La lotta all’emergenza climatica è una necessità vitale — #IlFirmamento

Se crediamo alla scienza quando dice che abbiamo 10 anni per cambiare rotta, e quando dice che siamo entrati nella sesta estinzione di massa, allora capiamo che in gioco c'è anche la nostra sopravvivenza come specie Homo sapiens.

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I samu­rai giap­po­ne­si pas­sa­va­no gran par­te del­la loro vita ad alle­nar­si, a stu­dia­re, a per­fe­zio­na­re la pro­pria tec­ni­ca di spa­da, nel­l’at­te­sa di quel com­bat­ti­men­to che sareb­be costa­to loro la vita.

In quel com­bat­ti­men­to, con pochi ed essen­zia­li gesti avreb­be­ro vin­to, soprav­vi­ven­do, o per­so, lascian­do que­sto mondo.

Il pun­to era che, anche e soprat­tut­to nel­la loro pra­ti­ca quo­ti­dia­na, il gesto dove­va esse­re rea­le. Quan­do com­bat­ti, e c’è in gio­co la tua vita, non puoi fin­ge­re. Non puoi fare un gesto pri­vo di con­vin­zio­ne. Per­chè muo­ri. Quin­di, ciò che eser­ci­ta­va­no, oltre alla tec­ni­ca, era la real­tà del gesto.

Se cre­dia­mo alla scien­za quan­do dice che abbia­mo 10 anni per cam­bia­re rot­ta, e quan­do dice che sia­mo entra­ti nel­la sesta estin­zio­ne di mas­sa, allo­ra capia­mo che in gio­co c’è anche la nostra soprav­vi­ven­za come spe­cie Homo sapiens.

For­se – for­se- non la nostra come indi­vi­dui, ma mol­to pro­ba­bil­men­te quel­la dei nostri figli e nipo­ti. E quel­la di tan­tis­si­me per­so­ne che saran­no costret­te a lascia­re le loro ter­re, diven­ta­te invivibili.

Per­dia­mo, come pia­ne­ta, cir­ca 3000 spe­cie all’anno.

In pochi decen­ni per­de­re­mo cir­ca il 75% del­le spe­cie oggi esi­sten­ti. Gli inset­ti, le api. Stia­mo, di fat­to, per­den­do l’ha­bi­tat del­la nostra specie.

Allo­ra dice­va­mo che di fron­te alla pro­pria estin­zio­ne, il samu­rai non può fin­ge­re di alle­nar­si, di stu­dia­re, di per­fe­zio­na­re la tec­ni­ca. Quan­do vie­ne l’o­ra, non c’è tem­po di cri­ti­ca­re l’av­ver­sa­rio per­ché la sua spa­da non è rego­la­men­ta­re, o per­ché ha usa­to una tec­ni­ca scor­ret­ta. Non ci sono ener­gie da sot­trar­re: si può solo por­ta­re il pro­prio sfor­zo, il pro­prio gesto e dare tut­to, il meglio di sé.

La lot­ta all’e­mer­gen­za cli­ma­ti­ca è una neces­si­tà vitale.

E ci inse­gna un nuo­vo modo di tener­ci tut­ti insie­me, per­ché non c’è nes­su­no che pos­sa vin­ce­re da solo.

Per­chè se non c’è un gesto rea­le nel­la dimen­sio­ne indi­vi­dua­le, di comu­ni­tà e di col­let­ti­vi­tà, nes­su­na azio­ne sarà efficace.

Allo­ra cer­chia­mo­lo, e se non c’è, creia­mo­lo, il gesto rea­le. Nel pri­va­to e nel pub­bli­co, nel pic­co­lo e nel gran­de, nel­la poli­ti­ca loca­le ed in quel­la nazio­na­le. Inter­na­zio­na­le, per­si­no; c’è Ber­nie, c’è Ale­xan­dria. C’è Extinc­tion Rebel­lion, che chie­de veri­tà, azio­ne imme­dia­ta ed il coin­vol­gi­men­to dei cit­ta­di­ni sul­la giu­sti­zia cli­ma­ti­ca ed ecologica.

Ci sono abi­tu­di­ni da modi­fi­ca­re: abban­do­na­re la men­ta­li­tà fos­si­le di cer­ca­re solu­zio­ni di ieri a pro­ble­mi di oggi, la men­ta­li­tà usa e get­ta, per cui è nor­ma­le crea­re rifiu­to; man­gia­re meno car­ne. Inve­ce, usa­re il con­su­mo a van­tag­gio di chi fa scel­te soste­ni­bi­li, di chi crea lavo­ro attra­ver­so que­ste scel­te, come il bio­lo­gi­co, la filie­ra cor­ta, il turi­smo e la mobi­li­tà soste­ni­bi­le e slow.

Ci sono oggi com­par­ti pro­dut­ti­vi che pos­so­no e devo­no pen­sa­re a come ridur­re il pro­prio impat­to e fun­zio­na­re con ener­gie rin­no­va­bi­li, e che lo stan­no già facen­do, per­chè per for­tu­na c’è inno­va­zio­ne da vendere.

Allo­ra voglia­mo anche un nuo­vo ruo­lo del­lo Sta­to, di esse­re pro­mo­to­re atti­vo e garan­te del­la transizione.

Uno Sta­to che trat­tie­ne i cer­vel­li anzi­ché met­ter­li in fuga.

Uno Sta­to che si fac­cia bus­so­la, ponen­do al nord la tran­si­zio­ne ener­ge­ti­ca, l’in­no­va­zio­ne e il Capi­ta­le Natu­ra­le: le nostre fore­ste e le comu­ni­tà che ci vivo­no attor­no, la sal­va­guar­dia del suo­lo e la pro­te­zio­ne dal dis­se­sto idro­geo­lo­gi­co, la qua­li­tà del­l’a­ria e del­l’ac­qua con atti­vi­tà agri­co­le che sia­no allea­te dei ter­re­ni. E l’in­te­gri­tà di eco­si­ste­mi insostituibili.

E allo­ra ecco, voglia­mo dise­gna­re non solo un siste­ma pae­se, ma un Eco­si­ste­ma Pae­se, dove c’è l’ha­bi­tat per tut­ti e dove la bio­di­ver­si­tà è la miglio­re ricet­ta pos­si­bi­le per la resi­lien­za. Di più, per la rige­ne­ra­zio­ne. La rige­ne­ra­zio­ne di un tes­su­to socia­le, nel qua­le voglia­mo e dob­bia­mo ave­re la deter­mi­na­zio­ne di inclu­de­re tut­ti. Ché la spe­cie si sal­va solo se sa pro­teg­ge­re l’ha­bi­tat in cui vive, e i pro­pri indi­vi­dui, in una dimen­sio­ne di comu­ni­tà soli­da­le.

Infi­ne, c’è il ruo­lo del­la Poli­ti­ca, che deve rimet­ter­si a stu­dia­re le car­te. Quel­le nuo­ve, non quel­le che ha usa­to fino­ra. Tra­guar­dan­do l’o­biet­ti­vo e trac­cian­do la rot­ta. Ed è per que­sto, che ora ser­ve il Fir­ma­men­to.

Chia­ra Ber­to­gal­li[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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