Le persone al centro della nostra resistenza

Anche in un momento come questo, in cui la tesi che sembra vincente è quella quella dell'omologazione, della discriminazione, della violenza verso chi non risponde a precisi criteri imposti da un modello patriarcale ed etero normativo, c'è e ci sarà sempre chi invece a tutto questo resisterà.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]L’in­ter­ven­to di Fran­ce­sca Druet­ti all’a­per­tu­ra del XVI con­gres­so di Arcigay.

Sono par­ti­co­lar­men­te con­ten­ta di por­ta­re qui a Tori­no i salu­ti di Bea­tri­ce Bri­gno­ne, Segre­ta­ria di Pos­si­bi­le (la pri­ma segre­ta­ria don­na di un par­ti­to di sini­stra, di cui sono mol­to orgo­glio­sa), del nostro respon­sa­bi­le dei dirit­ti Gian­mar­co Capo­gna e di tut­ta la nostra comu­ni­tà, per­ché vede­re la pas­sio­ne e lo spes­so­re del­la discus­sio­ne in que­sto con­gres­so e in tut­te le ini­zia­ti­ve di Arci­gay mi ricor­da che anche in un momen­to come que­sto, in cui la tesi che sem­bra vin­cen­te è quel­la quel­la del­l’o­mo­lo­ga­zio­ne, del­la discri­mi­na­zio­ne, del­la vio­len­za ver­so chi non rispon­de a pre­ci­si cri­te­ri impo­sti da un model­lo patriar­ca­le ed ete­ro nor­ma­ti­vo, c’è e ci sarà sem­pre chi inve­ce a tut­to que­sto resi­ste­rà.

Chi resi­ste­rà al restrin­ger­si del cam­po dei dirit­ti, per­ché fin­ché non saran­no ugua­li per tut­ti saran­no piut­to­sto pri­vi­le­gi, chi resi­ste­rà alle “clas­si­fi­che” tra i dirit­ti, tra le per­so­ne, pri­ma que­sto e pri­ma quel­lo, pri­ma gli ita­lia­ni, pri­ma i dirit­ti socia­li poi quel­li civi­li. E sap­pia­mo quan­do si ini­zia a fare le clas­si­fi­che fra i cit­ta­di­ni, dove si può anda­re a fini­re.

Il pun­to è che se riu­scia­mo a pen­sa­re agli altri, chiun­que sia­no, come per­so­ne, sen­za distin­zio­ne di ses­so, di raz­za, di lin­gua, di reli­gio­ne, di opi­nio­ni poli­ti­che, di con­di­zio­ni per­so­na­li e socia­li, cone dice la Costi­tu­zio­ne, se riu­scia­mo a tute­la­re le per­so­ne in quan­to per­so­ne, allo­ra diven­ta più dif­fi­ci­le sfrut­ta­re, sopraf­fa­re, ricat­ta­re.

Ecco per­ché quel­lo che fan­no i movi­men­ti, le comu­ni­tà, quel­la lgbt, quel­la trans fem­mi­ni­sta, spes­so fian­co a fian­co, è così impor­tan­te. Le per­so­ne devo­no esse­re al cen­tro, la loro liber­tà di scel­ta, di auto­der­te­mi­na­zio­ne. Il loro dirit­to alla digni­tà e alla salu­te, in qual­sia­si con­te­sto, dai luo­ghi di lavo­ro alle car­ce­ri, dal­l’am­bien­te dome­sti­co alle frontiere.

Anche men­tre sono sot­to attac­co, dob­bia­mo difen­de­re i dirit­ti che sono sta­ti otte­nu­ti, e poten­ziar­li, miglio­rar­li, esten­der­li a tut­te e tut­ti. Non cede­re di un pas­so su bat­ta­glie nuo­ve e meno nuo­ve, e altre che non van­no mai dimen­ti­ca­te, dal rico­no­sci­men­to del­l’o­mo­ge­ni­to­ria­li­tà alla pre­ven­zio­ne e al con­tra­sto del­lo stig­ma nei con­fron­ti di chi con­vi­ve con l’HIV, all’adeguamento del­le nor­me che riguar­da­no le per­so­ne tran­ses­sua­li a par­ti­re dal­la depa­to­lo­giz­za­zio­ne fino ad una leg­ge moder­na ed euro­pea che rico­no­sca la pos­si­bi­li­tà di ret­ti­fi­ca dei dati ana­gra­fi­ci nel pie­no rispet­to dell’identità di gene­re anche sen­za l’obbligo dell’operazione chi­rur­gi­ca che non è inva­si­va solo a livel­lo fisi­co ma anche psicologico.

Chiu­do con una cosa che ho sen­ti­to qui oggi e che sot­to­scri­vo: non è fini­to il tem­po dei Pri­de. Non sono mani­fe­sta­zio­ni né super­flue, né ecces­si­ve. Sono quel­lo di cui abbia­mo anco­ra biso­gno, di sta­re in piaz­za, coi nostri cor­pi. E con quel­li dei nostri fra­tel­li e sorel­le tran­ses­sua­li, trop­po spes­so col­pi­ti e nasco­sti: que­sto deve fini­re. Quin­di buon lavo­ro e ci vedia­mo doma­ni in piaz­za alla Trans Free­dom March.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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