Non è tempo per i giusti (una storia di immigrazione clandestina ad alta quota)

Una storia di immigrazione clandestina in alta quota, ambientata durante la seconda guerra mondiale, che è diventata sinonimo di fratellanza e pace

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1501839337542{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Ci sono sta­to più vol­te, sui mon­ti del­l’alta Val­le Splu­ga. Un pez­zo del­la mia sto­ria fami­glia­re pas­sa da lì, e se un pez­zo di quel­la sto­ria pas­sa da lì, quel­la sto­ria ha visto sicu­ra­men­te spo­star­si con­fi­ni e fron­tie­re e vali­ca­re con­fi­ni e fron­tie­re sen­za ren­der­se­ne nem­me­no con­to. A me è capi­ta­to più vol­te: pas­sa­re il con­fi­ne sviz­ze­ro e fare ritor­no in Ita­lia sen­za che nes­su­no se ne accor­ga, nem­me­no io.

Rifu­gio Ber­tac­chi al lago d’E­met. Alle spal­le, l’o­mo­ni­mo passo.

L’al­ta val­le Splu­ga fu una val­le mol­to fre­quen­ta­ta duran­te la secon­da guer­ra mon­dia­le. Fre­quen­ta­ta da per­so­ne di pas­sag­gio: ebrei, reni­ten­ti alla leva, ricer­ca­ti poli­ti­ci. Per­so­ne per­se­gui­ta­te, per­so­ne ille­ga­li, accom­pa­gna­te da altre per­so­ne, di buo­na volon­tà, che sfi­dan­do la sor­te orga­niz­za­va­no pas­sag­gi di fron­tie­ra. «Il pri­mo sal­va­tag­gio — rac­con­ta don Gio­van­ni Bar­ba­re­schi — è sta­to il sal­va­tag­gio di una fami­glia ebrea com­po­sta da un papà, da una mam­ma e da due figli. Era­no ricer­ca­ti per­ché ebrei e io ho pro­po­sto di fare una gita al lago d’E­met: da una par­te è Sviz­ze­ra, dal­l’al­tra par­te è Ita­lia. Era una pas­seg­gia­ta per noi, ma la Sviz­ze­ra è sta­ta per loro il sal­va­tag­gio». Don Bar­ba­re­schi è un pre­te mila­ne­se, Giu­sto tra le Nazio­ni e insi­gni­to del­l’Am­bro­gi­no d’o­ro, arre­sta­to più vol­te, che negli ulti­mi anni del­la guer­ra fece par­te del­l’OSCAR, che sta per Orga­niz­za­zio­ne Scout Col­lo­ca­men­to Assi­sten­za Ricer­ca­ti (Ope­ra Scou­ti­sti­ca Cat­to­li­ca Aiu­to Ricer­ca­ti, secon­do altre fon­ti), un’or­ga­niz­za­zio­ne nata all’in­ter­no del­le Aqui­le Ran­da­gie, il più famo­so grup­po scout clan­de­sti­no ope­ran­te duran­te il ven­ten­nio fasci­sta. Non vio­len­ti, non arma­ti, gli scout del­le Aqui­le Ran­da­gie, pro­ve­nien­ti da Mila­no e dal mon­ze­se, si impe­gna­ro­no in una resi­sten­za pas­si­va, con l’o­biet­ti­vo di resi­ste­re — appun­to — «un gior­no in più del fasci­smo». Duran­te le esta­ti del ven­ten­nio orga­niz­za­ro­no nume­ro­si cam­pi scout clan­de­sti­ni in val Code­ra, una val­le “alta”, cui si acce­de sola­men­te a pie­di, tra il lago di Como e la val­le Splu­ga. «Gio­va­ni del­l’al­ta bor­ghe­sia mila­ne­se», cre­do che li defi­ni­rem­mo ora.

Una for­ma­zio­ne del­le Aqui­le Randagie.

Nel­l’al­ta val­le Splu­ga, così come in innu­me­re­vo­li val­li alpi­ne, i con­fi­ni si per­do­no e si spo­sta­no. Boc­chet­te, pas­si, vali­chi, cime e cre­ste: sono que­sti i con­fi­ni, attra­ver­sa­ti da sen­tie­ri più o meno imper­vi ma che ai tem­pi, sprov­vi­sti del­le como­di­tà odier­ne, biso­gna­va cono­sce­re in ogni pas­so. OSCAR era un’or­ga­niz­za­zio­ne a tut­ti gli effet­ti, che si basa­va su una rete di con­tat­ti che coin­vol­ge­va­no socie­tà civi­le, cle­ro, sim­pa­tiz­zan­ti nel­le poli­zie fasci­ste e tede­sche. Biso­gna­va entra­re in con­tat­to con le per­so­ne per­se­gui­ta­te, pro­dur­re docu­men­ti fal­si, met­te­re in sicu­rez­za i rifu­gia­ti in posti sicu­ri e pro­ce­de­re al vero e pro­prio espa­trio. Tra que­sti posti sicu­ri figu­ra­va la Casa Alpi­na di Mot­ta, nei pres­si di Cam­po­dol­ci­no, che si tro­va a metà val­le Splu­ga. La casa era gesti­ta da don Lui­gi Re ed è da lì che comin­cia la gita gui­da­ta da don Bar­ba­re­schi: «Una sera arri­va una fami­glia: padre, madre, due bim­bi di pochi anni. Chie­do­no di esse­re aiu­ta­ti a rag­giun­ge­re la Sviz­ze­ra per­ché ebrei, ricer­ca­ti dai tede­schi e dai fasci­sti. Il mat­ti­no seguen­te vie­ne orga­niz­za­ta una gita al lago d’E­met, zona mol­to vici­na al con­fi­ne, una del­le gite abi­tua­li per i gio­va­ni ospi­ti del­la Casa, ma quel­la vol­ta con un impe­gno e una moti­va­zio­ne diver­si. Alla par­ten­za il grup­po da me gui­da­to era com­po­sto da ven­ti­cin­que per­so­ne. Al ritor­no era­va­mo solo in ven­tu­no, ma i tede­schi di guar­dia al con­fi­ne non si sono accor­ti di nul­la. Aiu­ta­re gli ebrei ricer­ca­ti, aiu­ta­re i pri­gio­nie­ri ingle­si fug­gi­ti dai cam­pi di con­cen­tra­men­to, aiu­ta­re i ricer­ca­ti poli­ti­ci o i gio­va­ni reni­ten­ti alla leva del­la Repub­bli­ca di Salò. Dai pas­sag­gi in Sviz­ze­ra attra­ver­so le mon­ta­gne del­lo Splu­ga ai pas­sag­gi attra­ver­so la rete nei din­tor­ni di Vare­se o di Lui­no. E la con­se­guen­te neces­si­tà di fab­bri­ca­re docu­men­ti fal­si, cer­ti­fi­ca­ti fal­si, lascia­pas­sa­re, sal­va­con­dot­ti, pas­sa­por­ti». Tut­ti «migran­ti clan­de­sti­ni», li chia­me­rem­mo ora, e clan­de­sti­ni per dav­ve­ro, per­ché nes­su­no li vede vali­ca­re il pas­so d’E­met.

Alle spal­le del­le Casa Alpi­na di Mot­ta e alle spal­le del lago d’E­met, ver­so ove­st, si pro­ten­de la val­le di Lei, ora occu­pa­ta da un lago arti­fi­cia­le che vie­ne riem­pi­to dal­le acque che discen­do­no dal Piz­zo Stel­la. Esse­re una par­ti­cel­la d’ac­qua sul Piz­zo Stel­la apre a due pos­si­bi­li­tà: il Medi­ter­ra­neo, se si cade ver­so sud, o il mare del Nord, attra­ver­so il Reno, se si cade ver­so nord. La val­le di Lei appar­tie­ne infat­ti al baci­no idro­gra­fi­co del Reno, col­lo­can­do­si oltre i con­fi­ni geo­gra­fi­ci ita­lia­ni, pur essen­do ter­ri­to­rio ita­lia­no (vi con­si­glio di dare uno sguar­do alla linea di con­fi­ne, in cor­ri­spon­den­za del­la diga: rimar­re­te stu­pi­ti). Un luo­go car­di­ne, per­ciò, che tie­ne assie­me le ter­re che van­no dal­la Libia (è pro­prio il caso di citar­la) alla Svezia.

Nostra Signo­ra d’Eu­ro­pa, a Motta.

Don Lui­gi Re dove­va esse­re ben al cor­ren­te del­le carat­te­ri­sti­che geo­gra­fi­che del luo­go e così, nel dopo­guer­ra e all’av­vio del pro­ces­so di inte­gra­zio­ne euro­pea, si ado­pe­rò per­ché que­sto luo­go aves­se un valo­re di fra­tel­lan­za e pace. Nel 1958, su sua ini­zia­ti­va, fu posta la monu­men­ta­le sta­tua del­la Nostra Signo­ra d’Eu­ro­pa, che ideal­men­te abbrac­cia e sor­ve­glia l’in­te­ro con­ti­nen­te, e anche più a sud. Ora don Lui­gi Re ripo­sa sere­na­men­te ai pie­di del­la Nostra Signo­ra d’Europa.

Que­sta sto­ria ci rac­con­ta di per­so­ne che agi­ro­no fuo­ri dal­le rego­le. Che men­ti­ro­no. Che mol­to pro­ba­bil­men­te si accor­da­ro­no con auto­ri­tà cor­rot­te. Che rifiu­ta­ro­no le armi. E che ave­va­no una gran fac­cia tosta, in defi­ni­ti­va, gra­zie alla qua­le OSCAR fece espa­tria­re oltre due­mi­la per­so­ne. Guar­dia­mo a loro con ammi­ra­zio­ne: quan­ti, tra di noi, avreb­be­ro avu­to lo stes­so corag­gio? Ma i tem­pi cam­bia­no e basta un atti­mo per­ché tut­te le ONG diven­ti­no col­lu­se e in mala­fe­de: tut­te, per­ché di fron­te alle stru­men­ta­liz­za­zio­ni e ai tito­lo­ni in pri­ma pagi­na non c’è distin­guo che reg­ga. Si è rot­to ogni argi­ne. Ancor pri­ma che ci sia un’ac­cu­sa for­mu­la­ta come si deve e ancor pri­ma di un pro­ces­so: sono tut­ti cri­mi­na­li. Per i giu­sti, for­se, non è anco­ra tem­po, ma arri­ve­rà.

(Nel­la foto in alto, scat­ta­ta da Gior­gio Smal­ti­ni, il pas­so di Suret­ta, in alta val­le Splu­ga, a pochis­si­ma distan­za dal pas­so d’E­met: anch’es­so segna il con­fi­ne con la Sviz­ze­ra)[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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