migrazioni

Nessun Paese è un’isola — Tutti gli Afghani a casa loro

Sesto appun­ta­men­to con la new­slet­ter di “Nes­sun Pae­se è un’i­so­la”, il libro/campagna sul­l’ac­co­glien­za che fun­zio­na, a bre­vis­si­mo nel­le libre­rie. Oggi par­lia­mo del con­tri­bu­to dei cit­ta­di­ni stra­nie­ri alla nostra eco­no­mia, dei rim­pa­tri di cit­ta­di­ni Afgha­ni volu­ti dagli Sta­ti euro­pei, di cose brut­te che suc­ce­do­no alla fron­tie­ra. Come sem­pre, bad news e good news. E un con­te­nu­to speciale.

Il tempo di migrare, ancora

Nel cor­so del­lo scor­so anno, sono anda­te via dall’Italia 107.529 per­so­ne. Di que­ste, più di un ter­zo sono i gio­va­ni fra i 18 e i 34 anni (39.410, il 36,7 per cen­to), e in gran par­te, 16.568, han­no scel­to la Ger­ma­nia. Le regio­ni da cui si è par­ti­ti di più (ché la reto­ri­ca dema­go­gi­ca è spes­so urti­can­te pro­prio per­ché fal­sa) sono sta­te la Lom­bar­dia (20.888) e il Vene­to (10.374).

Le morti nel Mediterraneo non sono una triste eventualità

Di fron­te a que­sta quo­ti­dia­na stra­ge che avvie­ne nel più euro­peo dei mari, per tra­di­zio­ne e cul­tu­ra, si regi­stra anco­ra l’i­ner­zia del­le isti­tu­zio­ni euro­pee. Un’i­ner­zia che è cau­sa di mor­te e che con­ti­nue­rà fin­ché non avre­mo il corag­gio di affron­ta­re la que­stio­ne con l’ap­proc­cio e il lin­guag­gio del­l’ac­co­glien­za e dei dirit­ti, rifiu­tan­do di gio­ca­re sul­la difensiva.