Domeniche gratuite al Museo. Superarle? Qualche idea sul come farlo

Le dome­ni­che gra­tui­te nei musei sta­ta­li sono sta­te uno dei prov­ve­di­men­ti più diret­ta­men­te tan­gi­bi­li anche per i non addet­ti ai lavo­ri tra quel­li intro­dot­ti dal mini­stro Fran­ce­schi­ni. E ora il nuo­vo mini­stro Boni­so­li, del nuo­vo mini­ste­ro per i Beni e le Atti­vi­tà Cul­tu­ra­li (final­men­te Sen­za il Turi­smo) ha annun­cia­to che dopo l’estate saran­no eli­mi­na­te. O, meglio: i diret­to­ri dei Musei avran­no a dispo­si­zio­ne gli stes­si gior­ni di gra­tui­tà, ma da gesti­re come pre­fe­ri­sco­no, non neces­sa­ria­men­te la domenica.

La rea­zio­ne istin­ti­va che mol­ti han­no avu­to, cioè di con­si­de­ra­re la deci­sio­ne di Boni­so­li un gesto di chiu­su­ra del patri­mo­nio cul­tu­ra­le nei con­fron­ti del gran­de pub­bli­co, dovu­ta in par­te anche ai tito­li dei gior­na­li che han­no imme­dia­ta­men­te mes­so l’enfasi sul­la “can­cel­la­zio­ne” del­la gra­tui­tà, va fil­tra­ta attra­ver­so un’analisi del feno­me­no, che è com­ples­so. Da cui può veni­re anche un sug­ge­ri­men­to (o “pac­chet­to” di sug­ge­ri­men­ti al Mini­stro, affin­ché que­sta modi­fi­ca del­la gestio­ne del­le gra­tui­tà non riman­ga zoppa).

Quan­do Fran­ce­schi­ni ha dif­fu­so i dati rela­ti­vi agli ingres­si e agli incas­si dei Musei rela­ti­vi al 2017, ha par­la­to di “cifre stra­bi­lian­ti”: 50 milio­ni di visi­ta­to­ri (+31%) e un rica­va­to lor­do 200 milio­ni (+53%). Dei 20 milio­ni di visi­ta­to­ri in più, 11 milio­ni sono quel­li a paga­men­to, 9 quel­li gra­tui­ti. Tut­to que­sto con un inve­sti­men­to nel set­to­re cul­tu­ra­le del­lo 0,37%, con l’Italia sot­to la media euro­pea del­lo 0,45%. Dal­la par­te di Fran­ce­schi­ni, un trend in cre­sci­ta dal 2010, un aumen­to degli isti­tu­ti con­teg­gia­ti da 333 a 453 (tra cui la Reg­gia di Vena­ria Rea­le, anche se non è gesti­ta diret­ta­men­te dal Mini­ste­ro). Caso a par­te il Pan­theon, a cui sono sta­ti dedi­ca­ti arti­co­li e stu­di a par­te: dal 2012 al 2016, gli anni che inte­res­sa­no Fran­ce­schi­ni, è pas­sa­to da 6,4 milio­ni a 8 milio­ni, cioè 22.000 per­so­ne al giorno.

Le dome­ni­che gra­tui­te sono par­te di que­sto qua­dro, una cor­sa ai nume­ri che gene­ra con­tro­sen­si, come la pro­po­sta di met­te­re cen­tri sto­ri­ci e beni cul­tu­ra­li giu­di­ca­ti par­ti­co­lar­men­te “sen­si­bi­li” a nume­ro chiu­so. Per esem­pio il cen­tro di Vene­zia (era già un’idea di Fran­ce­schi­ni stes­so), o il Cena­co­lo di Leo­nar­do. Il feno­me­no noto come “over­tou­ri­sm” (ecces­so di turi­smo, se voglia­mo) dan­neg­gia la qua­li­tà del­la vita dei resi­den­ti (sia sul bre­ve sia sul lun­go perio­do, per le modi­fi­ca­zio­ni che cau­sa nel tes­su­to del­le cit­tà e dei luo­ghi), l’esperienza del turi­sta, ma anche il pae­sag­gio e i beni stes­si, nel­la loro integrità.

Le dome­ni­che gra­tui­te a Pom­pei ave­va­no spin­to sem­pre Fran­ce­schi­ni a pro­por­re il nume­ro chiu­so e a insi­ste­re per visi­te ridot­te, per far entra­re anco­ra più per­so­ne: “Biso­gna pri­vi­le­gia­re visi­te bre­vi e indi­vi­dua­re un limi­te mas­si­mo di pre­sen­ze”. Avan­ti, c’è posto, insom­ma, e se non c’è lo fac­cia­mo, pazien­za per chi vor­reb­be visi­ta­re i siti venen­do anche da lon­ta­no, magari.

A Caser­ta, per­si­no il diret­to­re Mau­ro Feli­co­ri, pur con pru­den­za che pos­sia­mo tran­quil­la­men­te defi­ni­re filo gover­na­ti­va, ave­va avan­za­to del­le gar­ba­tis­si­me ma rive­la­tri­ci osser­va­zio­ni sul­le dome­ni­che gra­tui­te: men­tre smen­ti­sce che i dan­ni riscon­tra­ti in alcu­ne sale sia­no dovu­ti ai trop­pi visi­ta­to­ri, affer­ma però che “la pri­ma dome­ni­ca del mese per la Reg­gia è sem­pre sta­to un pro­ble­ma soprat­tut­to da quan­do negli ulti­mi due anni il monu­men­to vive un perio­do di gran­de popo­la­ri­tà e noto­rie­tà. Il prov­ve­di­men­to del mini­stro del­le dome­ni­che gra­tui­te nei musei è mol­to posi­ti­vo per­ché allar­ga il pub­bli­co del­la cul­tu­ra ma la gestio­ne del prov­ve­di­men­to a Caser­ta è mol­to pro­ble­ma­ti­ca: ci tro­via­mo a dover garan­ti­re con­tem­po­ra­nea­men­te la tute­la del monu­men­to e l’ordine pub­bli­co”.

Il “gemel­lo cat­ti­vo” del­le dome­ni­che gra­tui­te, oltre­tut­to, è il 5,23% di aumen­to del prez­zo dei bigliet­ti, in un qua­dro di tarif­fe già ele­va­te (sen­za voler gene­ra­liz­za­re né sem­pli­fi­ca­re trop­po, la Reg­gia di Vena­ria è più cara del­la Reg­gia di Ver­sail­les), che spin­ge anco­ra di più i visi­ta­to­ri ver­so le dome­ni­che gra­tui­te, o li allon­ta­na se non pos­so­no o non voglio­no ave­re acces­so pro­prio in quei gior­ni, limi­ta­ti e “di pic­co”. Riflet­ten­do su que­sti nume­ri, la Gal­le­ria degli Uffi­zi ha, per esem­pio, intro­dot­to una diver­sa tarif­fa per i perio­di di alta e bas­sa sta­gio­ne, che per un po’ ha ani­ma­to il dibat­ti­to sui prez­zi dei bigliet­ti dei musei italiani.

Quin­di, cosa ci tro­via­mo di fron­te, da par­te di Boni­so­li? Una mano­vra fon­da­ta, o un sopruso?

Da più par­ti, da Fine­stre sull’Arte a Emer­gen­za Cul­tu­ra, e da diver­se altre voci di chi si occu­pa del patri­mo­nio cul­tu­ra­le, tenen­do un occhio anche sui flus­si d’accesso, l’idea di abban­do­na­re le dome­ni­che gra­tui­te era già sta­ta avan­za­ta.

Come fare però per non per­de­re quel nume­ro di per­so­ne che non ave­va mai visi­ta­to un museo in un anno e inve­ce ave­va comin­cia­to ad affac­ciar­si (ma che, dai rac­con­ti, a vol­te anche ama­ra­men­te diver­ten­ti di chi ha tenu­to aper­ti i musei nel­le gior­na­te di code lun­ghis­si­me, “visi­te bre­vi” e disgui­di, for­se non avrà apprez­za­to né repli­che­rà l’esperienza) e per non pre­clu­de­re l’accesso a chi inve­ce dav­ve­ro bene­fi­ce­reb­be del­la gra­tui­tà?

A dif­fe­ren­za di mol­ti altri pae­si (l’Inghilterra, la Fran­cia e in gene­ra­le i pae­si nor­di­ci) in cui il patri­mo­nio è spes­so rac­col­to in un solo gran­de “museo Nazio­na­le”, l’I­ta­lia ere­di­ta una strut­tu­ra musea­le capil­la­re ed espan­sa, con­te­nen­te patri­mo­ni ine­sti­ma­bi­li che van­no valo­riz­za­ti sia dal pun­to di vista del nume­ro di visi­ta­to­ri sia dal pun­to di vista del­la ricer­ca. Per que­stio­ni di stra­te­gia, popo­la­ri­tà, poten­za attrat­ti­va “natu­ra­le”, faci­li­tà di acces­so e comu­ni­ca­zio­ne, l’incremento dei visi­ta­to­ri nell’era Fran­ce­schi­ni ha riguar­da­to soprat­tut­to le strut­tu­re prin­ci­pa­li, i cosid­det­ti “Musei Top”: le dome­ni­che gra­tui­te han­no inci­so su que­sto tipo di aumento.

Diver­si­fi­ca­re e ren­de­re sog­get­ti­ve que­ste aper­tu­re spe­cia­li ha sen­so in que­st’ot­ti­ca; il sin­go­lo diret­to­re potrà meglio gesti­re que­ste oppor­tu­ni­tà, legan­do­le a even­ti pre­ci­si e, per­ché no, pro­muo­ven­do­le, sen­za met­ter­si in com­pe­ti­zio­ne con altre strut­tu­re che mono­po­liz­ze­reb­be­ro atten­zio­ne e pub­bli­co. Ovvia­men­te, accan­to alla sog­get­ti­vi­tà, è neces­sa­rio man­te­ne­re inal­te­ra­to il nume­ro di que­ste aper­tu­re straor­di­na­rie, come Boni­so­li pare esse­re inten­zio­na­to a fare.

E poi, agi­re sull’offerta e sul­la strut­tu­ra (anche quel­la del­l’im­pie­go) musea­le e sul­la tarif­fa­zio­ne e natu­ra dei bigliet­ti.

Per quan­to riguar­da i bigliet­ti, la stra­da è già indi­ca­ta da altre espe­rien­ze posi­ti­ve in que­sto sen­so, alcu­ne per­si­no già per­cor­se da qual­che museo in Italia.

Un esem­pio è la gra­tui­tà o la ridu­zio­ne per chi è disoc­cu­pa­to: un caso di stu­dio è quel­lo dei musei del­la Cata­lo­gna o del Bri­tish Museum. Il Musée d’Orsay, il Museo dell’Acropoli di Ate­ne, il Lou­vre, il Museo Nazio­na­le d’Arte di Bar­cel­lo­na sono addi­rit­tu­ra gra­tui­ti, per esempio.

Come suc­ce­de per altri tipi di ser­vi­zi (alcu­ni anche più pro­sai­ci, se voglia­mo, come le pisci­ne), i musei potreb­be­ro intro­dur­re ridu­zio­ni per i visi­ta­to­ri che entra­no nel­la fascia ora­ria pros­si­ma alla chiu­su­ra: suc­ce­de per esem­pio in Fran­cia al Lou­vre (addi­rit­tu­ra gra­tui­to dal­le 18.00 del vener­dì) e al d’Orsay. Discor­so non neces­sa­ria­men­te lega­to alle tarif­fe in bigliet­te­ria, ma un siste­ma per aumen­ta­re gli ingres­si sareb­be incre­men­ta­re (dove ci sono) o intro­dur­re le aper­tu­re sera­li: sull’esempio di Lou­vre, Natio­nal Gal­le­ry di Lon­dra, Tate Modern e Bri­tish Museum, del­la Pina­co­te­ca di Mona­co, del­la Gal­le­ria Nazio­na­le di Oslo e così via.

I bigliet­ti musea­li che com­pren­do­no più ingres­si (nel­la stes­sa strut­tu­ra o in altre, com­pre­si cine­ma, tea­tri, even­ti, tra­spor­ti), e/o che han­no vali­di­tà su più gior­ni sono una for­mu­la che per­met­te di inne­sca­re un per­cor­so vir­tuo­so dal pun­to di vista del tem­po di visi­ta e del nume­ro di luo­ghi su cui “spal­ma­re” la pre­sen­za dei visi­ta­to­ri, inco­rag­gian­do anche la per­ma­nen­za per più gior­ni (soprat­tut­to nei cen­tri mino­ri) con rica­du­te sia per le strut­tu­re alber­ghie­re sia per gli altri servizi.

Una via che i musei ita­lia­ni stan­no spe­ri­men­tan­do, len­ta­men­te ma costan­te­men­te, sono i bigliet­ti per fami­glie, che han­no il dop­pio van­tag­gio di alleg­ge­ri­re i costi e di inco­rag­gia­re la visi­ta al museo con i bambini.

Sono tut­ti esem­pi, indi­ca­ti­vi e pro­ba­bil­men­te e for­tu­na­ta­men­te non esau­sti­vi, di come i musei pos­so­no pro­va­re a ragio­na­re sugli acces­si con in men­te il prin­ci­pio fon­da­men­ta­le che la cul­tu­ra è di tut­ti e deve esse­re alla por­ta­ta di tut­ti (anche tenen­do con­to del dato che la gra­tui­tà tota­le dei musei sta­ta­li avreb­be un costo sti­ma­to di 175 milio­ni di euro lor­di l’anno).

I musei non sono, come i qua­si tut­ti i pre­ce­den­ti Mini­ste­ri li han­no con­ce­pi­ti, stru­men­ti di sbi­gliet­ta­men­to o stru­men­ti di sva­go, alter­na­ti­vi al cir­co o ad anda­re a pat­ti­na­re o al cen­tro com­mer­cia­le. I nume­ri non basta­no per decre­ta­re un suc­ces­so o insuc­ces­so del­le poli­ti­che cul­tu­ra­li. I musei sono spa­zi di didat­ti­ca, di cono­scen­za sto­ri­ca e di ricer­ca, e qual­si­vo­glia pro­gram­ma Mini­ste­ria­le che non pren­da in con­si­de­ra­zio­ne e non pon­ga al pri­mo posto que­sto ele­men­to, che non chie­da con for­za che il finan­zia­men­to per le atti­vi­tà cul­tu­ra­li ven­ga por­ta­to alme­no alla media euro­pea, che ven­ga­no assun­ti (e a tem­po inde­ter­mi­na­to) nuo­vi pro­fes­sio­ni­sti, archeo­lo­gi, sto­ri­ci, sto­ri­ci del­l’ar­te antro­po­lo­gi, alle­sti­to­ri, cura­to­ri del­le col­le­zio­ni, è un pro­gram­ma mon­co, di mera cosme­si del­le tri­sti gestio­ni precedenti.

In que­sto modo si potreb­be “fare nume­ro” sen­za fare SOLO nume­ro, por­tan­do oltre le por­te del museo par­te del pub­bli­co che non è inte­res­sa­to o non lo è abba­stan­za da paga­re un bigliet­to a prez­zo pie­no, sen­za con­ta­re chi non può per­met­ter­se­lo (o non con la fre­quen­za che vor­reb­be), sen­za far scap­pa­re chi al museo già ci entre­reb­be comun­que, anche per­cor­ren­do miglia­ia di chi­lo­me­tri per far­lo. Sen­za far pas­sa­re la voglia a chi si avvi­ci­na per la pri­ma vol­ta e ha dirit­to comun­que a una visi­ta che non sia mor­di-e-fug­gi, “tan­to è gra­tis”: a mag­gior ragio­ne, se deve esse­re un modo di met­te­re in con­tat­to con i musei un pub­bli­co nuo­vo, non può esse­re deludente.

Fran­ce­sca Druetti
Pier Pao­lo Scelsi

 

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