Ennesima morte in carcere: il Ministro della Giustizia risponda

Dali­la si è ucci­sa appe­na dopo 4 ore dal suo ingres­so nel car­ce­re di Udi­ne.

Dali­la era una gio­va­ne tran­ses­sua­le: dove­va solo scon­ta­re una pena o una mera custo­dia cau­te­la­re, non per­de­re la vita.

Schiac­cia­to il prin­ci­pio di ugua­glian­za, per­ché una dete­nu­ta tran­ses­sua­le ha meno dirit­ti a cagio­ne del­la sua con­di­zio­ne.

Schiac­cia­to il prin­ci­pio rie­du­ca­ti­vo e riso­cia­liz­zan­te del­la pena, per­ché il car­ce­re diven­ta per alcu­ne cate­go­rie vul­ne­ra­bi­li di dete­nu­ti, come le per­so­ne tran­ses­sua­li, un luo­go di ulte­rio­re segre­ga­zio­ne, stig­ma, discri­mi­na­zio­ne.

Cal­pe­sta­to il prin­ci­pio per cui nes­su­na pena deve con­si­ste­re in un trat­ta­men­to disu­ma­no e degra­dan­te, per­ché per una tran­ses­sua­le esse­re rin­chiu­sa in una sezio­ne maschi­le del car­ce­re è di per sé una for­ma di tor­tu­ra. Una que­stio­ne allar­man­te visto che tut­te le per­so­ne tran­ses­sua­li cen­si­te sono col­lo­ca­te in Sezio­ni Maschi­li sen­za che si ten­ga in alcu­na con­si­de­ra­zio­ne la pro­pria iden­ti­tà ed espo­nen­do­le ad una serie di pro­ble­ma­ti­che e discri­mi­na­zio­ni aggiun­ti­ve rispet­to agli altri detenuti.

Il nume­ro dei sui­ci­di nel­le car­ce­ri ita­lia­ne, che è arri­va­to a quo­ta 31 dall’inizio dell’anno, è pre­oc­cu­pan­te e indi­ca­ti­vo di un siste­ma fal­li­men­ta­re e inca­pa­ce di garan­ti­re la digni­tà dei dete­nu­ti ma anche di tut­ti gli ope­ra­to­ri car­ce­ra­ri, in pri­mis del­la poli­zia penitenziaria.

La denun­cia del sin­da­ca­to SAPPE sul­la vicen­da di Udi­ne chia­ri­sce che for­se il sui­ci­dio di Dali­la si pote­va evi­ta­re: per­so­na­le insuf­fi­cien­te per una effi­ca­ce sor­ve­glian­za e un decre­to mai ema­na­to cer­ti­fi­ca­no le respon­sa­bi­li­tà del Mini­ste­ro del­la Giustizia.

La rifor­ma dell’ordinamento peni­ten­zia­rio — fino­ra osteg­gia­ta dal gover­no gial­lo-ver­de — deve neces­sa­ria­men­te esse­re l’occasione per un inter­ven­to riso­lu­ti­vo anche su que­sta deli­ca­ta mate­ria che riguar­da la digni­tà ed il rispet­to dei dirit­ti uma­ni fon­da­men­ta­li ed invio­la­bi­li del­la persona.

Vor­rem­mo sen­ti­re paro­le e impe­gni chia­ri dal nuo­vo inqui­li­no di Via Are­nu­la, per­ché oggi il car­ce­re è un luo­go in cui la Costi­tu­zio­ne muo­re e con essa tan­te, trop­pe per­so­ne.

A que­sto deve neces­sa­ria­men­te aggiun­ger­si l’impegno a con­tra­sta­re le discri­mi­na­zio­ni mul­ti­ple a cui sono sog­get­te le per­so­ne in tran­si­zio­ne in par­ti­co­la­re per quan­to riguar­da il rispet­to del­la pro­pria iden­ti­tà di gene­re in ogni ambi­to e set­to­re del­la vita pub­bli­ca, che sia in car­ce­re, negli ospe­da­li o nel­le scuo­le e università.

Davi­de Serafin
Gian­mar­co Capogna
Andrea Mae­stri

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