Precari della scuola, i grandi invisibili

Li chiamano i “grandi invisibili”: chi sono? I docenti precari, i docenti di “Terza fascia”, l’ultima. La fascia che, però, manda irrimediabilmente avanti la scuola e senza la quale la scuola, forse, non ci sarebbe nemmeno.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Li chia­ma­no i “gran­di invi­si­bi­li”: chi sono? I docen­ti pre­ca­ri, i docen­ti di “Ter­za fascia”, l’ultima. La fascia che, però, man­da irri­me­dia­bil­men­te avan­ti la scuo­la e sen­za la qua­le la scuo­la, for­se, non ci sareb­be nemmeno. 

Quan­do si pen­sa ai “sup­plen­ti” imma­gi­nia­mo degli inse­gnan­ti che sup­pli­sco­no per pochi gior­ni quan­do il docen­te “di ruo­lo” è in malat­tia o in mater­ni­tà. Nien­te di più fal­so. I sup­plen­ti, mol­to spes­so, rice­vo­no inca­ri­chi annua­li o per la mag­gior par­te dell’anno sco­la­sti­co e si fan­no cari­co dei dirit­ti e dei dove­ri dell’essere “inse­gnan­te”.

Sono quel­le figu­re mito­lo­gi­che sen­za le qua­li la scuo­la non potreb­be ini­zia­re e non potreb­be garan­ti­re agli alun­ni e alle fami­glie uno dei ser­vi­zi vita­li del­la socie­tà e un dirit­to ina­lie­na­bi­le, lo stu­dio e la formazione. 

Chiun­que abbia fat­to “il sup­plen­te” sa che la sua vita è un sus­se­guir­si di emo­zio­ni con­tra­stan­ti: la gio­ia dell’essere in clas­se e tra i col­le­ghi, spes­so anche nel­la stes­sa scuo­la di anno in anno, l’ansia dell’essere o meno “richia­ma­to” e del “quan­do”, la malin­co­nia nel ripen­sa­re alle scuo­le in cui ha lavo­ra­to e alle per­so­ne che ha incon­tra­to, la tri­stez­za e, alle vol­te, le lacri­me nel salu­ta­re alun­ni, col­le­ghi e fami­glie sen­za poter rispon­de­re con cer­tez­za alla fati­di­ca doman­da “Lei ci sarà il pros­si­mo anno, vero?”. Doman­da dif­fi­cil­men­te reto­ri­ca: i docen­ti di Ter­za fascia sono nel lim­bo da diver­si anni. 

L’ultima pos­si­bi­li­tà per acce­de­re a un per­cor­so di abi­li­ta­zio­ne si è avu­ta nel 2014. Da quel momen­to in poi i pre­ca­ri han­no rice­vu­to solo pro­mes­se vane e un lun­go perio­do di atte­sa. Non mol­ti san­no che gli ulti­mi con­cor­si scuo­la, tan­to pub­bli­ciz­za­ti, sono sta­ti ban­di­ti sol­tan­to per chi ave­va avu­to modo negli anni pre­ce­den­ti di abi­li­tar­si. Pec­ca­to che dal 2014 non ci sia più sta­to modo di abi­li­tar­si: un cane che si mor­de la coda, direm­mo sen­za girar­ci trop­po intorno. 

A fine 2018 è sem­bra­to che la situa­zio­ne stes­se cam­bian­do. Ma si trat­ta­va di una rispo­sta con­cre­ta ai biso­gni degli stu­den­ti e alla neces­si­tà di chi vuo­le sta­bi­liz­zar­si o dell’ennesima e sba­glia­ta Vit­to­ria di Pir­ro che dan­neg­ge­rà chi da anni lavo­ra nel­la scuola? 

I docen­ti di Ter­za fascia, det­ti anche “pre­ca­ri sto­ri­ci”, man­da­no avan­ti da anni la scuo­la con sacri­fi­ci immen­si, accet­tan­do dei posti che dif­fi­cil­men­te ver­reb­be­ro rico­per­ti per­ché mal col­le­ga­ti o in con­te­sti rite­nu­ti più com­ples­si, basti pen­sa­re alle iso­le o ai pae­si di mon­ta­gna. Inol­tre, sono rite­nu­ti ido­nei per lavo­ra­re a scuo­la, per esse­re in clas­se, per par­te­ci­pa­re a con­si­gli, col­le­gi, gite, valu­ta­zio­ni, riu­nio­ni di dipar­ti­men­to, scru­ti­ni e esa­mi di sta­to, ma a giu­gno sono nuo­va­men­te a casa. Disoc­cu­pa­ti. In atte­sa di esse­re richia­ma­ti. E se a set­tem­bre la famo­sa con­vo­ca­zio­ne non arri­va o non va a buon fine ci si dovrà inven­ta­re un’alternativa aspet­tan­do di poter fare il lavo­ro che si ama fare e per il qua­le si dà let­te­ral­men­te la vita. Que­sto mol­ti­pli­ca­to per “x” anni. 

I docen­ti pre­ca­ri chie­do­no un’azione vera, con­cre­ta e riso­lu­ti­va, sen­za pro­mes­se non rispet­ta­te e “con­ten­ti­ni”: come è già avve­nu­to in pas­sa­to, la pre­di­spo­si­zio­ne di un per­cor­so abi­li­tan­te che con­cre­tiz­zi la pro­fes­sio­ne “impa­ra­ta” sul cam­po a suon di for­ma­zio­ne per­so­na­le (master uni­ver­si­ta­ri e cor­si) e di lacri­me e sudo­re, segui­ta da una fase tran­si­to­ria che assor­ba chi da anni vive per la scuo­la e man­da avan­ti la scuo­la stes­sa, ren­den­do pos­si­bi­le il dirit­to allo stu­dio di gene­ra­zio­ni di stu­den­ti.   

Ida Cam­ma­ro­ta[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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