Sudan: il satellite racconta ciò che il mondo ignora

Le immagini pubblicate dalla Yale University documentano massacri di massa nella città sudanese di El-Fasher, conquistata dalle Forze di Supporto Rapido (RSF) domenica scorsa al termine di un assedio durato oltre 18 mesi. Pozze di sangue e cumuli di corpi testimoniano l’avvio di un processo sistematico e intenzionale di pulizia etnica delle comunità non arabe.

Le imma­gi­ni pub­bli­ca­te dal­la Yale Uni­ver­si­ty docu­men­ta­no mas­sa­cri di mas­sa nel­la cit­tà suda­ne­se di El-Fasher, con­qui­sta­ta dal­le For­ze di Sup­por­to Rapi­do (RSF) dome­ni­ca scor­sa al ter­mi­ne di un asse­dio dura­to oltre 18 mesi. Poz­ze di san­gue e cumu­li di cor­pi testi­mo­nia­no l’avvio di un pro­ces­so siste­ma­ti­co e inten­zio­na­le di puli­zia etni­ca del­le comu­ni­tà non arabe.

“Le azio­ni del­le RSF docu­men­ta­te in que­sto rap­por­to potreb­be­ro con­fi­gu­ra­re cri­mi­ni di guer­ra e cri­mi­ni con­tro l’umanità e potreb­be­ro rag­giun­ge­re il livel­lo di geno­ci­dio”, si legge.

Quel­la che scon­vol­ge il Sudan dall’aprile 2023 non è però una guer­ra dimen­ti­ca­ta. È diven­ta­ta la più gra­ve cata­stro­fe uma­ni­ta­ria mon­dia­le, con oltre 30 milio­ni di per­so­ne biso­gno­se di assi­sten­za e civi­li tra­sfor­ma­ti in ber­sa­gli di una vio­len­za indiscriminata.

Oggi si assi­ste a una nuo­va esca­la­tion geno­ci­dia­ria. Le con­di­zio­ni che ren­do­no pos­si­bi­li tra­ge­die come l’eccidio di El-Fasher non sor­go­no dun­que per caso. Sono il risul­ta­to del ridi­men­sio­na­men­to inces­san­te del­la diplo­ma­zia e del­la coo­pe­ra­zio­ne inter­na­zio­na­le, del cini­smo di fron­te a gra­vi vio­la­zio­ni dei dirit­ti uma­ni e del dirit­to uma­ni­ta­rio, e del­la costan­te ante­po­si­zio­ne del pro­fit­to dei mer­can­ti di armi alla costru­zio­ne del­la pace. Da chi, insom­ma, si trin­ce­ra die­tro il prin­ci­pio per cui il dirit­to inter­na­zio­na­le val­ga fino ad un cer­to punto.

Inve­ce, la sicu­rez­za e la pace si costrui­sco­no guar­dan­do nel­la dire­zio­ne oppo­sta, quel­la dei dirit­ti fon­da­men­ta­li. Pri­ma di tutto.

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