No, il Decreto Clima non è un Green New Deal — #IlFirmamento

Dovremmo accettare supinamente che un’etichetta come quella del Green New Deal, che significa in poche parole molto denaro in investimenti pubblici e privati per cambiare - in senso ecologista e neutrale in termini di emissioni di gas climalteranti - il modo di produzione, sia energetico che manufatturiero, nonché incidere profondamente sulle competenze e quindi il sistema educativo, sia ridotta ai contenuti del cd. Decreto Clima o a qualche promessa fatta durante la formazione del governo Conte bis?

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Dovrem­mo accet­ta­re supi­na­men­te che un’etichetta come quel­la del Green New Deal, che signi­fi­ca in poche paro­le mol­to dena­ro in inve­sti­men­ti pub­bli­ci e pri­va­ti per cam­bia­re — in sen­so eco­lo­gi­sta e neu­tra­le in ter­mi­ni di emis­sio­ni di gas cli­mal­te­ran­ti — il modo di pro­du­zio­ne, sia ener­ge­ti­co che manu­fat­tu­rie­ro, non­ché inci­de­re pro­fon­da­men­te sul­le com­pe­ten­ze e quin­di il siste­ma edu­ca­ti­vo, sia ridot­ta ai con­te­nu­ti del cd. Decre­to Cli­ma o a qual­che pro­mes­sa fat­ta duran­te la for­ma­zio­ne del gover­no Con­te bis?

No. La rispo­sta è sec­ca. Non è accettabile.

Se ne è accor­to anche Fer­ruc­cio De Bor­to­li, che in un arti­co­lo di un paio di gior­ni fa sull’inserto L’Economia del Cor­rie­re del­la Sera ha mes­so i let­to­ri in allar­me: «Bonus ver­de, un pia­no a metà». Un po’ tene­ra in aper­tu­ra, la disa­mi­na di De Bor­to­li si con­cen­tra sull’aspetto più rile­van­te del­le poli­ti­che (chia­mia­mo­le così) mes­se in atto dal Mini­ste­ro dell’Ambiente di con­cer­to con Palaz­zo Chi­gi: non si può pro­ce­de­re solo median­te incen­ti­vi e nuo­ve impo­ste edu­ca­ti­ve. 

Dal lato del­le impo­ste, De Bor­to­li sug­ge­ri­sce di non fare il mede­si­mo erro­re degli incen­ti­vi sul­le rin­no­va­bi­li, i cui costi (100 miliar­di in die­ci anni) sono spal­ma­ti nel­la bol­let­ta elet­tri­ca e quin­di li paghia­mo tut­ti, anche i non abbien­ti: «Nes­su­na pro­gres­si­vi­tà, tra­scu­ran­do poi l’obiettivo di far cre­sce­re una filie­ra indu­stria­le ita­lia­na, come avve­nu­to in Ger­ma­nia». L’educazione eco­lo­gi­ca non può esse­re solo il risul­ta­to di un «cal­co­lo eco­no­mi­co». Già, sen­za con­si­de­ra­re che le tas­se cosid­det­te pigou­via­ne (cfr. Arthur Cecil Pigou, l’economista che le ha inven­ta­te), ovve­ro quel­le impo­ste che han­no la fun­zio­ne di cor­reg­ge­re ester­na­li­tà nega­ti­ve, devo­no ten­de­re nel medio/lungo ter­mi­ne a un get­ti­to pari a zero (altri­men­ti non funzionano!).

Anche la car­bon tax dovreb­be ave­re la fun­zio­ne di gui­da­re ver­so la tran­si­zio­ne. Anche la car­bon tax deve ten­de­re a get­ti­to zero. È uno stru­men­to uti­le, ma non può esse­re il solo. Anche la cor­re­zio­ne dei sus­si­di ambien­tal­men­te dan­no­si deve pre­ve­de­re una cir­co­la­ri­tà, ovve­ro le som­me oggi desti­na­te al gaso­lio per auto­tra­zio­ne devo­no tor­na­re ai sog­get­ti che sono più col­pi­ti e usa­te per inve­sti­men­ti rea­li in con­ver­sio­ne eco­lo­gi­ca. Deve esse­re stret­to un pat­to con i pro­dut­to­ri: il tem­po del­le paro­le è fini­to, sia­mo tut­ti sog­get­ti al cam­bia­men­to cli­ma­ti­co, dob­bia­mo agi­re. E per far­lo, in un gio­co a som­ma posi­ti­va per la col­let­ti­vi­tà, i dena­ri altri­men­ti tol­ti pos­so­no esse­re ero­ga­ti per cam­bia­re il siste­ma. De Bor­to­li infat­ti ci avvi­sa: «si rischia di ren­de­re social­men­te poco sop­por­ta­bi­li mos­se rite­nu­te indi­spen­sa­bi­li sot­to il pro­fi­lo ambientale».

Che dire, infi­ne, del­la som­ma risi­bi­le desti­na­ta alla rifo­re­sta­zio­ne? Ognu­no deve fare la sua par­te, è vero: è buo­na pras­si che ogni orga­niz­za­zio­ne valu­ti il pro­prio impat­to in ter­mi­ni di emis­sio­ni di CO2 e, lad­do­ve non rie­sca a ridur­lo modi­fi­can­do i com­por­ta­men­ti e le azio­ni, deb­ba in qual­che modo effet­tua­re le com­pen­sa­zio­ni, ad esem­pio desti­nan­do risor­se a nuo­ve pian­tu­ma­zio­ni. Tut­ta­via, i 30 milio­ni di euro mes­si a dispo­si­zio­ne per­met­to­no di pian­ta­re un nume­ro di albe­ri appe­na suf­fi­cien­te a com­pen­sa­re l’1–1,5% del­la CO2 equi­va­len­te gene­ra­ta dai con­su­mi elet­tri­ci dell’intera Pub­bli­ca amministrazione.

Che fare quin­di? Se gli inter­ven­ti non sono siste­mi­ci, se non pre­ve­do­no impat­ti signi­fi­ca­ti­vi, se non sono pro­get­ta­ti in sen­so cir­co­la­re, ovve­ro in modo che resti­tui­sca­no le risor­se ero­se tra­mi­te nuo­va tas­sa­zio­ne o ridu­zio­ne di incen­ti­vi al fine di avvia­re la tran­si­zio­ne, allo­ra stia­mo per­den­do altro tem­po

Altro che Green New Deal. Stia­mo facen­do un pat­to con il petro­lio.

Davi­de Sera­fin[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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