QUADERNI
Dovrebbero essere tutti femministi, non sessisti, o spiegazionisti, per dire così, di come dovremmo vivere noi, quanti figli fare, come vestirci, in quale stanza della casa stare, comprese quelle case chiuse che per qualcuno sono un modello, per me un’aberrazione. Bisogna liberare le persone, le donne, prima di tutto. Tutto il resto è un disegno che conosciamo già, perché ha imperato per migliaia di anni. Anche basta.
Li chiamano i “grandi invisibili”: chi sono? I docenti precari, i docenti di “Terza fascia”, l’ultima. La fascia che, però, manda irrimediabilmente avanti la scuola e senza la quale la scuola, forse, non ci sarebbe nemmeno.
Se un appello si può aggiungere agli appelli e ai contrappelli che si sono alternati in questi mesi, ebbene è il seguente: diamoci una mossa, diamoci un taglio e cerchiamo di cogliere il momento, l’opportunità che clamorosamente — e chi l’avrebbe mai detto — ci si sta presentando.
Se a tutti noi, educatori, professionisti, artisti, attivisti, eccetera, spetta il compito di osservare e interpretare il tessuto sociale, alla politica spetta invece l’obbligo morale di trovare una soluzione alla violenza di genere, che in Italia è diventato un fenomeno dai numeri preoccupanti, troppo per essere considerato un Paese civile.
Siamo di fronte ad un arretramento preoccupante circa i risultati e le politiche a difesa della parità uomo – donna ottenuti negli scorsi decenni.