#tendenzaClaire: pagate Robin Wright come Kevin Spacey

Robin Wright è pagata meno del suo collega maschio, come ha spiegato nel corso di un suo intervento a una serata di beneficienza. E noi ci schieriamo con lei: #tendenzaClaire.

Robin Wright è un’at­tri­ce note­vo­le, lo ha dimo­stra­to nel suo ruo­lo in For­re­st Gump mol­ti anni pri­ma di Hou­se of cards, la serie che le ha per­mes­so di mostrar­si nel­lo splen­do­re del­la sua matu­ri­tà arti­sti­ca e per­so­na­le, cosa che spes­so è nega­ta alle attri­ci (e que­sta sareb­be la pri­ma ingiustizia).

Il suo per­so­nag­gio, Clai­re Under­wood, non è cer­ta­men­te quel­lo di “moglie di”, e pas­se­reb­be sen­za affan­ni, caso più uni­co che raro, il test di Bech­del sul carat­te­re dei ruo­li fem­mi­ni­li nel­le rap­pre­sen­ta­zio­ni cine­ma­to­gra­fi­che, ma è piut­to­sto il geli­do e non meno dia­bo­li­co con­tral­ta­re del­l’i­strio­ni­co Frank Under­wood inter­pre­ta­to da Kevin Spacey.

Col pas­sa­re del­le sta­gio­ni, inol­tre, la sua par­te è cre­sciu­ta in spes­so­re e pro­fon­di­tà, dive­nen­do il vero car­di­ne del­la serie tra la fine del­la ter­za sta­gio­ne e la quar­ta, dove di fat­to domi­na la sce­na (e la tra­ma), oltre a esse­re regi­sta di nume­ro­si degli episodi.

Eppu­re, Robin Wright è paga­ta meno del suo col­le­ga maschio, come ha spie­ga­to nel cor­so di un suo inter­ven­to a una sera­ta di bene­fi­cen­za. Stia­mo par­lan­do di divi di Hol­ly­wood, e quin­di di per­so­ne che gua­da­gna­no in ogni caso cifre mol­to alte, e la cui vita è pri­vi­le­gia­ta rispet­to a quel­la di gran par­te del resto del mon­do. Ciò mal­gra­do, nem­me­no il jet set resi­ste alla dispa­ri­tà, e come si suol dire, come nel gran­de, così nel pic­co­lo, e la sua situa­zio­ne è quel­la di tut­te le don­ne, in ogni luo­go di lavo­ro, in ogni par­te del mondo.

Pos­si­bi­le è da tem­po impe­gna­ta — impe­gnata — nel soste­gno di una serie di pro­po­ste mira­te al rag­giun­gi­men­to del­la pari­tà fra i ses­si in mol­ti ambi­ti, dal­la pari retri­bu­zio­ne negli appal­ti pub­bli­ci alla pari spe­sa, ovve­ro alla pari­fi­ca­zio­ne del prez­zo di pro­dot­ti che, sep­pur iden­ti­ci, nel­la ver­sio­ne “fem­mi­ni­le” costa­no di più, dal rico­no­sci­men­to del pro­fes­sio­ni­smo spor­ti­vo alle atle­te, oggi incre­di­bil­men­te anco­ra nega­to, al supe­ra­men­to, per resta­re al mede­si­mo ambi­to, del­la dispa­ri­tà di ses­si nei pre­mi del­le com­pe­ti­zio­ni spor­ti­ve. Oltre ovvia­men­te alla nostra pro­po­sta sul­la Tam­pon tax, ini­zial­men­te tan­to irri­sa — incre­di­bil­men­te, anche da alcu­ne don­ne — e oggi sul­la coper­ti­na di Inter­na­zio­na­le sul­l’on­da di una cam­pa­gna globale.

Per tut­te que­ste ragio­ni, plau­dia­mo alla pre­sa di posi­zio­ne di Robin Wright, non faci­le con­si­de­ran­do l’am­bien­te di cui fa par­te, e all’i­dea che comun­que ognu­no e ognu­na abbia un suo ruo­lo — any sen­se — da por­ta­re avan­ti, per rag­giun­ge­re l’ob­biet­ti­vo di miglio­ra­re le cose. Nel­la sua lot­ta con Frank Under­wood, insom­ma, dichia­ria­mo sen­za dub­bio alcu­no la nostra #ten­den­za­Clai­re.

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