Decreto sicurezza bis: vietato soccorrere

Dopo la campagna Twitter di “chiusura dei porti”, siamo a un punto di svolta: il Consiglio dei Ministri - e, nel caso, il Parlamento - si assumeranno la responsabilità di un provvedimento chiaramente in contrasto con le norme internazionali che disciplinano il soccorso in mare e, il ministero dell’Interno, quella della notifica del divieto. Non più tweet, ma note.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Un decre­to, il “decre­to sicu­rez­za bis” che si pone espli­ci­ta­men­te al di sopra del­la nor­ma­ti­va inter­na­zio­na­le e che, con­sa­pe­vol­men­te, sem­bra pro­prio voler apri­re uno scon­tro con il dirit­to e la pras­si del sal­va­tag­gio in mare. «Tra le prin­ci­pa­li misu­re intro­dot­te — si leg­ge nel comu­ni­ca­to dira­ma­to dal­la Pre­si­den­za del Con­si­glio dei Mini­stri — vi è l’attribuzione al Mini­stro dell’interno» del «pote­re di limi­ta­re o vie­ta­re l’ingresso, il tran­si­to o la sosta di navi nel mare ter­ri­to­ria­le […] per moti­vi di ordi­ne e di sicu­rez­za pub­bli­ca, ovve­ro quan­do, in una spe­ci­fi­ca otti­ca di pre­ven­zio­ne, riten­ga neces­sa­rio impe­di­re il cosid­det­to “pas­sag­gio pre­giu­di­zie­vo­le” o “non inof­fen­si­vo” di una spe­ci­fi­ca nave se la stes­sa è impe­gna­ta – limi­ta­ta­men­te alle vio­la­zio­ni del­le leg­gi in mate­ria di immi­gra­zio­ne – in una del­le atti­vi­tà elen­ca­te dal­la Con­ven­zio­ne del­le Nazio­ni Uni­te sul dirit­to del mare (Con­ven­zio­ne di Mon­te­go Bay – UNCLOS)».

Tra­dot­to: il Mini­ste­ro dell’interno può vie­ta­re l’accesso alle acque ter­ri­to­ria­li a navi che han­no com­piu­to ope­ra­zio­ni di soc­cor­so in mare, addu­cen­do moti­vi di ordi­ne e di sicu­rez­za pub­bli­ca. «In caso di vio­la­zio­ne del divie­to  di  ingres­so, tran­si­to o sosta in acque ter­ri­to­ria­li ita­lia­ne — si leg­ge nel secon­do arti­co­lo del decre­to -, noti­fi­ca­to al coman­dan­te e, ove pos­si­bi­le, all’ar­ma­to­re e al pro­prie­ta­rio del­la nave, si  appli­ca  a cia­scu­no di essi, sal­ve le san­zio­ni pena­li quan­do il fat­to costi­tui­sce rea­to, la san­zio­ne ammi­ni­stra­ti­va del  paga­men­to di una som­ma da euro 10.000 a euro 50.000. In caso di rei­te­ra­zio­ne com­mes­sa con l’u­ti­liz­zo del­la mede­si­ma nave, si appli­ca altre­sì la san­zio­ne acces­so­ria del­la con­fi­sca del­la nave, pro­ce­den­do imme­dia­ta­men­te a seque­stro cautelare».

Dopo la cam­pa­gna Twit­ter di “chiu­su­ra dei por­ti”, sia­mo a un pun­to di svol­ta: il Con­si­glio dei Mini­stri — e, nel caso, il Par­la­men­to — si assu­me­ran­no la respon­sa­bi­li­tà di un prov­ve­di­men­to chia­ra­men­te in con­tra­sto con le nor­me inter­na­zio­na­li che disci­pli­na­no il soc­cor­so in mare e, il mini­ste­ro dell’Interno, quel­la del­la noti­fi­ca del divie­to. Non più tweet, ma note.

Con­ti­nua, per­ciò, l’odissea del­la Sea Watch 3, bloc­ca­ta ora­mai da 5 gior­ni appe­na oltre le acque ter­ri­to­ria­li ita­lia­ne, al lar­go di Lam­pe­du­sa. A bor­do, dopo lo sbar­co auto­riz­za­to di 10 migran­ti per ragio­ni medi­che, resta­no 43 per­so­ne: 3 sono mino­ri, uno di loro ha meno di 12 anni. «La Libia — rispon­do­no dal­la Ong — è inter­na­zio­nal­men­te non rico­no­sciu­ta come un por­to sicu­ro e lo dice la stes­sa mis­sio­ne Onu in Libia, l’Unhcr, la com­mis­sio­ne Euro­pea, la nostra Far­ne­si­na, lo stes­so nostro mini­stro dell’Interno in tv lo scor­so 25 mag­gio e il pre­si­den­te libi­co Al Ser­raj». 

Sono alme­no due le anno­ta­zio­ni neces­sa­rie di fron­te all’ennesima pro­va di for­za sul­la pel­le del­le 43 per­so­ne che si tro­va­no a bor­do dell’imbarcazione. La pri­ma riguar­da la loro effet­ti­va capa­ci­tà di minac­cia­re l’ordine e la sicu­rez­za del pae­se: 43 per­so­ne saran­no mai in gra­do di far­lo? E allo­ra è evi­den­te che la fina­li­tà del divie­to non ha a che fare tan­to con la nostra sicu­rez­za, quan­to con una pro­pa­gan­da impaz­zi­ta, fuo­ri da ogni con­trol­lo. La secon­da rifles­sio­ne riguar­da il ruo­lo del­le Ong: come abbia­mo ripe­tu­to più vol­te, è neces­sa­rio riaf­fer­ma­re che non pos­so­no esse­re poste di fron­te alla scel­ta tra rispet­ta­re la leg­ge (per quan­to sba­glia­ta) e com­pie­re quel­lo che a tut­ti gli effet­ti sareb­be un respin­gi­men­to col­let­ti­vo, quin­di un atto con­tra­rio al dirit­to uma­ni­ta­rio. [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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