Al circo del referendum “padano” manca l’attrazione principale

Siamo alla battaglia decisiva, alla quale i leghisti tutti dovrebbero partecipare con lo stesso ardore di Alberto da Giussano, e invece no.

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1506936903899{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]«Lega Nord per l’in­di­pen­den­za del­la Pada­nia». Si chia­ma così il par­ti­to gui­da­to da Mat­teo Sal­vi­ni, che non a caso ripor­ta la stes­sa dici­tu­ra (“Pada­nia”, alter­na­ta a “Sal­vi­ni” a secon­da del­le occa­sio­ni) nel suo sim­bo­lo, dove cam­peg­gia anche una raf­fi­gu­ra­zio­ne di Alber­to da Gius­sa­no (che in real­tà sareb­be il “Guer­rie­ro di Legna­no”), figu­ra leg­gen­da­ria che gui­dò la Lega Lom­bar­da nel­lo scon­tro di Legna­no con­tro Fede­ri­co Barbarossa.

E infat­ti la Lega Nord è nata così, come par­ti­to ter­ri­to­ria­le. “Sin­da­ca­to del Nord”, si dice­va ai tem­pi. Col fine di libe­ra­re il nord Ita­lia (la mito­lo­gi­ca “Pada­nia”, appun­to) dal gio­go roma­no. Qui in pro­vin­cia di Vare­se cam­peg­gia­va­no ovun­que, fino a non mol­to tem­po fa, mani­fe­sti con gal­li­ne pada­ne che fan­no uova d’o­ro che cado­no nei mor­bi­di panie­ri roma­ni, o i clas­si­ci slo­gan, da “Roma ladro­na” a “Più lon­ta­ni da Roma, più vici­ni a te”. Una vera e pro­pria ideo­lo­gia, fat­ta di imma­gi­ni, slo­gan, rife­ri­men­ti epi­ci e riti ance­stra­li (ve la ricor­da­te l’am­pol­la con l’ac­qua del Po?).

Ora sia­mo arri­va­ti alla bat­ta­glia deci­si­va (che non è vero, per i moti­vi che abbia­mo già spie­ga­to), alla qua­le i leghi­sti tut­ti dovreb­be­ro par­te­ci­pa­re con lo stes­so ardo­re di Alber­to da Gius­sa­no, e cioè quel­lo che vie­ne defi­ni­to da Rober­to Maro­ni, gover­na­to­re del­la Lom­bar­dia, e Luca Zaia, gover­na­to­re del Vene­to, “Refe­ren­dum per l’au­to­no­mia”. Un refe­ren­dum far­sa, dagli inten­ti ple­bi­sci­ta­ri (e quin­di non demo­cra­ti­ci). Per tira­re la vola­ta alle regio­na­li del 2018 a chi, nel 2013, ha vin­to soste­nen­do che avreb­be trat­te­nu­to il 75% del­le tas­se in Lom­bar­dia, ma che non è nem­me­no riu­sci­to a comin­cia­re il per­cor­so per una mag­gio­re auto­no­mia così come deli­nea­to dal­la Costi­tu­zio­ne, e per il qua­le ha indet­to un refe­ren­dum non richie­sto, non neces­sa­rio, inu­ti­le e che ver­rà uti­liz­za­to elet­to­ral­men­te.

In tut­to que­sto cir­co, man­ca l’at­tra­zio­ne prin­ci­pa­le, quel­la che una vol­ta indos­sa­va la fel­pa “Pada­nia” (o “Pada­nia is not Ita­ly”), lascia­ta ora a pren­de­re pol­ve­re in un cas­set­to. E’ imba­raz­zan­te che il segre­ta­rio di un par­ti­to nato con l’o­biet­ti­vo di otte­ne­re l’in­di­pen­den­za del­la Pada­nia non pro­fe­ri­sca paro­la rispet­to a un refe­ren­dum volu­to da gover­na­to­ri del suo par­ti­to e che, pur non poten­do par­la­re di indi­pen­den­za, una spruz­za­ta di fin­to auto­no­mi­smo la contiene.

Ma i tem­pi cam­bia­no, e se pri­ma i nemi­ci era­no i ter­ro­ni, ora i nemi­ci sono i negri. E se pri­ma l’in­di­pen­den­za dove­va esse­re quel­la del­la Pada­nia, ora è il sovra­ni­smo nazio­na­li­sta a tor­na­re di moda. Sem­pre di muri si trat­ta, che col tem­po esplo­do­no con tut­te le loro con­trad­di­zio­ni.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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