È svolta nell’emergenza profughi a Como ma servono soluzioni dal governo

Recentemente la questione dell'emergenza profughi alla stazione di San Giovanni a Como, ad un tiro di schioppo dal confine svizzero è arrivata sui media nazionali. Ma qual è esattamente la situazione dei profughi accampati nel parco presso la stazione?

Recen­te­men­te la que­stio­ne del­l’e­mer­gen­za pro­fu­ghi alla sta­zio­ne di San Gio­van­ni a Como, ad un tiro di schiop­po dal con­fi­ne sviz­ze­ro è arri­va­ta sui media nazio­na­li. Ma qual è esat­ta­men­te la situa­zio­ne dei pro­fu­ghi accam­pa­ti nel par­co pres­so la stazione?

Per capi­re meglio abbia­mo sen­ti­to Mat­tia Stan­ca­nel­li, un volon­ta­rio del­la “Chie­sa pasta­fa­ria­na ita­lia­na” che si sta occu­pan­do del­la pri­ma acco­glien­za dal­l’i­ni­zio dell’emergenza.
“Ora­mai sia­mo lì da un mese: la situa­zio­ne da metà luglio è sta­ta mol­to inco­stan­te, nei pri­mi tem­pi si fer­ma­va­no fino a 140–160 per­so­ne, poi il nume­ro è crol­la­to tra 50 e 80 per poi aumen­ta­re negli ulti­mi gior­ni fino a 470–500 pro­fu­ghi pre­sen­ti. Si trat­ta in par­ti­co­la­re di pro­ve­nien­ti dal Cor­no d’A­fri­ca: eri­trei, tigri­gni, etio­pi, soma­li, ulti­ma­men­te anche qual­cu­no dal­l’A­fri­ca del­l’o­ve­st. Sono tut­te per­so­ne che arri­va­no da pae­si in guer­ra civi­le, in dif­fi­col­tà da tem­po e il loro viag­gio del­la spe­ran­za per arri­va­re qui è dura­to in media 1 anno e mez­zo, di cui 6 mesi nel deser­to. Il loro obiet­ti­vo è quel­lo di attra­ver­sa­re la fron­tie­ra con la Sviz­ze­ra per anda­re prin­ci­pal­men­te in Ger­ma­nia dove han­no paren­ti o ami­ci ad aspet­tar­li: ogni gior­no quin­di ten­ta­no di pas­sa­re il con­fi­ne, quel­li che ven­go­no respin­ti tor­na­no in stazione.”

Cosa fate di pre­ci­so in sta­zio­ne come volontari?
“Fac­cia­mo acco­glien­za e pas­sia­mo le pri­me infor­ma­zio­ni ai pro­fu­ghi: si trat­ta di un pri­mo inter­ven­to sul posto, per spie­ga­re come stan­no le cose, fare una pri­ma valu­ta­zio­ne sani­ta­ria, con­se­gna­re vesti­ti se c’è biso­gno, distri­bui­re coper­te alla sera. Le varie etnie pre­sen­ti in sta­zio­ne sono ordi­na­te, disci­pli­na­te e si fida­no dei volon­ta­ri: han­no nomi­na­to un lea­der per ogni grup­po etni­co per gesti­re tut­te le situa­zio­ni e quan­do ci sono pro­ble­mi si con­fron­ta­no tra di loro per risolverli.”

Ma qual è la situa­zio­ne dal pun­to di vista dei ser­vi­zi attivi?
“Oltre al pre­si­dio sani­ta­rio del­l’A­TS (l’A­SL loca­le) con l’a­iu­to di medi­ci e infer­mie­ri volon­ta­ri e al pre­si­dio del­la poli­zia che dal­l’i­ni­zio del­l’e­mer­gen­za è pre­sen­te con una camio­net­ta e uomi­ni per evi­ta­re pro­ble­mi di sicu­rez­za (per ora ci sono sta­ti solo alcu­ni liti­gi), attual­men­te abbia­mo due ten­de di Cro­ce Ros­sa mon­ta­te con 30 posti let­to gesti­te dal­l’as­so­cia­zio­ne Incro­ci, 2 box di Cro­ce Ros­sa con 4 bagni e 4 doc­ce più 4 doc­ce pres­so il Col­le­gio Gal­lio, la men­sa del­la Cari­tas aper­ta a San­t’Eu­se­bio e l’ac­co­glien­za offer­ta dal­la par­roc­chia di Don Giu­sto a Reb­bio. Mol­te di que­ste strut­tu­re sono man­da­te avan­ti da volon­ta­ri che si coor­di­na­no sen­za ave­re una tur­na­zio­ne fis­sa. La CRI si è fat­ta cari­co del­la rac­col­ta di beni di pri­ma neces­si­tà (coper­te, scar­pe, vesti­ti, indu­men­ti inti­mi, cibo in sca­to­la, pre­si­di sani­ta­ri ovve­ro assor­ben­ti, spaz­zo­li­ni, den­ti­fri­ci, sapo­ne) pres­so la sede di Como in via Ita­lia Libe­ra 11 ma ne abbia­mo atti­va­ta anche una nostra nazio­na­le che ha già visto soli­da­rie­tà da tut­ta Ita­lia. C’è anche aiu­to dal­la Sviz­ze­ra: Lisa Bosia Mir­ra, par­la­men­ta­re sviz­ze­ra del Par­ti­to socia­li­sta e ani­ma­tri­ce dell’associazione Fir­daus por­ta i pran­zi fat­ti dal­l’o­ra­to­rio di Chias­so e fa atti­vi­tà di infor­ma­zio­ne lega­le. Il Comu­ne di Como si è fat­to cari­co del coor­di­na­men­to ma mi ren­do con­to che è sen­za risor­se, la pre­fet­tu­ra ha pro­mes­so recen­te­men­te dei con­tai­ner: alla fine trop­po peso è sta­to sop­por­ta­to dai volon­ta­ri ma l’e­mer­gen­za dovreb­be esse­re pre­sa in cari­co dal gover­no. Il pro­ble­ma vero è che tut­te le strut­tu­re mes­se a dispo­si­zio­ne non saran­no più dispo­ni­bi­li alla fine del­l’e­sta­te quan­do tor­ne­ran­no ad esse­re dedi­ca­te all’at­ti­vi­tà “nor­ma­le”: pri­ma di allo­ra va tro­va­ta una solu­zio­ne dif­fe­ren­te per l’ac­co­glien­za dei profughi.”

Per chia­ri­re il qua­dro abbia­mo sen­ti­to anche Bru­no Magat­ti, asses­so­re comu­na­le alle Poli­ti­che sociali.
“In que­ste set­ti­ma­ne sia­mo sta­ti tut­ti volon­ta­ri, poi­ché l’ac­co­glien­za dei pro­fu­ghi è una com­pe­ten­za di natu­ra gover­na­ti­va. L’as­ses­so­ra­to si è fat­to cari­co del­l’or­ga­niz­za­zio­ne con un lavo­ro impor­tan­te di cuci­tu­ra nei con­fron­ti del­la pre­fet­tu­ra, di costru­zio­ne degli inter­ven­ti neces­sa­ri gra­zie al cre­di­to e alle rela­zio­ni di col­la­bo­ra­zio­ne pro­fon­da atti­va­te col “Tavo­lo di coor­di­na­men­to dei ser­vi­zi per la gra­ve emar­gi­na­zio­ne”, gra­zie a cui è sta­to pos­si­bi­le dare del­le rispo­ste in tem­pi non esa­ge­ra­ti e que­sto è mol­to signi­fi­ca­ti­vo. Tut­to quel­lo che è sta­to mes­so in pista è sta­to fat­to gra­zie al coor­di­na­men­to: l’or­ga­niz­za­zio­ne non è mai con­si­de­ra­ta un valo­re ma è fon­da­men­ta­le per poter for­ni­re del­le rispo­ste serie. I volon­ta­ri sono impor­tan­tis­si­mi, però il comu­ne ha deci­so di non gesti­re i sin­go­li volon­ta­ri ma degli enti che poi si muo­va­no in auto­no­mia, cia­scu­no con le pro­prie com­pe­ten­ze, le pro­prie per­so­ne, i pro­pri mez­zi e que­sto ha reso pos­si­bi­le offri­re una mol­ti­tu­di­ne di ser­vi­zi sen­za ci si pestas­se i pie­di. Il comu­ne di Como da solo non sareb­be sta­to in gra­do di for­ni­re que­sto sup­por­to ai pro­fu­ghi visto che gli man­ca la tito­la­ri­tà degli inter­ven­ti oltre che risor­se e per­so­ne da dedicare.”

La svol­ta è arri­va­ta il 17 ago­sto con l’an­nun­cio del­la dispo­ni­bi­li­tà da par­te del­la pre­fet­tu­ra di far­si cari­co del­la gestio­ne con i con­tai­ner che saran­no posi­zio­na­ti entro metà set­tem­bre nel­la zona di San Roc­co.
“Il lavo­ro di que­ste set­ti­ma­ne è sta­to anche quel­lo di valu­ta­re e di far valu­ta­re le solu­zio­ni pos­si­bi­li per l’au­tun­no visto che dal­la fine del­l’e­sta­te sareb­be­ro venu­ti a man­ca­re gli spa­zi mes­si a dispo­si­zio­ne dai pri­va­ti.  È sta­to un lavo­ro fati­co­so e non bana­le: ini­zial­men­te i nume­ri era­no bas­si e c’è sta­ta una posi­zio­ne pru­den­te del­la pre­fet­tu­ra che ora accet­ta di pren­der­si cari­co del­la gestio­ne dei pro­fu­ghi. Il pas­sag­gio è impor­tan­te: ci si muo­ve da una pro­spet­ti­va di emer­gen­za ad una situa­zio­ne di gestio­ne, anche con­si­de­ran­do che i flus­si potran­no aumentare.”

Sì ma que­sta non è una solu­zio­ne del pro­ble­ma per i pro­fu­ghi che dovreb­be coin­vol­ge­re isti­tu­zio­ni nazio­na­li ed internazionali.
“Cer­to, la solu­zio­ne del­la que­stio­ne è più com­ples­sa: nes­su­no ha l’in­te­res­se a crea­re un nuo­vo ghet­to. Infat­ti abbia­mo pen­sa­to anche ad un momen­to di for­ma­zio­ne di natu­ra giu­ri­di­ca sui dirit­ti insie­me alla CGIL e a Il gab­bia­no. Per­ché poi biso­gne­rà capi­re se que­ste per­so­ne potran­no esse­re inse­ri­te nel per­cor­si di asi­lo o saran­no aper­ti cana­li spe­cia­li per esem­pio per il ricon­giun­gi­men­to con i fami­lia­ri che stan­no in altri pae­si euro­pei. La poli­ti­ca nazio­na­le ed inter­na­zio­na­le si inter­ro­ghi con gran­de atten­zio­ne: non pos­sia­mo rispe­di­re a casa que­ste per­so­ne ma non pos­sia­mo nem­me­no tener­le qui dove ven­go­no accol­te gra­zie al buon cuo­re di qual­cu­no. Il gover­no dia del­le rispo­ste in tem­pi ragio­ne­vo­li: le nor­me devo­no tene­re con­to di que­sti casi par­ti­co­la­ri. Oltre­tut­to loro voglio­no andar­se­ne: sono arri­va­ti qui per­ché c’è un flus­so inter­mit­ten­te di ingres­si in Sviz­ze­ra, anche se ora nel­la con­fe­de­ra­zio­ne han­no deci­so di non tra­sfe­ri­re il pro­ble­ma al con­fi­ne con la Ger­ma­nia. La for­za del­l’Eu­ro­pa deve nasce­re dal­la voglia di par­lar­si, cosa che non suc­ce­de nem­me­no a Ven­ti­mi­glia, a Calais, sul Brennero.”

Con­si­de­ra­zio­ni che sem­bra­no “tele­fo­na­te” per Elly Schlein, l’eu­ro­par­la­men­ta­re di Pos­si­bi­le che è pas­sa­ta a con­trol­la­re le situa­zio­ne nel­la mat­ti­na di ferragosto.
Sul pun­to poli­ti­co è neb­bia asso­lu­ta, non è dato sape­re cosa suc­ce­de­rà se le fron­tie­re attor­no a noi rimar­ran­no chiu­se, men­tre i ricol­lo­ca­men­ti pro­mes­si sono anco­ra al palo e gli altri Sta­ti mem­bri del­l’U­nio­ne non dan­no alcun cen­no di voler prov­ve­de­re ad una con­di­vi­sio­ne equa del­le respon­sa­bi­li­tà sul­l’ac­co­glien­za, come il Par­la­men­to euro­peo chie­de da tem­po. L’I­ta­lia comin­cia ad esse­re mol­to iso­la­ta, come già è suc­ces­so alla Gre­cia. Ad ora la stra­te­gia che pare aver adot­ta­to il Gover­no con­si­ste nel cari­ca­re sui pull­man cen­ti­na­ia di per­so­ne a set­ti­ma­na e rispe­dir­le nei cen­tri del Sud come l’Ho­tspot di Taran­to, spe­ran­do che pas­si loro la voglia di ripro­va­re a rag­giun­ge­re i con­fi­ni al Nord ver­so il resto d’Eu­ro­pa. Una spe­cie di cini­co gio­co del­l’o­ca, di “tor­na da dove sei par­ti­to”, come se, anzi­ché insi­ste­re a gran voce sul suo supe­ra­men­to, l’I­ta­lia aves­se tan­to inte­rio­riz­za­to l’i­po­cri­sia del rego­la­men­to di Dubli­no da ripro­dur­la addi­rit­tu­ra al suo interno.”

Ricor­dia­mo che Pos­si­bi­le, in par­ti­co­la­re i comi­ta­ti di Como e Vare­se, riman­go­no impe­gna­ti nel­la rac­col­ta dei beni di pri­ma neces­si­tà per i pro­fu­ghi.

Noti­zie aggior­na­te sul­la situa­zio­ne pos­so­no esse­re tro­va­te sul blog del­la rete “Como sen­za fron­tie­re”  di cui fa par­te anche il Comi­ta­to Como Pos­si­bi­le “Mar­ghe­ri­ta Hack”.

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