Contro i miti del razzismo e della xenofobia italiana

Il razzismo e la xenofobia italiana fondano la loro diffusione su una serie di falsi miti. Conviene elencarne alcuni, tanto per smontarli un po’. Per una semplice, civile presa d’atto.

Il raz­zi­smo e la xeno­fo­bia ita­lia­na fon­da­no la loro dif­fu­sio­ne su una serie di fal­si miti. Con­vie­ne elen­car­ne alcu­ni, tan­to per smon­tar­li un po’.

Ci ven­go­no a ruba­re il lavoro!

Non sol­tan­to non è vero, ma sen­za di essi crol­le­reb­be gran par­te dell’assistenza fami­lia­re pri­va­ta, mol­ti anzia­ni rimar­reb­be­ro soli, la nostra agri­col­tu­ra ne ver­reb­be dan­neg­gia­ta, le poche fab­bri­che anco­ra aper­te rischie­reb­be­ro di chiu­de­re per penu­ria di manodopera.

Ci abbas­sa­no i salari!

Non sareb­be vero nem­me­no se aves­se­ro una capa­ci­tà di orga­niz­za­zio­ne tale da fare sin­da­ca­to al ribas­so. Secon­do la Walk Free Foun­da­tion, nel 2015 in Ita­lia c’erano 130mila per­so­ne in con­di­zio­ne di schia­vi­tù: lavo­ra­to­ri e lavo­ra­tri­ci al ser­vi­zio, a costo zero, del siste­ma pro­dut­ti­vo ita­lia­no. Que­sto per­ché un pez­zo rile­van­te del mer­ca­to del lavo­ro ita­lia­no si muo­ve nel cam­po dell’illegalità, del­lo sfrut­ta­men­to e del caporalato.

Ci costa­no troppo!

Al con­tra­rio, i rego­la­ri paga­no tas­se che con­sen­to­no all’Inps di non sal­ta­re a gam­be per aria. Gli irre­go­la­ri, per il solo fat­to di esse­re anche dei con­su­ma­to­ri (un caf­fè dovran­no pur com­prar­lo, ogni tan­to) dan­no un soste­gno all’economia nazio­na­le. Tut­to que­sto men­tre parec­chi ita­lia­ni eva­do­no tas­se per oltre cen­to miliar­di di euro l’anno.

Abbia­mo già tan­ti pro­ble­mi noi qui!

Pec­ca­to che gran par­te dei pro­ble­mi che loro han­no nei loro Pae­si sono sta­ti cau­sa­ti dal­le nostre poli­ti­che com­mer­cia­li, indu­stria­li e mili­ta­ri. Tra armi ven­du­te, debi­ti che loro han­no con­trat­to in modo dise­gua­le con il mon­do occi­den­ta­le e estra­zio­ne for­za­ta di mate­rie pri­me, abbia­mo impo­ve­ri­to tre quar­ti del glo­bo e ora la sto­ria ci pre­sen­ta il conto.

I nostri gio­va­ni van­no via e loro ven­go­no qui!

Chi arri­va, come chi par­te, non è gran che inte­res­sa­to a resta­re in Ita­lia, ce lo dico­no le sta­ti­sti­che e i bilan­ci demo­gra­fi­ci. Inol­tre, un Pae­se che invec­chia velo­ce­men­te come il nostro dovreb­be esse­re con­ten­to dell’arrivo di popo­la­zio­ne fre­sca e moti­va­ta. L’Italia, inve­ce, è tal­men­te chiu­sa da arri­va­re a smar­ri­re per­fi­no i mino­ri non accom­pa­gna­ti: secon­do l’Oxfam qua­si 5mila (28 al gior­no fini­ti chis­sà dove) nel solo 2015.

Por­ta­no malattie!

Qua­li? Per­ché le pro­sti­tu­te di stra­da ten­do­no ad amma­lar­si per­ché infet­ta­te dai clien­ti, che sono soprat­tut­to maschi bian­chi ita­lia­ni. Gli altri ten­do­no ad amma­lar­si per le pes­si­me con­di­zio­ni di vita in cui sono tenu­ti dal debo­le siste­ma di acco­glien­za ita­lia­no. Ad aggra­va­re la situa­zio­ne il fat­to che poche isti­tu­zio­ni offro­no ai migran­ti infor­ma­zio­ni uti­li (e tra­dot­te) per l’accesso alle strut­tu­re sanitarie.

Ser­vo­no ad arric­chi­re le cooperative!

Sono quin­di loro la cau­sa del­la cor­ru­zio­ne e del malaf­fa­re, o non sia­mo, noi ita­lia­ni, quel­li mes­si peg­gio dal pun­to di vista cri­mi­na­le nel mon­do europeo?

Sono igno­ran­ti!

Se faces­si­mo una map­pa­tu­ra dei tito­li di stu­dio dei brac­cian­ti, degli ambu­lan­ti e del­le badan­ti, tan­to per fare degli esem­pi faci­li, sco­pri­rem­mo con gran­de stu­po­re che ci sono nume­ro­si lau­rea­ti (per­fi­no in fisi­ca ed infor­ma­ti­ca!) con cui potrem­mo e dovrem­mo nutri­re il nostro siste­ma produttivo.

La cit­ta­di­nan­za non si regala!

La cit­ta­di­nan­za è un dirit­to, non una som­ma di dena­ro. Con­ce­der­la non sot­trae nul­la a chi la ha, ma esten­de la pla­tea del­la civil­tà, favo­ren­do la cre­sci­ta demo­gra­fi­ca e demo­cra­ti­ca. Anche per evi­ta­re quei ripie­ga­men­ti iden­ti­ta­ri di cui si ciba­no i nuo­vi fondamentalismi.

Solo alcu­ni esem­pi, per una sem­pli­ce, civi­le pre­sa d’atto.

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