Lega 5 Stelle, il cocktail di contraddizioni: dietro il “cambiamento” c’è la destra leghista

Un cocktail, uscito male, servito sul tavolo estivo degli italiani. Grandi opere, legittima difesa, spese militari: un intruglio di contraddizioni e di promesse tradite che non porta giovamento al Paese

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Un cock­tail, usci­to male, ser­vi­to sul tavo­lo esti­vo degli ita­lia­ni. Gran­di ope­re, legit­ti­ma dife­sa, spe­se mili­ta­ri: un intru­glio di con­trad­di­zio­ni e di pro­mes­se tra­di­te che non por­ta gio­va­men­to al Pae­se. Pro­du­cen­do un dop­pio effet­to: aumen­ta­re il tas­so di inaf­fi­da­bi­li­tà e spo­sta­re l’asse del gover­no sem­pre più a destra, con il Movi­men­to che cede su tut­ti i fron­ti. Il gover­no Lega 5 Stel­le si con­fer­ma quin­di un espe­ri­men­to che con­di­vi­de solo lo sti­le di slo­gan urla­ti, sem­pli­fi­ca­ti, e la richie­sta di “mas­si­ma dif­fu­sio­ne” sui social. Il resto, dichia­ra­zio­ni alla mano, è un mix di con­trap­po­si­zio­ni, che alla fine vede il Movi­men­to capi­to­la­re di fron­te ai dik­tat dell’alleato, la Lega di Mat­teo Sal­vi­ni. Die­tro il “cam­bia­men­to”, dun­que, c’è la destra. Quel­la fero­ce, quel­la leghista.

Le pri­me avvi­sa­glie sono arri­va­te con la mar­cia indie­tro inne­sta­ta dal­la mini­stra del­la Dife­sa, Eli­sa­bet­ta Tren­ta, sul­le spe­se mili­ta­ri. E in par­ti­co­la­re sugli F‑35. La nuo­va for­mu­la magi­ca, inau­gu­ra­ta pro­prio da Tren­ta, è “ana­li­si costi-bene­fi­ci”. Nien­te più can­cel­la­zio­ne del pro­gram­ma come annun­cia­to: si va avan­ti, come pre­te­so dai leghi­sti, che in mate­ria di disar­mo non sem­bra­no pro­pria­men­te inten­zio­na­ti ad asse­con­da­re il paci­fi­smo dei 5 Stel­le, sban­die­ra­to nei pri­mi anni di vita all’op­po­si­zio­ne. In que­sto caso nem­me­no è sta­to neces­sa­rio che Sal­vi­ni faces­se sen­ti­re la sua voce: il pas­so indie­tro è sta­to automatico.

Poi è toc­ca­to a un altro tema scot­tan­te, inse­ri­to addi­rit­tu­ra nel fami­ge­ra­to con­trat­to di gover­no: l’allargamento del­le maglie del­la legit­ti­ma dife­sa. Una rifor­ma che cela un anti­co sogno sal­vi­nia­no: la mag­gio­re dif­fu­sio­ne di armi nel­le case degli ita­lia­ni, così come avvie­ne in Sviz­ze­ra. Anche in que­sto caso il vice­pre­si­den­te del Con­si­glio, Lui­gi Di Maio, ha dimen­ti­ca­to quan­to pro­mes­so insie­me al suo (ex?) soda­le, Ales­san­dro Di Bat­ti­sta: dimi­nui­re la dispo­ni­bi­li­tà di pisto­le e fuci­li nel­le case dei cittadini.

Come pre­ve­di­bi­le, in segui­to, la discus­sio­ne è sta­ta spo­sta­ta su quel­la che per il M5S era la madre di tut­te le bat­ta­glie: lo stop ai lavo­ri del­la Tav. Il mini­stro del­le Infra­strut­tu­re, Dani­lo Toni­nel­li, ha det­to tut­to e il con­tra­rio di tut­to: pri­ma ha tro­va­to ripa­ro sot­to la for­mu­la “ana­li­si costi-bene­fi­ci”, dopo poche ore — sot­to la pres­sio­ne dei No Tav e di Pos­si­bi­le con Giu­sep­pe Civa­ti — ha cor­ret­to il tiro, mostran­do i musco­li: “Nes­su­no deve azzar­dar­si a fir­ma­re nul­la ai fini dell’avanzamento del­l’o­pe­ra. Lo con­si­de­re­re­mo come un atto osti­le. Que­sto gover­no, sta­te­ne cer­ti, ha mes­so fine alle man­gia­to­ie e ai comi­ta­ti d’af­fa­ri. Le ope­re si fan­no se ser­vo­no ai cit­ta­di­ni, non a chi le costrui­sce”. Paro­le che però sono sta­te smi­nui­te dal deus ex machi­na del gover­no, Gian­car­lo Gior­get­ti: “Tap e Tav sono ope­re fon­da­men­ta­li che si faran­no”. In linea con il suo lea­der Sal­vi­ni che ha garan­ti­to che i lavo­ri andran­no avanti.

Così entra in sce­na il Tap, il gasdot­to che dovreb­be arri­va­re in Salen­to. La mini­stra per il Sud, Bar­ba­ra Lez­zi, ha dovu­to bere l’amaro cali­ce del­la con­te­sta­zio­ne per la man­ca­ta pro­mes­sa sul­lo stop all’opera: il Movi­men­to, con Bep­pe Gril­lo e l’immancabile Di Bat­ti­sta, era sali­to sul­le bar­ri­ca­te, garan­ten­do di fer­ma­re tut­to appe­na arri­va­ti al gover­no. Sareb­be­ro basta­ti 15 gior­ni, dice­va­no. Di gior­ni ne sono pas­sa­ti mol­ti di più e l’unico cam­bia­men­to regi­stra­to è quel­lo del­le idee: al momen­to di tra­dur­le in pra­ti­ca, si sono sgon­fia­te come pal­lon­ci­ni di pro­pa­gan­da buca­ti. E infi­ne arri­va l’ultimo col­po ai 5 Stel­le: la rein­tro­du­zio­ne del­le ele­zio­ni per le Pro­vin­ce. La Lega, con una pro­po­sta di leg­ge sot­to­scrit­ta anche da Sal­vi­ni e dall’altro mini­stro Cen­ti­na­io, chie­de di nuo­vo di poter vota­re per gli Enti indi­ca­ti per anni come uno spre­co. Tan­to che i 5 Stel­le, nel 2014, ne chie­de­va­no una rea­le sop­pres­sio­ne per un rispar­mio sti­ma­to di 2 miliar­di di euro. Ora, in que­ste con­trad­di­zio­ne sha­ke­ra­te del gover­no del cam­bia­nien­te, biso­gne­rà spie­ga­re come si può con­vi­ve­re con chi vuo­le rie­su­ma­re le Pro­vin­ce. E ren­der­le esat­ta­men­te come pri­ma: ele­zio­ni com­pre­se. Insom­ma, il cock­tail sem­bra ave­re sem­pre più un retro­gu­sto ama­ro per il Movi­men­to. Un sapo­re di destra desti­na­to ad avver­tir­si anco­ra di più con la pros­si­ma Leg­ge di Bilan­cio.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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