Se non sai dove vai torna da dove vieni

L’Africa è colpita, il contagio è arrivato. La globalizzazione che porta la tecnologia nel continente meno tecnologizzato ci trasmette anche la malattia, il virus, il rischio di morte, la disfatta economica.

L’Africa è col­pi­ta, il con­ta­gio è arri­va­to. La glo­ba­liz­za­zio­ne che por­ta la tec­no­lo­gia nel con­ti­nen­te meno tec­no­lo­giz­za­to ci tra­smet­te anche la malat­tia, il virus, il rischio di mor­te, la disfat­ta eco­no­mi­ca. Tut­to que­sto arri­va dall’Europa che ci rifiu­ta, che ci con­fi­na nei lager libi­ci, che non ascol­ta il nostro gri­do di digni­tà. Il virus arri­va con un aereo, por­ta­to da gen­te che viag­gia libe­ra­men­te, che non ha biso­gno di piro­ghe, di car­ret­te del mare, di file inter­mi­na­bi­li alle Amba­scia­te degli Sati “moder­niz­za­ti”,  e non sem­pre per cer­ca­re altro­ve una spe­ran­za e una pos­si­bi­li­tà di soprav­vi­ven­za, ma anche solo per poter visi­ta­re il mon­do, o meglio una par­te di quel mon­do alla qua­le sia­mo lega­ti da seco­li di sto­ria e non, cer­to, per nostra volon­tà. Il con­ta­gio arri­va dall’Europa e ci arri­va libe­ra­men­te nono­stan­te il Sene­gal abbia con tem­pe­sti­vi­tà, più di altre nazio­ni, atti­va­to i pro­to­col­li sani­ta­ri, quel­li, ovvia­men­te, che ci pos­sia­mo per­met­te­re; ma il virus, sub­do­lo, si nascon­de nel sor­ri­so gio­con­do del turi­sta ed in quel­lo spe­ran­zo­so dell’emigrante che tor­na per qual­che gior­no a fare visi­ta alla fami­glia (chi emi­gra non ripor­ta solo un pic­co­lo o gran­de benes­se­re ma anche tut­to quan­to tro­va lì dove vive, malat­tia com­pre­sa).  Il male, que­sta vol­ta, non è por­ta­to dagli afri­ca­ni, come tan­ti e trop­pi euro­pei cre­do­no e voglio­no far cre­de­re, arri­va pro­prio dal mon­do tec­no­lo­gi­co, dagli indi­vi­dui che si sen­to­no obbli­ga­ti a pro­teg­ger­si dal­le inva­sio­ni di popo­li e cul­tu­re, che cer­ta­men­te, nel distor­to imma­gi­na­rio col­let­ti­vo, por­ta­no le malat­tie, e le dif­fon­do­no, come la peste, nel­le luc­ci­can­ti ed opu­len­te cit­tà occi­den­ta­li.  Non tan­to più luc­ci­can­ti ed opu­len­te, cit­tà chiu­se e moni­to­ra­te e sot­to­po­ste ai con­trol­li di poli­zia, ma non per­ché il Kabo­bo di tur­no assa­le l’europeo, ma per­ché il male, anch’esso venu­to da lon­ta­no, si dif­fon­de pro­prio tra­mi­te la socia­li­tà e la socia­liz­za­zio­ne che è fon­da­men­to del­la cul­tu­ra afri­ca­na.   Sare­mo tut­ti con­fi­na­ti, agli arre­sti domi­ci­lia­ri volon­ta­ri, anche qui a Dakar, dove la gen­te fa ancor più fati­ca a resta­re tra quat­tro mura, per­ché la vita è fuo­ri, per le stra­de sot­to i bao­bab sim­bo­lo del­la “Paro­la”, alla ricer­ca con­ti­nua e spa­smo­di­ca del con­tat­to uma­no, del­la fami­glia allar­ga­ta, del­la con­di­vi­sio­ne del pasto, anche nel­lo stes­so piat­to, del­la socia­li­tà che supe­ra le bar­rie­re enti­che e cul­tu­ra­li e che ren­de libe­ri. Que­sta socia­li­tà potreb­be esse­re, se il virus attec­chi­rà anche qui, pro­prio lo stru­men­to di distru­zio­ne, anco­ra un para­dos­so: l’umanità che si estin­gue per la sua uma­ni­tà.   L’Europa fa i con­ti con il con­fi­na­men­to, quell’isolamento che noi afri­ca­ni pro­via­mo dal­la nasci­ta quan­do desi­de­ria­mo supe­ra­re i con­fi­ni nazio­na­li. Non pos­sia­mo usci­re per­ché la nostra liber­tà arri­va fino al visto di ingres­so o al rischio di un viag­gio per mare, sen­za saper nuo­ta­re, o nel deser­to, dove i nuo­vi pre­do­ni sot­trag­go­no il bene più pre­zio­so, la digni­tà e, spes­so, la vita, per un obo­lo impor­tan­te: i rispar­mi di tut­ta una fami­glia e di tut­ta una vita.  I voli da e per l’Europa sono annul­la­ti, anco­ra un’altra restri­zio­ne di liber­tà, ma que­sta vol­ta deci­sa auto­no­ma­men­te e per difen­der­ci, a ragio­ne, dal peri­co­lo che vie­ne da fuo­ri. Ora l’Europa, quel­la che anco­ra vive in fami­glia, lad­do­ve gli indi­vi­dui pos­so­no con­ta­re su un grup­po pur ristret­to di pros­si­mi, cono­sce il con­fi­na­men­to e la restri­zio­ne. Arri­va a ritro­va­re, allo stes­so tem­po, la socia­li­tà, pur ridot­ta, ma quel­la vera, non costrui­ta sull’individualismo comu­ni­ta­ri­sta.  For­se si ritro­ve­ran­no i veri valo­ri e si sarà obbli­ga­ti, non sapen­do dove anda­re, a ritor­na­re da dove si è par­ti­ti, come dice il pro­ver­bio senegalese.

Feli­ce Barlassina

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