La guerra funziona così

Dopo 16 mesi la guerra ha portato solo distruzione e morte, profughi e crisi economica mondiale, che potevano essere evitati solo con una interposizione di forze di pace. Dopo 16 mesi c’è ancora una (ampia e bipartisan) maggioranza parlamentare che sostiene che l’unica pace giusta è la vittoria ucraina e la riconquista da parte ucraina dei territori annessi dalla Russia, quindi una situazione oggettivamente diversa da quella in essere all’inizio del conflitto. Che va bene la pace ma prima si vince la guerra, una evidente contraddizione in termini.

La guer­ra fun­zio­na così.

Il 2 mar­zo 2022 chie­de­va­mo l’intervento di una for­za di inter­po­si­zio­ne fra la Rus­sia, sta­to aggres­so­re, e l’Ucraina, sta­to aggre­di­to, in appli­ca­zio­ne, anche for­za­ta vista la pre­sen­za del­la Rus­sia nel Con­si­glio di Sicu­rez­za dell’ONU, dell’art. 1 del trat­ta­to isti­tu­ti­vo del­le Nazio­ni Unite.

“I fini del­le Nazio­ni Uni­te sono: man­te­ne­re la pace e la sicu­rez­za inter­na­zio­na­le, ed a que­sto fine: pren­de­re effi­ca­ci misu­re col­let­ti­ve per pre­ve­ni­re e rimuo­ve­re le minac­ce alla pace e per repri­me­re gli atti di aggres­sio­ne o le altre vio­la­zio­ni del­la pace, e con­se­gui­re con mez­zi paci­fi­ci, ed in con­for­mi­tà ai prin­cì­pi del­la giu­sti­zia e del dirit­to inter­na­zio­na­le, la com­po­si­zio­ne o la solu­zio­ne del­le con­tro­ver­sie o del­le situa­zio­ni inter­na­zio­na­li che potreb­be­ro por­ta­re ad una vio­la­zio­ne del­la pace.”

Non è sta­to fatto.

Inve­ce si è pre­fe­ri­to for­za­re l’art. 5 del trat­ta­to NATO, non sus­si­sten­do le con­di­zio­ni per un inter­ven­to (di fat­to tutt’ora in cor­so) in dife­sa legit­ti­ma di uno Sta­to ade­ren­te, non essen­do tale l’Ucraina.

Si è pre­fe­ri­to for­za­re l’interpretazione del­la Leg­ge n. 185/1990, che vie­ta la for­ni­tu­ra di armi a Pae­si in conflitto.

Si è pre­fe­ri­to for­za­re la logi­ca, con una pro­pa­gan­da che ha soste­nu­to dall’inizio la teo­ria che se si vede un tizio gran­de e gros­so aggre­di­re un bam­bi­no la scel­ta deb­ba esse­re quel­la di arma­re (sem­pre di più) il bam­bi­no stan­do a guar­da­re, e non, inve­ce, met­ter­si in mez­zo, come fareb­be, o dovreb­be fare, qua­lun­que adulto.

E tut­to que­sto al net­to di una valu­ta­zio­ne obiet­ti­va sul con­flit­to, sul­le sue cau­se, sugli inte­res­si in gio­co, sul suo pre­gres­so per­cor­so nel tem­po, come se tut­to fos­se ini­zia­to dal­la sera alla mat­ti­na il gior­no del­la (ille­git­ti­ma) invasione.

Si è pre­fe­ri­to schie­rar­si da una par­te con una scel­ta poli­ti­ca inve­ce di schie­rar­si in mez­zo, a dife­sa del­le per­so­ne e non del­le nazio­ni, con una scel­ta (vera­men­te, per una vol­ta) umanitaria. 

Dopo 16 mesi la guer­ra ha por­ta­to solo distru­zio­ne e mor­te, pro­fu­ghi e cri­si eco­no­mi­ca mon­dia­le, che pote­va­no esse­re evi­ta­ti solo con una inter­po­si­zio­ne di for­ze di pace.

Dopo 16 mesi c’è anco­ra una (ampia e bipar­ti­san) mag­gio­ran­za par­la­men­ta­re che sostie­ne che l’unica pace giu­sta è la vit­to­ria ucrai­na e la ricon­qui­sta da par­te ucrai­na dei ter­ri­to­ri annes­si dal­la Rus­sia, quin­di una situa­zio­ne ogget­ti­va­men­te diver­sa da quel­la in esse­re all’inizio del conflitto.

Che va bene la pace ma pri­ma si vin­ce la guer­ra, una evi­den­te con­trad­di­zio­ne in termini.

Dopo 16 mesi le armi for­ni­te dai Pae­si NATO da “difen­si­ve” sono diven­ta­te di ogni tipo, com­pre­si i cac­cia F16 la cui con­se­gna qual­che mese fa era con­si­de­ra­ta impos­si­bi­le in quan­to atto diret­to di guer­ra e fon­te di esca­la­tion mili­ta­re, men­tre il sup­por­to di trup­pe è a un passo.

Ma la guer­ra fun­zio­na così, la Rus­sia bom­bar­da impu­ne­men­te i civi­li ucrai­ni, e la rispo­sta, accet­ta­ta come giu­sta dai soste­ni­to­ri del con­flit­to e così tra­smes­sa all’opinione pub­bli­ca, sono attac­chi ai civi­li russi.

La guer­ra fun­zio­na così, è sta­ta fat­ta sal­ta­re una diga, le uni­che cer­tez­ze sono i mor­ti, la distru­zio­ne, l’immenso dan­no ambien­ta­le. L’attenzione però si con­cen­tra uni­ca­men­te sul gio­co del­le col­pe tra le par­ti che si rim­pal­la­no la responsabilità.

Il rischio ato­mi­co è ogget­ti­va­men­te più vicino.

Dopo 16 mesi addi­rit­tu­ra il Par­la­men­to Euro­peo vota per finan­zia­re l’aumento del­la pro­du­zio­ne di muni­zio­ni e mis­si­li desti­na­ti all’Ucraina, attin­gen­do tra l’altro anche al PNRR e ai fon­di di coe­sio­ne. Una deci­sio­ne che sta fuo­ri da ogni logi­ca, oltre che dai valo­ri e dal­le dispo­si­zio­ni dei trat­ta­ti istitutivi.

Dopo 16 mesi non si vede la fine del con­flit­to, anzi, si deli­ra di offen­si­ve e con­trof­fen­si­ve, che offen­do­no solo la ragione.

Chi chie­de e si ado­pe­ra per la pace, fos­se anche il Papa, è con­si­de­ra­to un com­pli­ce di Putin, vie­ne rice­vu­to per dire, no gra­zie, pri­ma la controffensiva. 

Quan­ti mesi o anni anco­ra dovre­mo aspet­ta­re, spe­ran­do che il con­flit­to non si esten­da e non ven­ga­no usa­te armi nucleari?

Quan­ti morti?

Quan­ti profughi?

Quan­ti miliar­di dovran­no esse­re but­ta­ti nel tri­ta­car­ne bel­li­co (al net­to degli inte­res­si eco­no­mi­ci di chi ven­de armi, ener­gia, rico­stru­zio­ne) inve­ce di esse­re spe­si per le neces­si­tà dei vivi, che non arri­va­no a fine mese? 

Ci sono inte­res­si di que­sto tipo rap­pre­sen­ta­ti nel Gover­no e nel Par­la­men­to italiani?

Che sen­so ha l’adesione dell’Italia al trat­ta­to isti­tu­ti­vo del­le Nazio­ni Uni­te, anzi, che sen­so ha il trat­ta­to stes­so, se vie­ne svuo­ta­to del suo prin­ci­pio fondativo? 

Per­ché il nostro Par­la­men­to non rispon­de a que­ste doman­de, anzi, per­ché il por­re que­ste doman­de, anche da par­te di chi ha sem­pre osteg­gia­to dura­men­te Putin, è con­si­de­ra­to sov­ver­si­vo e non, inve­ce, bana­le eser­ci­zio di democrazia?

Per­ché nes­su­no se le pone, anche indi­vi­dual­men­te, accet­tan­do ormai acri­ti­ca­men­te e pas­si­va­men­te la situa­zio­ne, in balia di per­so­nag­gi che addi­rit­tu­ra affer­ma­no che il con­tra­rio di guer­ra non è più pace ma resistenza? 

Cosa sia­mo diventati?

Dove pen­sia­mo di andare?

A qua­le prez­zo per i nostri figli?

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