Una nuova classe dirigente, lontana dalla stanca narrazione della “sinistra che fu”

Ho let­to Ros­sa­na Ros­san­da oggi su Repub­bli­ca. È sem­pre una let­tu­ra inte­res­san­te, come lo è ascol­ta­re una testi­mo­ne impor­tan­te del­la sto­ria poli­ti­ca del nostro Pae­se e del­la sto­ria del­la sinistra.

Al ter­mi­ne dell’intervista però ho avu­to la ormai con­sue­ta sen­sa­zio­ne di esse­re sem­pre allo stes­so pun­to di partenza.
Di aver let­to un’intervista let­ta mil­le altre vol­te sugli stes­si gior­na­li, ascol­ta­ta altret­tan­te vol­te nei soli­ti show tele­vi­si­vi, ripe­tu­ta nei dibat­ti­ti e negli incon­tri poli­ti­ci.

La Sini­stra che fu, i lavo­ra­to­ri ai can­cel­li, il Mani­fe­sto che ven­de­va tan­tis­si­me copie, Occhet­to che ha dato il col­po di gra­zia, i com­pa­gni che han­no fini­to per vota­re Lega, la sini­stra che oggi non c’è, i ter­ri­to­ri e le peri­fe­rie abban­do­na­te. Nostal­gia, rim­pian­to e inde­fi­ni­ti sen­si di col­pa.
Una nar­ra­zio­ne immu­ta­bi­le e costante.

Poi mi guar­do intor­no e vedo che a Mila­no nel giro di poche set­ti­ma­ne si sono riem­pi­te le piaz­ze sen­za pull­man cam­mel­la­ti, ma gli stes­si gior­na­li “del­la sini­stra che non c’è” non ne par­la­no. Vedo il lavo­ro che le don­ne di Non Una Di Meno stan­no facen­do nei ter­ri­to­ri, un lavo­ro capil­la­re di pro­po­sta e di pro­te­sta, i cor­tei, le miglia­ia di per­so­ne che si orga­niz­za­no in una Mobi­li­ta­zio­ne Per­ma­nen­te, ma sugli stes­si gior­na­li “del­la sini­stra che non c’è” non se ne par­la.

Gui­do un par­ti­to in cui, oltre a esse­re l’unica don­na segre­ta­ria del­la “sini­stra che non c’è” a 40 anni sono una del­le iscrit­te più anzia­ne (per­ché oltre alla sini­stra non ci sono più nean­che i gio­va­ni, in poli­ti­ca) un par­ti­to che ogni gior­no appro­fon­di­sce, stu­dia e divul­ga con­te­nu­ti di qua­li­tà, che va nei luo­ghi dove si fa buo­na acco­glien­za per pro­por­re vali­de alter­na­ti­ve, che dal pri­mo gior­no dopo il ter­re­mo­to di due anni fa non ha smes­so di esse­re tra chi pro­va a rial­zar­si dal­le mace­rie, che par­la di ter­re non per fare figli, ma come riscos­sa con­tro la stra­te­gia dell’abbandono e per una pro­du­zio­ne di qua­li­tà, che affron­ta il pro­ta­go­ni­smo del­le don­ne dan­do­le un vero pro­ta­go­ni­smo e non rele­gan­do­le a quo­te o a un capi­to­lo in un pro­gram­ma, che rac­co­glie e ampli­fi­ca le voci di docen­ti e stu­den­ti, che è arri­va­to in anti­ci­po su tut­ti a denun­cia­re e docu­men­ta­re i peri­co­li del­le fin­te emer­gen­ze e degli accor­di con la Libia, del­le poli­ti­che sul­le armi, del ritor­no dei fasci­smi, dell’assenza di poli­ti­che ambien­ta­li coraggiose.
E, nean­che a dir­lo, nei gior­na­li “del­la sini­stra che non c’è” non se ne parla.

Ecco. Come il padre di Ros­san­da, anche il mio mi dà un cef­fo­ne quan­do si usa un lin­guag­gio sgua­ia­to, ma mi scu­se­rà mio padre, Ros­san­da e quan­ti pen­sa­no che una fem­mi­na deb­ba usa­re un lin­guag­gio com­po­sto, ma ci sarem­mo anche rot­ti il caz­zo.

Di chi non vuo­le vede­re quel­lo suc­ce­de vera­men­te. Che per le stra­de non ci sta per­ché gli edi­to­ria­li li scri­ve al chiu­so di una stan­za e per­ché nel­la nar­ra­zio­ne del­la sini­stra che fu non c’è spa­zio per chi non ha nostal­gia del Pci che fu, per­ché non l’ha mai cono­sciu­to, che non vede nel Pd la spe­ran­za di un futu­ro, che non ragio­na di poli­ti­ca come di un infi­ni­to poker.
Noi ci sia­mo. Cre­scia­mo e con­ti­nuia­mo per la nostra stra­da. Da soli? No di cer­to, con chi vuo­le far­lo con noi, ma in modo serio e appas­sio­na­to, non per sal­va­re se stes­so e con­ser­va­re il pro­prio cer­ti­fi­ca­to di esi­sten­za in vita con un qual­che ruo­lo, come abbia­mo visto fare anche recentemente.

Ci sia­mo e anche se abbia­mo per­so le spe­ran­ze di una nar­ra­zio­ne diver­sa, ras­se­gan­ti alla nostal­gia del tem­po che fu, a Occhet­to e la Bolo­gni­na, alla sini­stra che deve ritor­na­re nel­le peri­fe­rie, a una clas­se poli­ti­ca che sem­bra immu­ta­bi­le dagli anni ‘70 e l’unica ad ave­re dirit­to di paro­la , con­ti­nuia­mo ad anda­re avan­ti a testa alta, stu­dian­do, infor­man­do, for­man­do una nuo­va clas­se diri­gen­te, che non sarà bla­so­na­ta come quel­la che meri­ta spa­zio sui gior­na­li ma non è cer­to quel­la che tra una nostal­gia e un’analisi del­la scon­fit­ta ci ha por­ta­to al pun­to in cui sia­mo.

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