ca­re di limi­ta­re quan­to più pos­si­bi­le i ser­vi­zi pri­ma­ri per l’accoglienza a Ria­ce. In ordi­ne di tem­po, non ulti­ma per i signi­fi­ca­ti poli­ti­ci, è lo “sfrat­to” defi­ni­to tem­po­ra­neo, ma sospet­tia­mo defi­ni­ti­vo, dell’ambulatorio medi­co poli­spe­cia­li­sti­co aper­to nel 2017 dal­la Asso­cia­zio­ne Uma­ni­ta­ria Onlus Jimuel 
La tas­sa sul­la pla­sti­ca sta­bi­li­sce il prin­ci­pio “chi inqui­na paga”. È sacro­san­to che la col­let­ti­vi­tà ven­ga par­zial­men­te com­pen­sa­ta dei dan­ni impo­sti dal con­su­mi­smo sfre­na­to e del­la men­ta­li­tà usa-e-get­ta di set­to­ri pri­va­ti, che non han­no cer­to la salu­te del pia­ne­ta né quel­la pub­bli­ca come prin­ci­pio cardine. 
È dav­ve­ro allar­man­te il fat­to che a 41 anni dal varo del­la L.194 del 1978 sia­mo anco­ra oggi nel­la con­di­zio­ne di dover­ne riven­di­ca­re la pie­na appli­ca­zio­ne e chie­de­re misu­re di con­tra­sto all’u­so mas­sic­cio dell’obiezione di coscienza. 
Dovrem­mo accet­ta­re supi­na­men­te che un’etichetta come quel­la del Green New Deal, che signi­fi­ca in poche paro­le mol­to dena­ro in inve­sti­men­ti pub­bli­ci e pri­va­ti per cam­bia­re — in sen­so eco­lo­gi­sta e neu­tra­le in ter­mi­ni di emis­sio­ni di gas cli­mal­te­ran­ti — il modo di pro­du­zio­ne, sia ener­ge­ti­co che manu­fat­tu­rie­ro, non­ché inci­de­re pro­fon­da­men­te sul­le com­pe­ten­ze e quin­di il siste­ma edu­ca­ti­vo, sia ridot­ta ai con­te­nu­ti del cd. Decre­to Cli­ma o a qual­che pro­mes­sa fat­ta duran­te la for­ma­zio­ne del gover­no Con­te bis? 
In que­sti anni abbia­mo fat­to una scel­ta di cam­po che ogni gior­no por­tia­mo avan­ti cer­ti che quel­la su que­sti temi sia non una bat­ta­glia ma LA bat­ta­glia, una par­te essen­zia­le ed irri­nun­cia­bi­le del­la nostra iden­ti­tà e del­la nostra rivo­lu­zio­ne poli­ti­ca e culturale. 
Se cre­dia­mo alla scien­za quan­do dice che abbia­mo 10 anni per cam­bia­re rot­ta, e quan­do dice che sia­mo entra­ti nel­la sesta estin­zio­ne di mas­sa, allo­ra capia­mo che in gio­co c’è anche la nostra soprav­vi­ven­za come spe­cie Homo sapiens. 
Nei mesi scor­si abbia­mo sen­ti­to stra­par­la­re di “nuo­vo uma­ne­si­mo”, è sta­to tira­to in pie­di un gover­no cui ade­ri­sco­no for­ze par­la­men­ta­ri che da sem­pre si oppon­go­no a poli­ti­che di que­sto gene­re (tra que­ste c’è chi ha soste­nu­to con mol­to impe­gno la nasci­ta e l’o­pe­ra­ti­vi­tà del­la Ong Medi­ter­ra­nea, per capir­ci) eppu­re nul­la è cam­bia­to. L’ul­ti­ma occa­sio­ne è il 2 novembre. 
Quel che suc­ce­de nei cam­pi di deten­zio­ne in Libia è scrit­to nero su bian­co in una sen­ten­za del­la Cor­te d’Assise di Mila­no, data­ta 10 otto­bre 2017, con la qua­le veni­va con­dan­na­to all’ergastolo un tor­tu­ra­to­re etio­pe che ope­ra­va nel cen­tro di deten­zio­ne di Bani Walid, in Libia, gesti­to diret­ta­men­te dal condannato.