Perché Belgrado è il simbolo della fortezza Europa

Pro­ba­bil­men­te è que­sta la pri­ma doman­da da far­si, di fron­te alle imma­gi­ni che, in que­sti gior­ni, arri­va­no da Bel­gra­do: per­ché pro­prio la Ser­bia, per­ché pro­prio Bel­gra­do? Per rispon­de­re dob­bia­mo par­ti­re dal 2015, l’an­no che è sta­to defi­ni­to da tut­ti come l’an­no del­la cosid­det­ta «cri­si dei rifu­gia­ti», carat­te­riz­za­ta da un afflus­so mas­sic­cio di migran­ti dal­la rot­ta che pas­sa per Tur­chia, Gre­cia e quin­di pro­se­gue lun­go i Bal­ca­ni. Innan­zi­tut­to è neces­sa­ria una pre­ci­sa­zio­ne: se di cri­si voglia­mo par­la­re, dob­bia­mo limi­tar­la nel­lo spa­zio, oltre che nel tem­po. Lo spa­zio, infat­ti, è quel­lo euro­peo: è qui che sono sta­te pre­sen­ta­te, nel 2015, 1,3 milio­ni di doman­de di asi­lo, a fron­te di una popo­la­zio­ne euro­pea di oltre cin­que­cen­to milio­ni di cit­ta­di­ni, e a fron­te di una popo­la­zio­ne mon­dia­le di pro­fu­ghi (inter­ni e inter­na­zio­na­li) pari a oltre 60 milio­ni di individui.

Di fron­te all’af­flus­so di migran­ti, sia i gover­ni che la socie­tà euro­pea si sono inter­ro­ga­ti, cer­can­do rispo­ste a doman­de che non solo inter­ro­ga­no la poli­ti­ca, ma che scuo­to­no alle fon­da­men­ta l’in­te­ro isti­tu­to euro­peo, eret­to sul­lo sta­to di dirit­to e su un prin­ci­pio fon­da­men­ta­le di soli­da­rie­tà, ma anche su una matri­ce cul­tu­ra­le che si apre a due diver­se pos­si­bi­li­tà: l’Eu­ro­pa acco­glien­te e l’Eu­ro­pa fortezza.

L’Eu­ro­pa acco­glien­te è quel­la che rea­gi­sce non solo con uma­ni­tà, ma anche con razio­na­li­tà e con soli­da­rie­tà, appron­tan­do un siste­ma di gestio­ne dei flus­si e del­le doman­de di asi­lo (quin­di del­l’ac­co­glien­za) su sca­la euro­pea. L’Eu­ro­pa for­tez­za è quel­la, inve­ce, che pen­sa di argi­na­re i flus­si innal­zan­do muri, sospen­den­do la libe­ra cir­co­la­zio­ne inter­na, lan­cian­do mes­sag­gi popu­li­sti, fino ai più recen­ti, arri­va­ti (anco­ra una vol­ta) dal pri­mo mini­stro unghe­re­se Vik­tor Orban.

Il bivio imboc­ca­to è sta­to quel­lo del­l’Eu­ro­pa for­tez­za, costruen­do una vera e pro­pria e per­ver­sa cor­sa a osta­co­li lun­go i Bal­ca­ni, le cui vit­ti­me era­no e sono i migran­ti, pro­ve­nien­ti per­lo­più dal­la Siria, dal­l’Af­gha­ni­stan, dal Pakistan.

Il cru­de­le gio­co comin­cia in Tur­chia, con l’ac­cor­do fir­ma­to nel mar­zo del 2016 con l’U­nio­ne Euro­pea, che pre­ve­de (in cam­bio di mol­te cose) due impegni:

  1. Il rim­pa­trio in Tur­chia di tut­ti i migran­ti irre­go­la­ri (ma sono tut­ti irre­go­la­ri, dato che non si può fare doman­da d’a­si­lo in altro modo che arri­van­do irre­go­lar­men­te) che han­no com­piu­to la tra­ver­sa­ta dal­la Tur­chia alle iso­le gre­che, «nel pie­no rispet­to del dirit­to del­l’UE e inter­na­zio­na­le, esclu­den­do per­tan­to qual­sia­si for­ma di espul­sio­ne col­let­ti­va»: una con­trad­di­zio­ne pale­se e ver­go­gno­sa, dato che ci si pone l’o­biet­ti­vo di isti­tui­re un respin­gi­men­to col­let­ti­vo e siste­ma­ti­co, espres­sa­men­te vie­ta­to dal dirit­to internazionale.
  2. Il rein­se­dia­men­to dal­la Tur­chia all’UE di un siria­no per cia­scun siria­no respin­to: un per­ver­so gio­co del­l’o­ca, in pratica.

rotta balcanica

Pro­se­guia­mo ver­so nord: Gre­cia o Bul­ga­ria. Vi scon­si­glio viva­men­te la Bul­ga­ria, dato che nel pae­se si sono orga­niz­za­ti grup­pi che dan­no la cac­cia ai migran­ti, e lo fan­no con la for­za, ovvia­men­te. Sce­glia­mo la Gre­cia, pun­tan­do ver­so la Mace­do­nia, pae­se non mem­bro del­l’UE, che nel novem­bre 2015 ha deci­so di limi­ta­re l’in­gres­so ai soli cit­ta­di­ni siria­ni, per poi chiu­der­lo a tut­ti. L’ac­cor­do UE-Tur­chia non c’e­ra anco­ra e per­ciò la logi­ca con­se­guen­za è sta­ta l’am­mas­sar­si di per­so­ne al con­fi­ne gre­co-mace­do­ne, come dimo­stra la nasci­ta del cam­po infor­ma­le di Ido­me­ni, ad esem­pio, che arri­vò ad ospi­ta­re oltre die­ci­mi­la per­so­ne in pochis­si­mo tempo.

Arri­via­mo final­men­te in Ser­bia, aiu­ta­ti da pas­sa­to­ri che ci gui­da­no di not­te lun­go i sen­tie­ri per evi­ta­re di esse­re cat­tu­ra­ti, al costo di oltre mil­le euro per ogni pas­sag­gio di con­fi­ne. In Ser­bia (che sta svol­gen­do trat­ta­ti­ve per l’a­de­sio­ne all’UE) vige una poli­ti­ca del­l’a­si­lo piut­to­sto per­mis­si­va, che pre­ve­de che pri­ma si fac­cia una regi­stra­zio­ne e suc­ces­si­va­men­te si inol­tri la vera e pro­pria doman­da. Un mec­ca­ni­smo che fa como­do a colo­ro che voglio­no pro­se­gui­re ver­so il nord Euro­pa, e che face­va como­do anche al gover­no di Bel­gra­do. Fin­ché qual­cu­no ha deci­so di dire basta. Que­sto qual­cu­no è il già cita­to Vik­tor Orban, che nel luglio 2015 ha pro­mos­so la costru­zio­ne di muri (bar­rie­re metal­li­che con filo spi­na­to pre­si­dia­te dal­le for­ze di poli­zia) al con­fi­ne, in rispo­sta e come sti­mo­lo al cre­scen­te sen­ti­men­to di rab­bia mostra­to da una par­te dei cit­ta­di­ni unghe­re­si. Ricor­de­re­te, infat­ti, il refe­ren­dum “con­tro i pro­fu­ghi” e “con­tro l’U­nio­ne Euro­pea” del­l’ot­to­bre 2016, così come le squa­drac­ce anti-pro­fu­ghi orga­niz­za­te dal sin­da­co del­la cit­ta­di­na unghe­re­se di Asot­tha­lom, esat­ta­men­te al con­fi­ne con la Serbia.

La Croa­zia, mem­bro del­l’UE come l’Un­ghe­ria, ha pre­sto segui­to l’e­sem­pio, raf­for­zan­do i con­trol­li al con­fi­ne ser­bo. Come pre­ve­di­bi­le, le con­se­guen­ze di que­ste poli­ti­che si sono viste in Ser­bia, dove miglia­ia di migran­ti (quel­li bloc­ca­ti da tem­po, ma anche quel­li che comun­que — ser­ven­do­si dei pas­sa­to­ri — rie­sco­no a supe­ra­re i pre­ce­den­ti con­fi­ni) sono rima­sti bloc­ca­ti. Il con­fi­ne unghe­re­se è sta­to let­te­ral­men­te sigil­la­to, facen­do sì che nei pres­si di Subo­ti­ca (Ser­bia) si creas­se­ro due cam­pi infor­ma­li, da cia­scu­no dei qua­li non ven­go­no fat­te pas­sa­re più di quin­di­ci per­so­ne al gior­no. A que­sto pun­to, le scel­te per un migran­te (e per la sua fami­glia, maga­ri) sono due: rima­ne­re nei cam­pi o cer­ca­re un rifu­gio in cit­tà, a Bel­gra­do, che dista un paio di ore d’au­to (ma figu­ra­te­vi se i migran­ti si fan­no pro­ble­mi a far­se­la a pie­di, come suc­ces­so più vol­te, anche con mar­ce di pro­te­sta). Bel­gra­do ha tol­le­ra­to, nei pri­mi mesi del 2016, che i migran­ti tro­vas­se­ro siste­ma­zio­ne in due pic­co­li par­chi nei pres­si del­la sta­zio­ne, fin­ché non ha deci­so che le aiuo­le dei par­chi aves­se­ro biso­gno di manu­ten­zio­ne (già…). Da ago­sto 2016 la mag­gior par­te dei migran­ti (una mino­ran­za tro­va ospi­ta­li­tà in strut­tu­re appo­si­ta­men­te adi­bi­te) vaga per­ciò per la cit­tà, in atte­sa che si apra­no le fron­tie­re, o in atte­sa del pros­si­mo pas­sa­to­re, che non tar­de­rà nel ven­de­re que­sta illu­sio­ne. Le asso­cia­zio­ni uma­ni­ta­rie (tra cui l’i­ta­lia­na “Spe­ran­za — Hope for Chil­dren”, che mi ha per­mes­so di toc­ca­re con mano que­ste con­di­zio­ni) fan­no quel che pos­so­no, che è tan­tis­si­mo, for­nen­do pasti e beni di pri­ma neces­si­tà. La poli­ti­ca fa mol­to poco.

Si par­la di die­ci­mi­la per­so­ne bloc­ca­te così, in que­ste con­di­zio­ni, in Ser­bia. E’ così da tem­po e tut­ti sape­va­no, per­ché tut­ti han­no visto costrui­re i muri, tut­ti han­no visto Ido­me­ni, tut­ti han­no tol­le­ra­to l’ac­cor­do tra Unio­ne Euro­pea e Tur­chia, tut­ti sape­va­no del refe­ren­dum unghe­re­se. Tut­ti sape­va­no del fred­do di Bel­gra­do e dei cam­pi in Gre­cia, ora sepol­ti dal­la neve.

Lo sape­va benis­si­mo anche l’U­nio­ne Euro­pea, che giu­di­cò intol­le­ra­bi­le la pres­sio­ne cui era sot­to­po­sta la Gre­cia, tan­to da appron­ta­re — a metà 2015 — un siste­ma di ricol­lo­ca­men­to dei rifu­gia­ti qui pre­sen­ti (così come dal­l’I­ta­lia e dal­l’Un­ghe­ria). Un impe­gno che avreb­be dovu­to esse­re por­ta­to a ter­mi­ne entro il set­tem­bre 2017, con la redi­stri­bu­zio­ne di 160mila per­so­ne. Al 17 gen­na­io 2017 i ricol­lo­ca­men­ti dal­la Gre­cia sono sta­ti 7.526 (non ho sba­glia­to con gli zeri).

E’ que­sto il ritrat­to del­la for­tez­za. Dei suoi muri, fisi­ci e poli­ti­ci. Il ritrat­to, per­ciò, del­le nostre responsabilità.

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