Recovery Plan armato: distrarre fondi in questo modo è inaccettabile

Sarà per la Pasqua immi­nen­te con gli ita­lia­ni distrat­ti dal­le restri­zio­ni e dal pia­no vac­ci­na­le che è arri­va­ta, ine­so­ra­bi­le, la zam­pa­ta dell’industria bel­li­ca sul Reco­ve­ry Plan. Sono le com­mis­sio­ni Dife­sa di Came­ra e Sena­to ad aver appro­va­to il poten­zia­men­to e l’ammodernamento degli stru­men­ti mili­ta­ri coi fon­di euro­pei del Next Gene­ra­tion EU. C’è sta­ta una straor­di­na­ria una­ni­mi­tà, dai par­ti­ti di gover­no fino al prin­ci­pa­le par­ti­to di oppo­si­zio­ne, FdI, che sono pre­sen­ti in commissione.

La pri­ma a denun­ciar­lo è sta­ta la Rete Ita­lia­na Pace e Disar­mo che ha visto riget­ta­re in bloc­co le pro­prie pro­po­ste per il disar­mo. Non si capi­sce come e a che tito­lo l’industria mili­ta­re pos­sa esse­re coin­vol­ta nel Pia­no di ripre­sa e resi­lien­za (le chiu­su­re dovu­te alla pan­de­mia non han­no mai coin­vol­to le indu­strie degli arma­men­ti). Le rela­zio­ni fan­no rife­ri­men­to allo svi­lup­po di nuo­ve tec­no­lo­gie e mate­ria­li, alla tran­si­zio­ne eco­lo­gi­ca e a distret­ti mili­ta­ri intel­li­gen­ti, ma livel­li occu­pa­zio­na­li a par­te non ci imma­gi­nia­mo come finan­zia­re stru­men­ti di mor­te pos­sa esse­re di qual­che uti­li­tà (non solo imme­dia­ta o elet­to­ral­men­te pre­mian­te) per le pros­si­me gene­ra­zio­ni e per affron­ta­re la prin­ci­pa­le emer­gen­za che dovreb­be pre­oc­cu­par­ci tut­ti, sem­pre (e pre­oc­cu­pa­re i nostri gover­nan­ti): il col­las­so cli­ma­ti­co.

Distrar­re fon­di euro­pei che sono sta­ti pen­sa­ti per altri e più alti obiet­ti­vi (cli­ma, disu­gua­glian­ze, gio­va­ni) è inac­cet­ta­bi­le. Se il gover­no pen­sa di rilan­cia­re l’economia in que­sto modo e se nel PNRR la tran­si­zio­ne eco­lo­gi­ca pren­de­rà que­sta pie­ga allo­ra fare­mo solo un sac­co di debi­ti (non è tut­to a fon­do per­du­to, anzi) sen­za aver cam­bia­to dire­zio­ne di un mil­li­me­tro e per giun­ta facen­do­ci per­de­re un sac­co di anni sul­la tabel­la di mar­cia che por­ta al 2030. Il 2050 sarà già trop­po tar­di anche se lo met­tia­mo tut­ti nel sim­bo­lo (sic!).

Già la boz­za di PNRR del Con­te II pre­sen­ta­va parec­chie dimen­ti­can­ze cir­ca l’ambiente e la tran­si­zio­ne eco­lo­gi­ca, ades­so voglia­mo capi­re se il nuo­vo Pia­no che si va deli­nean­do sarà ade­gua­to alle linee gui­da del Ue sull’impiego dei fon­di (non agli obiet­ti­vi mini­mi per affron­ta­re i cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci, per­ché non si avvi­ci­na nean­che lontanamente).

Pen­sa­va­mo di aver visto il peg­gio in gen­na­io, ma col cam­bio di gover­no c’è sta­to un sal­to di qua­li­tà con­si­de­re­vo­le, ci aspet­tia­mo un assal­to alla dili­gen­za fino a fine apri­le (o fino a quan­do la Cor­te Costi­tu­zio­na­le tede­sca darà il via libera).

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