Dai fanghi tossici al cemento: dov’è finito il futuro?

Invertiamo la rotta, arrestiamo prima che sia troppo tardi il disegno politico di chi vuole costruire un futuro fatto di colate di cemento e fango.

“Stra­ni gior­ni, vivia­mo stra­ni gior­ni” non è solo una cita­zio­ne del mae­stro Bat­tia­to: sono vera­men­te stra­ni que­sti giorni.

La tra­ge­dia del Mot­ta­ro­ne ci ha ripor­ta­to indie­tro ai tem­pi del crol­lo del Pon­te Moran­di e nel frat­tem­po si gio­ca anco­ra sull’oggi con i colo­ri del­le Regio­ni. L’egoismo e l’avidità uma­na die­tro ad alcu­ni mec­ca­ni­smi eco­no­mi­ci stan­no pre­sen­tan­do un con­to dram­ma­ti­co, in ter­mi­ni di vit­ti­me e di dan­ni ambien­ta­li, socia­li ed eco­no­mi­ci. Il PNRR è spa­ri­to dal dibat­ti­to pub­bli­co, vie­ne solo cita­to “per­ché da li arri­ve­ran­no i sol­di”. Come ver­ran­no spe­si, che dovreb­be esse­re la que­stio­ne più impor­tan­te, non è mai sta­to ogget­to di discus­sio­ne. La que­stio­ne pre­oc­cu­pan­te è che il futu­ro e con lui le gene­ra­zio­ni futu­re non entra­no nel­le con­si­de­ra­zio­ni e nel­le discus­sio­ni sul PNRR. Que­sta man­can­za emer­ge anche leg­gen­do le inter­cet­ta­zio­ni con­te­nu­te nel­le inda­gi­ni sul­lo sver­sa­men­to nei cam­pi agri­co­li di Lom­bar­dia, Vene­to ed Emi­lia. “Chis­sà il bam­bi­no che man­gia la pan­noc­chia di mais cre­sciu­ta sui fan­ghi”: paro­le che evi­den­zia­no come le nostre atten­zio­ni sia­no con­cen­tra­te sull’oggi, sull’illecito pro­fit­to e sen­za la ben­ché mini­ma cura per il futu­ro. L’Ar­pa, chia­ma­ta ad effet­tua­re le ana­li­si, avreb­be veri­fi­ca­to la pre­sen­za (fuo­ri nor­ma, anche deci­ne di vol­te oltre i limi­ti di leg­ge) di ele­va­te con­cen­tra­zio­ni di idro­car­bu­ri, cia­nu­ri, clo­ru­ri, arse­ni­co, sele­nio, sol­fa­ti, zin­co, sta­gno e altro anco­ra. Ma al di là degli aspet­ti giu­ri­di­ci di que­sta assur­da vicen­da quel­la che man­ca è la visio­ne stra­te­gi­ca di fon­do riguar­do al futu­ro. Gli stra­ni gior­ni dovreb­be­ro por­ta­re il Gover­no a pren­de­re deci­sio­ni nel­la dire­zio­ne giu­sta e inve­ce chi come noi ha let­to le car­te del PNRR ha già denun­cia­to che que­ste deci­sio­ni andran­no in dire­zio­ne oppo­sta. Pen­sia­mo ai rischi che cor­re la Natu­ra con que­sta far­loc­ca tran­si­zio­ne eco­lo­gi­ca che sem­bra ogni gior­no di più un gran­de ritor­no al pas­sa­to e non un pas­so ver­so un futu­ro ami­co. Stia­mo cor­ren­do un gran­dis­si­mo rischio, eppu­re abbia­mo nel­lo stes­so gover­no chi que­sto rischio lo igno­ra, chi fa spal­luc­ce o fa fin­ta di nul­la e chi inve­ce spin­ge per con­ti­nua­re sul­la vec­chia stra­da. La tran­si­zio­ne di Cin­go­la­ni asso­mi­glia sem­pre di più ad un pro­get­to basa­to sul­lo svi­lup­po inso­ste­ni­bi­le. Cola­te di cemen­to inu­ti­li, sol­di dirot­ta­ti ver­so tec­no­lo­gie obso­le­te e asso­lu­ta­men­te poco friend­ly ver­so la lot­ta ai cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci e l’immancabile Pon­te sul­lo Stret­to di Mes­si­na. Eppu­re i cam­pa­nel­li di allar­me ci sono, basta leg­ger­li e non igno­rar­li. La vita del­la popo­la­zio­ne mon­dia­le sta suben­do gli effet­ti dei cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci, e la poli­ti­ca, alme­no quel­la ita­lia­na, è com­ple­ta­men­te assen­te, men­tre dovreb­be esser­ne uno degli atto­ri prin­ci­pa­li. La stes­sa poli­ti­ca è inve­ce pre­sen­te quan­do si trat­ta di inde­bo­li­re le tute­le e i pro­ces­si ammi­ni­stra­ti­vi dove si cal­co­la il peso e l’importanza del­le “con­si­de­ra­zio­ni ambien­ta­li” lega­te al con­su­mo di suo­lo, alla tute­la del­la bio­di­ver­si­tà o al pae­sag­gio. Si sem­pli­fi­ca la vita a chi vuo­le con­ti­nua­re a lavo­ra­re ver­so un futu­ro inso­ste­ni­bi­le e men­tre da noi si esul­ta per que­ste enne­si­me “sem­pli­fi­ca­zio­ni” con­tro Natu­ra negli stes­si gior­ni la Com­mis­sio­ne Ambien­te del Par­la­men­to Euro­peo appro­va e acco­glie con favo­re la nuo­va stra­te­gia del­l’Ue sul­la bio­di­ver­si­tà per il 2030, soste­nen­do la neces­si­tà di “cam­bia­men­ti radi­ca­li” nel­le attua­li poli­ti­che del­l’U­nio­ne e degli Sta­ti mem­bri in tema di pro­te­zio­ne del­la natu­ra. Inol­tre la Com­mis­sio­ne Ambien­te del Par­la­men­to euro­peo chie­de di esten­de­re alme­no al 30% il ter­ri­to­rio euro­peo pro­tet­to, avvia­re una gran­de azio­ne di ripri­sti­no degli eco­si­ste­mi ter­re­stri e mari­ni, ripor­ta­re in un buo­no sta­to di con­ser­va­zio­ne le spe­cie e gli habi­tat, pre­di­spor­re una stra­te­gia euro­pea sul­la lot­ta alla deser­ti­fi­ca­zio­ne e al degra­do del suo­lo, di fis­sa­re obiet­ti­vi spe­ci­fi­ci ambi­zio­si in mate­ria di bio­di­ver­si­tà urba­na con solu­zio­ni ispi­ra­te alla natu­ra e alle infra­strut­tu­re ver­di, di favo­re le pra­ti­che agro eco­lo­gi­che, di met­te­re assie­me le sfi­de alla cri­si cli­ma­ti­ca e alla per­di­ta del­la bio­di­ver­si­tà, “dan­do prio­ri­tà alle solu­zio­ni ispi­ra­te alla natu­ra negli obiet­ti­vi di miti­ga­zio­ne del cli­ma e nel­le stra­te­gie di adat­ta­men­to”. Una stra­te­gia chia­ra e con­di­vi­si­bi­le che va nel­la dire­zio­ne giu­sta, non come la stra­te­gia cemen­ti­fi­ca­tri­ce masche­ra­ta da tran­si­zio­ne eco­lo­gi­ca che il gover­no ita­lia­no sta por­tan­do avan­ti. Inol­tre la Com­mis­sio­ne Ambien­te del PE chie­de agli Sta­ti Mem­bri di rispet­ta­re l’attuale legi­sla­zio­ne euro­pea così come chie­de alla Com­mis­sio­ne Euro­pea di atti­var­si tra­mi­te lo stru­men­to del­la Pro­ce­du­ra d’Infrazione nei con­fron­ti degli Sta­ti mem­bri che non si con­for­mi­no ai det­ta­mi euro­pei. Il tut­to all’interno di una leg­ge sul­la Bio­di­ver­si­tà che si occu­pi del­la con­ser­va­zio­ne del­la Natu­ra por­tan­do­la allo stes­so livel­lo del­la lot­ta ai cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci. Entram­be que­ste azio­ni devo­no viag­gia­re di pari pas­so, con la stes­sa impor­tan­za anche per­ché sono lega­te e inter­con­nes­se. Solo il gover­no ita­lia­no non ha ben com­pre­so que­ste indi­ca­zio­ni e sta andan­do in dire­zio­ne oppo­sta. I pochi fon­di mes­si a dispo­si­zio­ne del com­par­to Natu­ra all’interno del PNRR (lo 0,51% su 235 miliar­di di euro tota­li, l’I­ta­lia ne inve­ste solo 1,19 miliar­di) sono lì a dimo­strar­lo e tra l’altro ver­ran­no spe­si anche male: digi­ta­liz­za­zio­ne e altre azio­ni sui par­chi (100 milio­ni), rina­tu­ra­liz­za­zio­ne del fiu­me Po (360 milio­ni), inter­ven­ti sui siste­mi mari­ni e costie­ri (400 milio­ni) e tute­la e valo­riz­za­zio­ne del ver­de urba­no ed extraur­ba­no (330 milio­ni). “Chis­sà il bam­bi­no che man­gia la pan­noc­chia di mais cre­sciu­ta sui fan­ghi”, fer­mia­mo­ci pri­ma che sia trop­po tar­di. Inver­tia­mo la rot­ta, arre­stia­mo pri­ma che sia trop­po tar­di il dise­gno poli­ti­co di chi vuo­le costrui­re un futu­ro fat­to di cola­te di cemen­to e fango.

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