Libia: la tragedia umanitaria che continuiamo a nascondere

«La Libia non è un porto sicuro», quindi è necessario «ogni sforzo perché venga evitato che le persone salvate nel Mediterraneo siano fatte sbarcare in Libia». A dirlo, questa volta, sono le Nazioni Unite, attraverso la firma congiunta di Unhcr (Alto commissariato per i rifugiati) e Iom (Organizzazione internazionale per le migrazioni).

[vc_row][vc_column][vc_column_text]«La Libia non è un por­to sicu­ro», quin­di è neces­sa­rio «ogni sfor­zo per­ché ven­ga evi­ta­to che le per­so­ne sal­va­te nel Medi­ter­ra­neo sia­no fat­te sbar­ca­re in Libia». A dir­lo, que­sta vol­ta, sono le Nazio­ni Uni­te, attra­ver­so la fir­ma con­giun­ta di Unh­cr (Alto com­mis­sa­ria­to per i rifu­gia­ti) e Iom (Orga­niz­za­zio­ne inter­na­zio­na­le per le migrazioni).

I numeri in Libia

Le due agen­zie, richia­man­do la stra­ge avve­nu­ta nel cen­tro di deten­zio­ne di Tajou­ra, si appel­la­no all’Unione euro­pea e all’Unione afri­ca­na per­ché con­si­de­ri­no i dirit­ti uma­ni dei migran­ti e dei rifu­gia­ti un ele­men­to cen­tra­le del loro impe­gno in Libia. «Chie­dia­mo prio­ri­ta­ria­men­te che 5.600 rifu­gia­ti e migran­ti attual­men­te dete­nu­ti in cen­tri in Libia — scri­vo­no — sia­no libe­ra­ti ed eva­cuati […] La deten­zio­ne di per­so­ne sal­va­te in mare e fat­te sbar­ca­re in Libia deve fini­re». Unh­cr e Iom sti­ma­no che in Libia sia­no pre­sen­ti 50mila rifu­gia­ti e richie­den­ti asi­lo e 800mila migran­ti. Per entram­be le cate­go­rie, scri­vo­no, «è neces­sa­rio che ven­ga­no tute­la­ti meglio i dirit­ti umani».

I salvataggi nel Mediterrano

In pas­sa­to, navi dei Pae­si euro­pei han­no con­dot­to ope­ra­zio­ni di ricer­ca e soc­cor­so nel Medi­ter­ra­neo, sal­van­do miglia­ia di vite. Per l’Italia, in par­ti­co­la­re, ricor­dia­mo l’operazione Mare Nostrum inau­gu­ra­ta dal gover­no Let­ta a segui­to del nau­fra­gio di Lam­pe­du­sa e sospe­sa dopo un anno di azio­ni: «dovreb­be­ro ripren­de­re a com­pie­re que­sto lavo­ro fon­da­men­ta­le». Unh­cr e Iom spen­do­no paro­le anche sull’operato del­le Ong, che svol­go­no un «ruo­lo cru­cia­le nel Medi­ter­ra­neo», e che per­ciò «non andreb­be­ro pena­liz­za­te per il solo fat­to di sal­va­re vite in mare».

La cooperazione con la Libia

«Qual­sia­si assi­sten­za for­ni­ta e respon­sa­bi­li­tà asse­gna­ta alle auto­ri­tà libi­che deve esse­re con­di­zio­na­ta al fat­to che nes­su­no deve esse­re dete­nu­to arbi­tra­ria­men­te dopo esse­re sta­to sal­va­to». In assen­za di garan­zie, «la col­la­bo­ra­zio­ne deve esse­re inter­rot­ta». Un richia­mo rivol­to sicu­ra­men­te anche al nostro Pae­se che però, ormai da anni, igno­ra con­sa­pe­vol­men­te le “clau­so­le uma­ni­ta­rie”. Una poli­ti­ca di cer­to non inau­gu­ra­ta da que­sto gover­no, ma che pog­gia le pro­prie basi su un memo­ran­dum sot­to­scrit­to dall’allora pre­mier Gen­ti­lo­ni all’interno di una più vasta azio­ne pro­mos­sa dall’allora mini­stro Min­ni­ti. Nel memo­ran­dum, infat­ti, si dele­ga sen­za giri di paro­le alle auto­ri­tà libi­che la gestio­ne dei cen­tri di detenzione:

Riaf­fer­man­do la fer­ma deter­mi­na­zio­ne di coo­pe­ra­re per indi­vi­dua­re solu­zio­ni urgen­ti alla que­stio­ne dei migran­ti clan­de­sti­ni che attra­ver­sa­no la Libia per recar­si in Euro­pa via mare, attra­ver­so la pre­di­spo­si­zio­ne dei cam­pi di acco­glien­za tem­po­ra­nei in Libia, sot­to l’esclusivo con­trol­lo del Mini­ste­ro dell’Interno libi­co, in atte­sa del rim­pa­trio o del rien­tro volon­ta­rio nei pae­si di ori­gi­ne, lavo­ran­do al tem­po stes­so affin­ché i pae­si di ori­gi­ne accet­ti­no i pro­pri cit­ta­di­ni ovve­ro sot­to­scri­ven­do con que­sti pae­si accor­di in merito.

Una scel­ta con­fer­ma­ta da emi­nen­ti espo­nen­ti del Par­ti­to demo­cra­ti­co, con buo­na pace di Unh­cr e Iom. E, soprat­tut­to, del­le per­so­ne dete­nu­te e torturate.

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