Quale scuola per il futuro? – Dalle “competenze” alle “capabilities”

Rice­via­mo e dia­mo voce alla rispo­sta che un geni­to­re ha dato al con­tri­bu­to di Daf­ne Mure sul tema del­la riap­pro­pria­zio­ne del­la paro­la “com­pe­ten­za” nel­la scuola.
Per par­te­ci­pa­re al dibat­ti­to su que­sto e sugli altri con­tri­bu­ti del­la cam­pa­gna #Alla­ba­se­la­Scuo­la scri­vi a scuola@possibile.com.


Ho tro­va­to mol­to inte­res­san­te il dibat­ti­to che Daf­ne Murè ha lan­cia­to sull’uso del ter­mi­ne “com­pe­ten­za” nel­la scuola.

Vi scri­vo per rispon­der­le, per­ché il suo con­tri­bu­to ci per­met­te di affron­ta­re una del­le doman­de che trop­po spes­so nel dibat­ti­to pub­bli­co rima­ne ine­va­sa: a cosa ser­ve la scuola?

A me pare che in que­sto momen­to in cui su tan­ti fron­ti abbia­mo biso­gno di ripar­ti­re da zero, que­sta sia una del­le doman­de che dav­ve­ro dob­bia­mo far­ci. Giu­sto un paio di cen­ni storici:

La scuo­la ita­lia­na post-uni­ta­ria, a par­ti­re dal­la rifor­ma Casa­ti ed inclu­den­do le suc­ces­si­ve rifor­me Cop­pi­no e Orlan­do, si dava come obiet­ti­vo quel­lo di costrui­re un siste­ma sco­la­sti­co nazio­na­le cen­tra­liz­za­to e sepa­ra­to da quel­lo reli­gio­so fino ad allo­ra pre­va­len­te e di fare usci­re dall’analfabetismo un inte­ro pae­se (non­ché, aggiun­ge­rei io, giu­sti­fi­ca­re anche eti­ca­men­te l’ordine socia­le del momento).

La scuo­la del­la rifor­ma gen­ti­lia­na (defi­ni­ta da Mus­so­li­ni “la più fasci­sta del­le rifor­me”) sem­bra­va rispon­de­re inve­ce alla neces­si­tà di for­gia­re una iden­ti­tà nazio­na­le di fat­to pri­ma ine­si­sten­te, e intro­du­ce infat­ti una for­te enfa­si sul­la lin­gua ita­lia­na (mar­gi­na­liz­zan­do le comu­ni­tà ger­ma­no­fo­ne e sla­vo­fo­ne) e ripri­sti­nan­do l’insegnamento del­la reli­gio­ne cattolica.

Dal dopo-guer­ra e fino ad oggi, la scuo­la ha cer­ca­to l’equilibrio tra una spin­ta all’apertura a vol­te pro­fon­da­men­te rivo­lu­zio­na­ria (a par­ti­re dall’esperienza di Don Mila­ni del­la scuo­la di Bar­bia­na, ma anche l’importanza posta ai pri­mi anni di svi­lup­po del bam­bi­no con l’istituzione del­la scuo­la mater­na sta­ta­le; o la rifor­ma uni­ver­si­ta­ria post ses­san­tot­ti­na) e un’altra spin­ta che potrem­mo defi­ni­re uti­li­ta­ri­sta in cui sem­bra che l’unico sco­po del­la scuo­la sia quel­lo di ali­men­ta­re il mer­ca­to del lavoro.

Le rifor­me più recen­ti, dal­la Morat­ti, alla Gel­mi­ni, fino alla 107 mi pare si inscri­va­no tut­te in que­sta ulti­ma pro­spet­ti­va tut­ta vol­ta alla costru­zio­ne di un “capi­ta­le uma­no” che sap­pia fare fron­te alle neces­si­tà del mer­ca­to e dell’economia. In que­sta logi­ca si inse­ri­sce il dibat­ti­to sul­le com­pe­ten­ze, inte­se come prin­ci­pa­le stru­men­to per l’accrescimento del capi­ta­le uma­no da cui deri­va l’enfasi posta sul­la valu­ta­zio­ne che ideal­men­te ser­ve pro­prio a misu­ra­re l’aumento di valo­re del capi­ta­le uma­no e aumen­tar­ne la spen­di­bi­li­tà nel mon­do del lavoro.

Dal­le “com­pe­ten­ze” alle “capa­bi­li­ties

Inve­ce che con­cen­trar­ci sul­le com­pe­ten­ze potrem­mo inve­ce lasciar­ci ispi­ra­re dal “Capa­bi­li­ty Approach” , svi­lup­pa­to da Amar­tya Sen nel cam­po del­lo svi­lup­po e adat­tar­lo alla scuo­la. In “Deve­lo­p­ment as Free­dom”.

Sen sostie­ne in modo con­vin­cen­te, che obiet­ti­vo e stru­men­to del­lo svi­lup­po dovreb­be esse­re la libertà. 

Lo svi­lup­po infat­ti non può esse­re con­si­de­ra­to come sem­pli­ce cre­sci­ta eco­no­mi­ca, ma piut­to­sto come rag­giun­gi­men­to di tut­te le liber­tà indi­vi­dua­li e socia­li che per­met­to­no alle sin­go­le per­so­ne di poter ave­re una vita sod­di­sfa­cen­te e che con­sen­ta a cia­scu­no di per­se­gui­re le pro­prie aspirazioni.

Sen defi­ni­sce la man­can­za di svi­lup­po come man­can­za di liber­tà e rico­no­sce allo stes­so tem­po la pos­si­bi­li­tà di rag­giun­ge­re le liber­tà indi­vi­dua­li come fon­da­men­ta­li per il rag­giun­gi­men­to anche del­lo svi­lup­po eco­no­mi­co e più in gene­ra­le del benes­se­re del­la società.

L’enfasi è quin­di posta sul­le per­so­ne e le capa­bi­li­ties sono iden­ti­fi­ca­te come l’insieme di capa­ci­tà e facol­tà di cui gli indi­vi­dui dovreb­be­ro dotar­si per otte­ne­re tali liber­tà.

La pos­si­bi­li­tà di ope­ra­re scel­te è ciò che ren­de effet­ti­va­men­te libe­ri e le capa­bi­li­ties di cui dovrem­mo dotar­ci sono per­ciò quel­le che pos­sa­no aiu­ta­re a rag­giun­ge­re tali liber­tà come per esem­pio quel­la del pen­sie­ro cri­ti­co, del­la crea­ti­vi­tà, del­la capa­ci­tà di col­la­bo­ra­re in squa­dra, quel­la di poter pro­va­re empa­tia, di poter­si espri­me­re pub­bli­ca­men­te, di sape­re affer­ma­re le pro­prie posi­zio­ne nel rispet­to di quel­le degli altri, quel­la del­la curio­si­tà e così via.

L’aspetto più con­vin­cen­te del­la trat­ta­zio­ne di Amar­tya Sen è pro­prio l’effetto posi­ti­vo che le liber­tà indi­vi­dua­li avreb­be­ro anche sul­la socie­tà nel suo insieme. 

Non è met­ten­do la scuo­la a ser­vi­zio del mer­ca­to che otter­rem­mo il meglio per le per­so­ne, ma ribal­tan­do il con­cet­to: met­ten­do al cen­tro le per­so­ne avrem­mo effet­ti posi­ti­vi anche sul mer­ca­to e la società.

Come tan­ti, per­so­nal­men­te subi­sco mol­to il fasci­no del siste­ma sco­la­sti­co fin­lan­de­se. Non cre­do che sia l’unico model­lo posi­ti­vo, ma mi sem­bra però che vada pro­prio in quel­la dire­zio­ne e che quin­di potreb­be esse­re un otti­mo pun­to di par­ten­za anche per una rifor­ma del nostro sistema.

La scuo­la non può fare altro che met­te­re al cen­tro gli stu­den­ti e le stu­den­tes­se, miran­do ad equi­pag­giar­li non tan­to di com­pe­ten­ze, ma di capa­bi­li­ties che li aiu­ti­no ad esse­re più libe­ri e libe­re e così facen­do ren­da­no più libe­ra tut­ta la società.

D.P.
Geni­to­re di una stu­den­tes­sa del­la Scuo­la Media Inferiore

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