Le barricate contro donne e bambini: quando a perdere siamo tutti noi

Gli sbarchi di questi giorni ci raccontano che un'emergenza c'è, e non è dettata da dodici donne e da otto bambini, ma da morti in mare sempre più numerosi e da un sistema di accoglienza che si muove ancora su logiche emergenziali.

Le imma­gi­ni che arri­va­no da Goro e Gori­no, pic­co­li cen­tri sul del­ta del Po fer­ra­re­se, fan­no pau­ra. A me fan­no pau­ra. Ieri sera alcu­ni cit­ta­di­ni dei due comu­ni han­no let­te­ral­men­te alza­to del­le bar­ri­ca­te con dei ban­ca­li per bloc­ca­re un “pull­man cari­co di pro­fu­ghi”.

I pro­fu­ghi, per la pre­ci­sio­ne, era­no ven­ti: dodi­ci don­ne e otto bam­bi­ni. Nel­l’im­ma­gi­na­rio ora­mai cor­rot­to da un’in­for­ma­zio­ne inde­gna, sono diven­ta­ti peri­co­lo­si clan­de­sti­ni. Da respin­ge­re, allon­ta­na­re, tene­re lon­ta­ni dal­le nostre comunità.

E così sono arri­va­te le bar­ri­ca­te, costrui­te da gio­va­ni, anzia­ni, don­ne. Che poi si sono sedu­ti sui ban­ca­li e si sono mes­si in posa, per far­si foto­gra­fa­re, col sor­ri­so. For­ti loro, che respin­go­no don­ne e bam­bi­ni. Guar­da­te­le le foto e chie­de­te­vi di cosa dob­bia­mo dav­ve­ro ave­re pau­ra.

Gli sbar­chi di que­sti gior­ni ci rac­con­ta­no che un’e­mer­gen­za c’è, e non è det­ta­ta da dodi­ci don­ne e da otto bam­bi­ni, ma da mor­ti in mare sem­pre più nume­ro­si e da un siste­ma di acco­glien­za che si muo­ve anco­ra su logi­che emergenziali.

I mor­ti in mare si moltiplicano.

L’e­mer­gen­za sbar­chi di cui tut­ti par­la­no è la stes­sa emer­gen­za del­l’an­no scor­so e di due anni fa (quin­di una non-emer­gen­za per definizione).

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Fon­te: Mini­ste­ro dell’Interno.

Sono arri­va­te mol­te per­so­ne nel mese di otto­bre, è vero, ma ne era­no arri­va­te mol­te meno a set­tem­bre, rap­por­tan­do ai dati del 2014. E così su die­ci mesi il tota­le rispet­to al 2014 varia di sole 2.676 per­so­ne. Eppu­re il nostro Pae­se non è sta­to capa­ce di costrui­re un siste­ma di acco­glien­za all’al­tez­za, ma ospi­ta la lar­ghis­si­ma par­te dei richie­den­ti asi­lo e dei rifu­gia­ti (cir­ca l’80%) in cen­tri di acco­glien­za straor­di­na­ri, spes­so sovraf­fol­la­ti, spes­so gesti­ti male, spes­so disin­te­res­sa­ti dal for­ni­re stru­men­ti di inclu­sio­ne, con­tri­buen­do a loro vol­ta a crea­re fan­ta­smi e pau­re. Ma le espe­rien­ze vir­tuo­se esi­sto­no, fun­zio­na­no benis­si­mo e van­no solo repli­ca­te.

Se per­dia­mo la capa­ci­tà di toglie­re il velo del cat­ti­vi­smo che offu­sca i dati, se non ci indi­gnia­mo più di fron­te ai cada­ve­ri nel Medi­ter­ra­neo, se non sia­mo più nem­me­no in gra­do di rico­no­sce­re i vol­ti di don­ne e bam­bi­ni, allo­ra abbia­mo per­so tut­to. E abbia­mo per­so tut­ti.

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