Vitalizi ed autodichia: un nuovo cortocircuito?

Sui vitalizi rischiamo di assistere all'ennesimo cortocircuito che non porterà ad alcun risultato concreto, nonostante i proclami

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1496657735659{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]La leg­ge Richet­ti, se e quan­do appro­va­ta, col­lo­che­rà i vita­li­zi e i loro suc­ce­da­nei post-2012 in una gestio­ne sepa­ra­ta pres­so l’INPS: è un indub­bio pas­so avan­ti, rispet­to alle scom­bic­che­ra­te ipo­te­si che vole­va­no inci­de­re su dirit­ti di cit­ta­di­ni median­te atti inter­ni alle Camere.

La Com­mis­sio­ne affa­ri costi­tu­zio­na­li era stret­ta tra due posi­zio­ni ugual­men­te lon­ta­ne dal meri­to del pro­ble­ma, per­ché pesan­te­men­te intri­se di giu­di­zi di valo­re sui “vita­li­zia­ti”: da un lato la resi­sten­za oltran­zi­sta del­le ex secon­de linee, assur­te a difen­so­ri dei loro dan­ti cau­sa da cui han­no ere­di­ta­to la ban­die­ra dell’area poli­ti­ca di rife­ri­men­to; dall’altro la gogna abo­li­zio­ni­sta di chi, nell’obolo nega­to a Beli­sa­rio, cer­ca la dis­sa­cra­zio­ne sto­ri­ca del pas­sa­to set­tan­ten­nio repub­bli­ca­no, sul­la qua­le lucra­re van­tag­gi alle pros­si­me elezioni.

L’emendamento 2.40 (Civa­ti ed altri), che cer­ca­va di supe­ra­re quest’alternativa dia­bo­li­ca, non è sta­to però nep­pu­re ammes­so al voto. Il testo, assai oppor­tu­na­men­te, ripar­ti­va i costi assi­cu­ra­ti­vi e dell’assistenza in for­ma mutua­li­sti­ca tra i bene­fi­cia­ri, ex par­la­men­ta­ri: un con­te­nu­to ete­ro­dos­so, che denun­cia­va i rischi di far rien­tra­re dal­la fine­stra quel­lo che la mag­gio­ran­za cac­cia dal­la porta.

Men­tre lo spet­tro dei ricor­si vie­ne agi­ta­to dal­le oppo­ste fazio­ni, non è cer­to con­so­la­to­rio sape­re che una par­te del pro­ce­di­men­to di deter­mi­na­zio­ne dei futu­ri trat­ta­men­ti, per gli ex par­la­men­ta­ri, rica­drà sot­to auto­di­chia (arti­co­lo 5 del testo). Ciò com­por­ta che il con­ten­zio­so con­ti­nue­rà a pas­sa­re per il giu­di­zio “esclu­si­vo” dei “tri­bu­na­li­ni” inter­ni alle Came­re: giu­di­ci in pri­mo luo­go spe­cia­li (isti­tui­ti dopo l’entrata in vigo­re del­la Costi­tu­zio­ne) ed in secon­do luo­go non impar­zia­li né ter­zi, come riba­di­to nel­la tra­smis­sio­ne di mag­gio di radio radi­ca­le sul­lo Sta­to del diritto.

Chi invo­ca l’autonomia nor­ma­ti­va del­le Came­re, per (con­ti­nua­re a) disci­pli­na­re “in casa” pro­fi­li impor­tan­ti del trat­ta­men­to riser­va­to agli ex par­la­men­ta­ri, vor­reb­be nega­re al vita­li­zio la natu­ra di mero rap­por­to pri­va­ti­sti­co, acce­so a sco­pi di mutua­li­tà tra gli ex par­la­men­ta­ri, sen­za ingres­so di risor­se ester­ne. Ciò com­por­ta il serio peri­co­lo che pro­se­gua l’andazzo cor­ren­te: già l’indennità par­la­men­ta­re, dal­la riser­va di leg­ge pre­vi­sta dall’articolo 69 Cost., è di fat­to diven­ta­ta mate­ria dispo­ni­bi­le degli Uffi­ci di Pre­si­den­za; ora si rischia di ripe­te­re ed aggra­va­re que­sta for­za­tu­ra, man­te­nen­do in vita — con una vera e pro­pria sana­to­ria — tut­ta la pano­plia di deli­be­re inter­ne che rego­la­va­no i vita­li­zi (e che ali­men­ta­va­no la sen­sa­zio­ne pub­bli­ca di ave­re a che fare non con un isti­tu­to mutua­li­sti­co, ma con un pri­vi­le­gio gra­van­te sul­le cas­se pubbliche).

Tut­te le apo­rìe, i con­tro­sen­si e le con­fu­sio­ni – sor­te e pro­spe­ran­ti intor­no al totem dell’autodichia, a par­ti­re dal­la sen­ten­za n. 154/1985 del­la Cor­te costi­tu­zio­na­le – sono appar­se pun­tual­men­te nel dibat­ti­to svol­to­si in Com­mis­sio­ne sul dise­gno di leg­ge Richet­ti: vari par­la­men­ta­ri (anche quel­li pre­sen­ti alla Came­ra quan­do furo­no vota­ti i decre­ti-leg­ge che impo­ne­va­no i con­tri­bu­ti di soli­da­rie­tà sui vita­li­zi) han­no soste­nu­to la riser­va asso­lu­ta del Rego­la­men­to, di cui all’art. 64 Cost., sul­la disci­pli­na degli emo­lu­men­ti agli ex parlamentari.

L’unica cosa, cui in Com­mis­sio­ne non s’è fat­to cen­no, è che sono già cin­que anni che l’assetto costrui­to sul­la sen­ten­za n. 154 è con­te­sta­to in sede giu­ri­sdi­zio­na­le, a par­ti­re da un caso di deman­sio­na­men­to rico­no­sciu­to come ille­git­ti­mo in Sena­to. Eppu­re, met­te­re sul piat­to l’argomento auto­di­chia, ogget­to del­la regiu­di­can­da, potreb­be appa­ri­re ine­le­gan­te, dinan­zi ad una Cor­te che ospi­ta alcu­ni poten­zia­li frui­to­ri del­la disci­pli­na che Richet­ti vuo­le introdurre.

Men­tre i ricor­si con­tro i tet­ti retri­bu­ti­vi, i cumu­li pen­sio­ni­sti­ci e le revo­che dei vita­li­zi ter­mi­na­no mise­ra­men­te la loro sto­ria, con roton­de nega­ti­ve in tut­te le giu­ri­sdi­zio­ni adi­te, quel deman­sio­na­men­to anco­ra costrin­ge le mas­si­me Cor­ti del nostro Pae­se ad un imba­raz­zan­te non liquet, sot­to for­ma di ripe­tu­ti rim­pal­li tra il Sine­drio e Pilato.

Inve­ce di intro­dur­re la nor­ma dell’articolo 5, sareb­be sta­to pru­den­te, da par­te del Legi­sla­to­re, evi­ta­re di pre­giu­di­ca­re la trat­ta­zio­ne dell’ennesima udien­za il 26 set­tem­bre pros­si­mo a palaz­zo del­la Con­sul­ta: anche per­ché le best prac­ti­ces legi­sla­ti­ve, in casi come que­sto, con­si­glie­reb­be­ro di ope­ra­re die­tro il velo dell’ignoranza.

Giam­pie­ro Buonomo

Pos­si­bi­le, in que­sti gior­ni, è di nuo­vo in piaz­za. Tra le cam­pa­gne di mobi­li­ta­zio­ne che pro­muo­via­mo ce n’è anche su vita­li­zi e inden­ni­tà par­la­men­ta­ri, con­tro i privilegi.

[ADESIONE E’ MOBILITAZIONE]

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