Per una riforma che sia strumento di democrazia

Nella prassi del processo le ingiustizie e le discriminazioni si cristallizzano. Corrotti e corruttori, utilizzatori di risorse pubbliche per fini privati sono i più forti. All’altro estremo i poveri e i disagiati. E’ come avere due processi penali diversi. Pensiamo per esempio agli immigrati: arresto, convalida, rapida discussione e condanna. E stiamo parlando di un “reato” che potrebbe non esserlo nella sua accezione sostanziale. Per altri invece abbiamo processi ultra garantiti e lunghissimi. Il processo rimane tecnica mentre il diritto sostanziale dovrebbe mantenere la sua funzione di interpretazione della realtà e delle condotte umane alla luce del diritto. Il processo dovrebbe quindi mantenere funzione di strumento di democrazia per ristabilire la verità in nome del popolo.

A nul­la è val­sa la pro­te­sta dei pena­li­sti ita­lia­ni di fron­te alla scel­ta di por­re la fidu­cia sul DDL sul pro­ces­so pena­le. Il dibat­ti­to demo­cra­ti­co ha fini­to comun­que per resta­re sacri­fi­ca­to dal­la neces­si­tà di supe­ra­re con­flit­ti di natu­ra poli­ti­ca, che dif­fi­cil­men­te si sareb­be­ro com­po­sti vista la natu­ra schi­zo­fre­ni­ca del DDL su prin­ci­pi e garanzie.

Le diver­se con­trad­di­zio­ni con­te­nu­te nel prov­ve­di­men­to di rifor­ma sono evi­den­te­men­te il frut­to di un approc­cio segna­to dal­la man­can­za di un dise­gno orga­ni­co e dal­la tota­le assen­za di una idea di pro­ces­so. Sot­to cer­ti aspet­ti, si pen­si per esem­pio alla pre­scri­zio­ne, appa­re più rispon­den­te all’esigenza di dare rispo­ste agli umo­ri che al pro­ble­ma rea­le in tut­ta la sua com­ples­si­tà.

In effet­ti, rim­bom­ba­no anco­ra le paro­le del­la giu­di­ce di Cor­te d’Appello di Tori­no che, doven­do pro­scio­glie­re il vio­len­ta­to­re di una bam­bi­na (ancor­ché con­dan­na­to a 12 anni in pri­mo gra­do) per inter­ve­nu­ta pre­scri­zio­ne dopo 20 anni, ha det­to: “que­sto è un caso in cui biso­gna chie­de­re scu­sa al popo­lo ita­lia­no”. E in effet­ti, per tut­ti, quel­la bam­bi­na, che ora è una don­na, ha subi­to vio­len­za due vol­te: pri­ma dal suo aguz­zi­no e poi dal siste­ma giu­di­zia­rio di un Pae­se che ha la pre­te­sa di defi­nir­si civile.

Son sto­rie e paro­le che col­pi­sco­no. Che inge­ne­ra­no nei cit­ta­di­ni la disil­lu­sio­ne e la sfi­du­cia per­si­no nei con­fron­ti del­la giu­sti­zia. Come è sta­to anche per la sen­ten­za Eter­nit. Faci­le così che il tema del­la pre­scri­zio­ne diven­ti di imme­dia­ta per­ce­zio­ne e ogget­to di cam­pa­gna mediatica.

Tut­to com­pren­si­bi­le. Un siste­ma giu­di­zia­rio che non rie­sce a dare rispo­ste alla doman­da di giu­sti­zia inge­ne­ra sfi­du­cia su tut­to il siste­ma Paese.

Ma, da ope­ra­to­ri del dirit­to, da diret­ti inter­lo­cu­to­ri (o alme­no aspi­ran­ti tali), non pos­sia­mo dimen­ti­ca­re il ruo­lo di respon­sa­bi­li­tà affi­da­to ai pro­fes­sio­ni­sti del siste­ma pena­le ita­lia­no, che si eser­ci­ta prin­ci­pal­men­te nel pro­va­re a ripor­ta­re la discus­sio­ne in un ambi­to più razio­na­le e meno con­fu­so di quel­lo che ci vie­ne proposto.

E’ indub­bio che, da quan­do è sta­to inse­ri­to nell’art. 111 del­la Costi­tu­zio­ne il prin­ci­pio del­la ragio­ne­vo­le dura­ta del pro­ces­so, si è con­fe­ri­ta digni­tà nor­ma­ti­va anche al para­me­tro cro­no­lo­gi­co. Dun­que un pro­ces­so che duri oltre la ragio­ne­vo­lez­za non è più con­for­me ai prin­ci­pi costi­tu­zio­na­li che rego­la­no la giu­ri­sdi­zione.

Ma può basta­re allun­ga­re i tem­pi del­la pre­scri­zio­ne così, sem­pli­ce­men­te, come fa il pro­get­to di rifor­ma? Pip­po Civa­ti ave­va affer­ma­to subi­to che non sareb­be basta­to sol­tan­to allun­ga­re i ter­mi­ni o sospen­de­re la pre­scri­zio­ne dopo la sen­ten­za. Biso­gna­va tro­va­re equi­li­brio tra spe­di­tez­za e pon­de­ra­tez­za sen­za sacri­fi­ca­re le garan­zie e assi­cu­ran­do la cer­tez­za del dirit­to. E all’esigenza di dare cer­tez­za al dirit­to guar­da­va la sua pro­po­sta di inter­rom­pe­re la pre­scri­zio­ne dopo l’esercizio dell’azione pena­le, espli­ci­ta­ta ne “La con­di­zio­ne neces­sa­ria” e rima­sta inascoltata.

“Una vol­ta che si è deci­so di pro­ce­de­re nei con­fron­ti di una per­so­na e che que­sta è sta­ta rin­via­ta a giu­di­zio, l’interesse si è mani­fe­sta­to e il pro­ces­so dev’essere por­ta­to fino in fon­do: nell’interesse del­le vit­ti­me e degli impu­ta­ti, ma anche nell’interesse dei magi­stra­ti e dell’ordinamento giudiziario.” 

Una rivo­lu­zio­ne non da poco, direi. Ma non disor­ga­ni­ca. Per­ché lega­ta, nel­la pro­po­sta di Civa­ti, all’introduzione di stru­men­ti atti a garan­ti­re la ragio­ne­vo­le dura­ta del pro­ces­so pena­le sen­za tut­ta­via con­dur­re all’estinzione del rea­to. E, anco­ra, alla neces­si­tà di inve­sti­re sul ser­vi­zio giu­sti­zia desti­nan­do più risor­se, razio­na­liz­zan­do la loro allo­ca­zio­ne e dan­do tra­spa­ren­za e cen­tra­li­tà al Fon­do Uni­co Giustizia.

Si può garan­ti­re la ragio­ne­vo­le dura­ta del pro­ces­so andan­do a spul­cia­re tut­te quel­le cose che dila­ta­no i tem­pi per cau­se di inef­fi­cien­ze, inve­sten­do mag­gior­men­te nel­la infor­ma­tiz­za­zio­ne e nel­la for­ma­zio­ne oltre che in una mag­gio­re orga­niz­za­zio­ne degli uffi­ci giudiziari.

A comin­cia­re dal­le sedi del Sud dove il pro­ces­so pena­le dura più che nel­le sedi del Nord anche a cau­sa del­la vacan­za siste­ma­ti­ca degli uffi­ci del­la magi­stra­tu­ra inqui­ren­te e giu­di­can­te. Nel pri­mo caso l’effetto è qua­si sem­pre il ral­len­ta­men­to del­la fase di inda­gi­ne e nel secon­do la con­se­guen­za è spes­so quel­la di dover cele­bra­re ex novo il pro­ces­so per il rin­no­vo del dibattimento.

Le situa­zio­ni sono mol­to varie­ga­te e cer­to non oppor­tu­na­men­te inda­ga­te se si evi­ta il con­fron­to con chi il siste­ma giu­sti­zia lo pra­ti­ca e lo vive ogni giorno.

Se l’esigenza è quel­la di assi­cu­ra­re che il pro­ces­so pena­le dia risul­ta­ti il più pos­si­bi­le pros­si­mi a un’idea di giu­sti­zia, la rispo­sta non può esse­re quel­la sbri­ga­ti­va del DDL, per di più se si sot­trae al dibat­ti­to il voto su una rifor­ma nel­la deli­ca­ta mate­ria del pro­ces­so pena­le, che coin­vol­ge le garan­zie di liber­tà costi­tu­zio­na­li di ogni cittadino.

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