Per una riappropriazione della parola “competenza”

La centralità delle competenze è qualcosa di molto diverso da quanto gran parte della politica, generalmente ignorante di didattica, scienza, educazione legislazione e realtà scolastica, ha narrato e rappresentato in questi ultimi anni

[vc_row][vc_column][vc_column_text]La socie­tà, la scuo­la, gli inse­gnan­ti dovreb­be­ro dare l’as­sal­to tut­ti insie­me alla dili­gen­za del­le “com­pe­ten­ze”: non per far­le a pez­zi, o sbra­nar­le in un regres­so gen­ti­lia­no all’in­fi­ni­to, ma per riap­pro­priar­se­ne e rida­re final­men­te un sen­so a quel­la paro­la, raf­fred­da­ta, buro­cra­tiz­za­ta, ormai distor­ta dagli usi più diver­si e stru­men­ta­li. Negli ulti­mi anni, data in pasto a visio­ni ‘azien­da­li­sti­che’ del­la gestio­ne del­la scuo­la pub­bli­ca e del rap­por­to fra scuo­la e società.

Il dibat­ti­to sul­le com­pe­ten­ze è pre-ber­lin­gue­ria­no: cioè pre­ce­den­te alla famo­sa leg­ge sul­l’Au­to­no­mia sco­la­sti­ca (1997–99). E’ dun­que un dibat­ti­to anti­co e impor­tan­te nel­la scuo­la del Nove­cen­to, simi­le a quel­lo sul­l’u­so del ter­mi­ne “rifor­mi­smo” o a quel­lo sul­la “cri­si del­la for­ma par­ti­to” o addi­rit­tu­ra a quel­lo sul­la “par­ti­to­cra­zia” (ter­mi­ne che risa­le al lon­ta­no 1946). Il con­cet­to di com­pe­ten­za’ ha un’o­ri­gi­ne nobi­le, intri­sa di sto­ria del­la cul­tu­ra didat­ti­ca e del­l’e­du­ca­zio­ne, non estra­nea nep­pu­re ad alcu­ne com­po­nen­ti del­l’im­pian­to cosid­det­to ‘gen­ti­lia­no’: a quan­to di idea­li­sti­co c’è in Gen­ti­le ripu­gne­reb­be infat­ti ogni nozio­ni­smo, se dav­ve­ro la con­trap­po­si­zio­ne è dive­nu­ta o è anco­ra quel­la fra ‘nozio­ni­smo’ e ‘com­pe­ten­ze’.

La que­stio­ne del­la cen­tra­li­tà del­le com­pe­ten­ze non può tra­sfor­mar­si in una kul­tur­kam­pf fra vec­chio e nuo­vo, fra pas­sa­to e futu­ro, sen­za rea­le ogget­to. Come­nio, nel­la Gran­de Didat­ti­ca (1657) dice­va: «Istrui­re bene la gio­ven­tù non vuol dire infar­ci­re le men­ti di una far­ra­gi­ne di paro­le, fra­si, sen­ten­ze, di opi­nio­ni rac­col­te dagli auto­ri, ma pro­cu­ra­re l’in­tel­li­gen­za del­le cose, cosic­ché da que­sta sca­tu­ri­sca­no come da fon­te ruscel­li e spun­ti­no come gem­me degli albe­ri, foglie, fio­ri, frut­ti». Furo­no paro­le rivo­lu­zio­na­rie in Età moder­na, che nes­su­no dovreb­be met­te­re in discus­sio­ne, né Gen­ti­le né la cosid­det­ta “didat­ti­ca per com­pe­ten­ze”. Lo stes­so vale per mol­ti pas­sag­gi de L’E­mi­lio di Rous­seau, le com­mo­ven­ti descri­zio­ni dei pro­gres­si del pic­co­lo ver­so l’au­to­no­mia, nel sape­re e nel saper fare.

In que­sto sen­so, essen­zia­le è comin­cia­re a ragio­na­re insie­me, sen­za reto­ri­ca. Una reto­ri­ca del­le com­pe­ten­ze pio­vu­ta dal­l’al­to, stru­men­ta­le, spes­so pri­va di con­te­nu­ti e mai accom­pa­gna­ta da risor­se, tal­vol­ta con il ricat­to ‘euro­pei­sta’, ha sfi­ni­to e con­trap­po­sto docen­ti, ope­ra­to­ri, crea­to con­te­se poli­ti­co-media­ti­che e incen­dia­to cam­pa­gne elet­to­ra­li. Dal­l’Eu­ro­pa giun­ge­va­no inve­ce, accan­to alla cen­tra­li­tà del­le com­pe­ten­ze, chia­re indi­ca­zio­ni sul­la neces­si­tà di inve­sti­men­ti strut­tu­ra­li nel­la scuola.

Nel con­te­sto del­la reto­ri­ca che ha accom­pa­gna­to rifor­me e inter­ven­ti in Ita­lia a pre­scin­de­re dal­la con­si­sten­za scien­ti­fi­co-cul­tu­ra­le e dal­le effet­ti­ve esi­gen­ze del siste­ma sco­la­sti­co, il discor­so sul­le com­pe­ten­ze si è risol­to trop­po di fre­quen­te in un aggra­vio buro­cra­ti­co a cari­co del­lo stes­so siste­ma di valu­ta­zio­ne: non se ne è auten­ti­ca­men­te limi­ta­to l’ar­bi­trio né si è posto argi­ne al cosid­det­to nozio­ni­smo, all’at­ti­tu­di­ne mne­mo­ni­ca e ripro­dut­ti­va rispet­to a con­te­nu­ti e sape­ri, anti­chi e nuo­vi. Ha spes­so demo­ti­va­to inse­gnan­ti e stu­den­ti ver­so sape­re e appren­di­men­to, con­tri­bui­to a spac­ca­re col­la­bo­ra­zio­ne e comu­ni­ca­zio­ne anzi­ché favorirla.

La reto­ri­ca ha con­fu­so i ter­mi­ni del pro­ble­ma, gli slo­gan, le Gri­da di bat­ta­glia di cui par­la­va il Pre­mio Nobel Canet­ti in Mas­sa e pote­re. Len­ta­men­te e sur­ret­ti­zia­men­te ha con­fu­sosape­ri” con “nozio­ni”, “nozio­ni” con “cono­scen­ze”, oppo­sto cono­scen­ze” a “com­pe­ten­ze” sen­za media­zio­ne, in nome del cam­bia­men­to o, all’op­po­sto, del­la tra­di­zio­ne. La let­te­ra­tu­ra didat­ti­ca intan­to pene­tra­va in modo acri­ti­co e uni­la­te­ra­le den­tro il lin­guag­gio sco­la­sti­co-buro­cra­ti­co, che si gon­fia­va di ter­mi­no­lo­gie sem­pre più lon­ta­ne dal­la com­pren­sio­ne del­le per­so­ne e per­fi­no degli addet­ti ai lavo­ri. Lon­ta­ne dal­la real­tà e dagli osta­co­li che la real­tà impo­ne, quan­do man­ca­no risor­se e spa­zi e mez­zi per agi­re, se man­ca un qua­dro coe­ren­te e uni­ta­rio.

La reto­ri­ca non ha scal­fi­to la dipen­den­za dal voto, spes­so inte­so come sem­pli­ce misu­ra­zio­ne. Fetic­cio ormai per inte­re gene­ra­zio­ni, ha acui­to vis­su­ti d’an­sia, logi­che per­for­ma­ti­ve e com­pe­ti­ti­ve, e cer­ta­men­te non ha inci­so su quel disa­gio gio­va­ni­le tra­sver­sa­le (ma anche in buo­na misu­ra ‘clas­si­sta’) cui la socie­tà e la scuo­la non rie­sce a rispon­de­re. In que­sto caso, l’am­bi­gui­tà del mon­do adul­to esal­ta, da un lato, la com­pe­ten­za come valo­riz­za­zio­ne del­le atti­tu­di­ni e dei biso­gni indi­vi­dua­li, dal­l’al­tro stan­dar­diz­za le com­pe­ten­ze stes­se, in una osses­sio­ne clas­si­fi­ca­to­ria che vor­reb­be garan­ti­re “qua­li­tà per tut­ti” e “meri­to”: in real­tà diso­rien­ta, allon­ta­na e para­liz­za.

La reto­ri­ca e il lin­guag­gio buro­cra­ti­co non han­no alte­ra­to ma spes­so rin­for­za­to quel dive­ni­rediplo­mi­fi­cio’ che si impu­ta da sem­pre alla scuo­la, come vizio capi­ta­le con­tro cui pro­por­re la pro­pria ricet­ta inno­va­ti­va e rifor­mi­sti­ca. Han­no esal­ta­to di vol­ta in vol­ta ele­men­ti dif­fe­ren­ti, in ritar­do rispet­to alla stes­sa evo­lu­zio­ne del dibat­ti­to inter­na­zio­na­le: dal­la que­stio­ne del­le com­pe­ten­ze lin­gui­sti­che o digi­ta­li, all’in­gle­se, alla ste­ri­le oppo­si­zio­ne fra aree uma­ni­sti­che e aree tec­ni­co-scien­ti­fi­che, alla bagar­re sul­la fun­zio­ne didat­ti­ca vir­tuo­sa e ogget­ti­van­te del­la “for­ma test”, d’o­gni spe­cie. We don’t teach to test, la pro­te­sta degli inse­gnan­ti ame­ri­ca­ni già all’i­ni­zio del Ven­tu­ne­si­mo secolo.

In sin­te­si, entro la pura reto­ri­ca in cui è sta­ta usa­ta, quel­la ter­mi­no­lo­gia sem­bra aver nuo­ciu­to a se stes­sa, come fos­se una neo­lin­gua uti­le sol­tan­to al tec­ni­co o al poli­ti­co che è in gra­do di mani­po­lar­la a pro­prio uso e con­su­mo. Biso­gna tor­na­re indie­tro, allo­ra, cioè biso­gna anda­re oltre.

Che cos’è la com­pe­ten­za? Cosa sono le “com­pe­ten­ze”, al di là del­le decli­na­zio­ni tec­ni­che dei qua­dri e del­la nor­ma­ti­va euro­pea di rife­ri­men­to, al di là del­le Indi­ca­zio­ni per il cur­ri­co­lo del Mini­stro Gel­mi­ni, al di là del­le elen­ca­zio­ni e dei con­ti­nui richia­mi nei docu­men­ti del­le rifor­me, nel­le cir­co­la­ri mini­ste­ria­li, nei dibat­ti­ti tele­vi­si­vi, nel­le ‘tem­pe­ste’ sui social, negli eser­ci­zi dei nuo­vi libri di testo, negli aggior­na­men­ti offer­ti dal mer­ca­to cul­tu­ra­le, nei nuo­vi pos­si­bi­li stru­men­ti digi­ta­li? Sopra ogni cosa, come rea­liz­zar­le, in qua­li situa­zio­ni, con­te­sti, secon­do qua­li prospettive? 

Che ini­zi un dibat­ti­to serio. La didat­ti­ca per com­pe­ten­ze o meglio la cen­tra­li­tà del­le com­pe­ten­ze e la pos­si­bi­li­tà stes­sa di met­ter­le al cen­tro è altra cosa da ciò che è avve­nu­to dopo il 1999: nono­stan­te le sue pro­fon­de cri­ti­ci­tà, la leg­ge sul­l’Au­to­no­mia sco­la­sti­ca è sta­ta oltre­tut­to lascia­ta in balia di se stes­sa. La cen­tra­li­tà del­le com­pe­ten­ze è qual­co­sa di mol­to diver­so da quan­to gran par­te del­la poli­ti­ca, gene­ral­men­te igno­ran­te di didat­ti­ca, scien­za, edu­ca­zio­ne legi­sla­zio­ne e real­tà sco­la­sti­ca, ha nar­ra­to e rap­pre­sen­ta­to in que­sti ulti­mi anni: è tut­ta da rea­liz­za­re, da spe­ri­men­ta­re e ana­liz­za­re, al di fuo­ri di ingiun­zio­ni poli­ti­che, buro­cra­ti­che o for­mu­le sal­vi­fi­che, con risor­se, stru­men­ti, buon sen­so, rispet­to, civil­tà e collaborazione.

Non sap­pia­mo e non pos­sia­mo defi­ni­re in due paro­le quel­l’enor­me cam­po e dibat­ti­to che è ad oggi la que­stio­ne del­le com­pe­ten­ze e del pas­sag­gio dal­l’ap­pren­di­men­to alla com­pe­ten­za. Non ne sarem­mo nep­pu­re capa­ci. Un esem­pio ripor­ta­to da Ber­nard Rey può solo esse­re di sti­mo­lo per ini­zia­re a par­lar­ne seria­men­te. La mag­gior par­te dei bam­bi­ni (set­te anni di età, Bel­gio, 2012) ha dif­fi­col­tà a risol­ve­re il seguen­te pro­ble­ma a loro sot­to­po­sto: il pic­co­lo Vic­tor ha 7 euro. Vuo­le com­prar­si un gio­cat­to­lo che costa 12 euro. Quan­to dena­ro deve chie­de­re ai suoi geni­to­ri? Lo stu­dio­so osser­va: «In que­sto sem­pli­ce pro­ble­ma si trat­ta per gli alun­ni di rico­no­sce­re qua­le fra le pro­ce­du­re che han­no auto­ma­tiz­za­to sia la più indi­ca­ta. E in que­sto non vi è nul­la di evi­den­te, soprat­tut­to se la sot­tra­zio­ne è sta­ta pre­sen­ta­ta come ope­ra­zio­ne che con­si­ste nel toglie­re un cer­to nume­ro di ogget­ti da un insie­me. Infat­ti, se non si dispo­ne che di una tale rap­pre­sen­ta­zio­ne del­la sot­tra­zio­ne è dif­fi­ci­le vede­re per­ché potreb­be esse­re oppor­tu­no met­ter­la in atto in que­sto pro­ble­ma: Vic­tor non ha evi­den­te­men­te nul­la da sot­trar­re, ma al con­tra­rio deve aggiun­ger­vi qual­che cosa. Per esse­re com­pe­ten­ti in un domi­nio occor­re dispor­re di un cer­to nume­ro di “risor­se” fra le qua­li in pri­mo luo­go pro­ce­du­re auto­ma­tiz­za­te. Ma ciò non è suf­fi­cien­te».

La “com­pe­ten­za” quin­di, per­si­no alla luce dei suoi teo­ri­ci, non potrà mai esse­re né vuo­to di cono­scen­za né sem­pli­ce adde­stra­men­to: «una testa ben fat­ta», dice­va Edgar Morin.

Daf­ne Murè, comi­ta­to Scuo­la di Pos­si­bi­le[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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