La frana del Cengalo e il cambiamento climatico

Quattro milioni di metri cubi di granito che si staccano da un'altezza attorno ai 3.000 metri ci ricordano la fragilità dei territori in cui viviamo

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1503508965572{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Quat­tro milio­ni di metri cubi di gra­ni­to che si stac­ca­no da un’al­tez­za attor­no ai 3.000 metri sul livel­lo del mare e pre­ci­pi­ta­no ver­so val­le. E’ quan­to suc­ces­so sta­mat­ti­na in val Bon­da­sca, una val­le late­ra­le alla val Bre­ga­glia, la val­le che col­le­ga Chia­ven­na (Son­drio) con St. Mori­tz (Sviz­ze­ra). La val Bon­da­sca si tro­va poco oltre il con­fi­ne ita­lo-sviz­ze­ro, nei gri­gio­ni, ed è una val­le splen­di­da, rac­chiu­sa da impres­sio­nan­ti pare­ti gra­ni­ti­che, tra le qua­li svet­ta il piz­zo Cen­ga­lo.

E’ dal Cen­ga­lo che que­sta mat­ti­na si è sca­te­na­ta la fra­na, una fra­na in qual­che modo pre­vi­sta (con con­se­guen­ti avvi­si di peri­co­lo), dato che nei gior­ni scor­si l’a­rea ave­va evi­den­zia­to segna­li di cedi­men­to, pron­ta­men­te rile­va­ti da appo­si­ti siste­mi che moni­to­ra­no la pare­te del Cen­ga­lo pro­prio per­ché è spes­so sog­get­ta a even­ti fra­no­si. Da alcu­ni anni si sta cer­can­do di stu­diar­ne le cau­se e il prin­ci­pa­le indi­zia­to sem­bra esse­re il riscal­da­men­to glo­ba­le. «Le Alpi», in un arti­co­lo di quat­tro anni fa che face­va rife­ri­men­to a un’al­tra fra­na del Cen­ga­lo, scri­ve­va: «Il disge­lo a lun­go ter­mi­ne del per­ma­fro­st nel cor­so degli ulti­mi decen­ni, non­ché la pene­tra­zio­ne di acqua di scio­gli­men­to nel cal­do ini­zio di pri­ma­ve­ra del 2011, potreb­be­ro ave­re svol­to un ruo­lo nel­lo svol­ger­si dell’evento. Con il per­du­ra­re del riscal­da­men­to di ripi­di ver­san­ti con per­ma­fro­st, il nume­ro dei fra­na­men­ti roc­cio­si impor­tan­ti sem­bra aumen­ta­re. Negli ulti­mi 20 anni, nel­le Alpi, al di sopra dei 2500 metri si sono osser­va­te cin­que fra­ne con volu­mi supe­rio­ri a un milio­ne di metri cubi, più di quan­ti se ne sia­no con­ta­ti nei 100 anni pre­ce­den­ti». Tre anni fa mi tro­va­vo da quel­le par­ti. La rifu­gi­sta del­la Capan­na Sasc Furà ci scon­si­gliò di pro­se­gui­re lun­go il via­le che pas­sa sot­to il Cen­ga­lo: «è peri­co­lo­so per­ché il per­ma­fro­st si sta sciogliendo».

Le zone abi­ta­te sono mol­to distan­ti dal­le pare­ti gra­ni­ti­che eppu­re le con­se­guen­ze del­la fra­na si sono abbat­tu­te anche nei pres­si del­le abi­ta­zio­ni, distrug­gen­do alcu­ne bai­te e un pon­te. «Per un puro caso — scri­ve Repub­bli­ca e spe­ria­mo che sia così, dato che nel­le pri­me ore c’è sta­ta pre­oc­cu­pa­zio­ne per alcu­ni escur­sio­ni­sti — non ci sono sta­ti né mor­ti né feri­ti, e le auto­ri­tà del can­to­ne Gri­gio­ni esclu­do­no — ben­ché non in modo asso­lu­to, visto che l’a­rea inte­res­sa­ta è mol­to vasta — anche l’i­po­te­si di disper­si. For­tu­na, cer­to, ma pure la per­fet­ta orga­niz­za­zio­ne elve­ti­ca: la Val Bon­da­sca è moni­to­ra­ta da un siste­ma d’al­lar­me, che è scat­ta­to al pri­mo muo­ver­si del­la ter­ra. Non appe­na le roc­ce si stac­ca­no, e pri­ma che arri­vi­no a val­le, vie­ne invia­to un segna­le ai sema­fo­ri che imme­dia­ta­men­te bloc­ca­no le stra­de del­la zona».

A segui­to del­la fra­na del 2011 è sta­to inol­tre crea­to un baci­no di con­te­ni­men­to, «baci­no che ha sor­pas­sa­to un livel­lo cri­ti­co, ma al momen­to non è eson­da­to. Se lo faces­se, ostrui­reb­be ulte­rior­men­te la stra­da can­to­na­le», scri­ve Repub­bli­ca. Le con­se­guen­ze si sono viste fino a Chia­ven­na, in Ita­lia, dove la Mera si è ingros­sa­ta in manie­ra inve­ro­si­mi­le.

Quan­do pen­sia­mo ai cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci pen­sia­mo alla deser­ti­fi­ca­zio­ne, alle tem­pe­ste di sab­bia, all’in­nal­zar­si del livel­lo del mare. In que­sto caso, dob­bia­mo alza­re lo sguar­do e guar­da­re alle mon­ta­gne, che nel nostro imma­gi­na­rio sono sino­ni­mo di for­za e di soli­di­tà, soprat­tut­to se le pare­ti sono di gra­ni­to. Eppu­re non è così, vivia­mo in ter­ri­to­ri sem­pre più fra­gi­li, e ce lo ricor­da­no i quat­tro milio­ni di metri cubi di gra­ni­to fra­na­ti oggi.

(Nel­la foto, al cen­tro, il piz­zo Cen­ga­lo. Leg­ger­men­te a destra il più famo­so piz­zo Badi­le).[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

Il quarto Congresso di Possibile, dedicato a Marco Tiberi

Si è aper­to il quar­to Con­gres­so di Pos­si­bi­le, e voglia­mo dedi­car­lo a un ami­co che non c’è più e sul­la cui voce e sul­la cui intel­li­gen­za abbia­mo fat­to così tan­to affi­da­men­to le scor­se vol­te. Mar­co Tibe­ri ci avreb­be mes­so a posto con poche paro­le, andan­do al cuo­re del­le cose, anche quel­le che anco­ra non ave­va­mo pensato.

Discarica di Borgo Montello: le future generazioni meritano un radicale cambio di rotta

Non è più pos­si­bi­le accet­ta­re una mala gestio­ne così gra­ve del­la disca­ri­ca e soprat­tut­to imma­gi­na­re poten­zia­men­ti e modi­fi­che sen­za che sia­no mes­se nero su bian­co anche da un pun­to di vista giu­ri­di­co le respon­sa­bi­li­tà pena­li dei dan­ni ambien­ta­li e alla salu­te che que­sto ter­ri­to­rio sta subendo.