Schengen for dummies (e il peso delle nostre responsabilità)

Non vogliamo che arrivino altri migranti che scappano dalla fame e dalla guerra. Che muoiano a casa loro. O che muoiano in Turchia. O che muoiano nel Mediterraneo. Ma prima o poi la storia ci metterà di fronte alle nostre responsabilità.

migranti europa mediterraneo uePos­sia­mo per­der­ci in mil­le edi­to­ria­li, o die­tro a cen­ti­na­ia di dichia­ra­zio­ni di Ange­li­no Alfa­no. Pos­sia­mo rac­con­tar­ce­la come voglia­mo. Ma il discor­so è, in real­tà, mol­to sem­pli­ce: gli Sta­ti nazio­na­li che for­ma­no l’Unione Euro­pea, con i loro 500 milio­ni di cit­ta­di­ni, non voglio­no che arri­vi­no i migran­ti che scap­pa­no dal­la fame e dal­la guer­ra. Sono sta­ti poco più di un milio­ne quel­li arri­va­ti nel 2015, qua­dru­pli­ca­ti rispet­to a quel­li del 2014.

E noi non li voglia­mo più. Non ne voglia­mo più. Che muo­ia­no a casa loro. O che muo­ia­no in Tur­chia (che l’UE finan­zia appo­sta). O che muo­ia­no nel Medi­ter­ra­neo (dove ne sono mor­ti qua­si 3.700 nel 2015). Ma che non ven­ga­no a chie­de­re una vita digni­to­sa in Unio­ne Euro­pea.

«La Gre­cia ha una del­le più gran­di flot­te euro­pee, è un mito dire che non si può pro­teg­ge­re la fron­tie­ra tur­ca», ha dichia­ra­to Mikl-Leit­ner, mini­stro degli Inter­ni austria­co. E allo­ra che la dispie­ghi, no, que­sta flot­ta? «Una del­le più gran­di flot­te euro­pee» se ne sta lì a guar­da­re? Che apra il fuo­co, no?

E che si alzi­no altri muri, sal­vo poi, il 9 di novem­bre, ricor­da­re la cadu­ta di quell’altro, di muro.

Nel 2015, ha rile­va­to Oxfam, 62 per­so­ne al mon­do pos­se­de­va­no la stes­sa ric­chez­za di 3,6 miliar­di di per­so­ne, ossia la metà più pove­ra del­la popo­la­zio­ne. Una ric­chez­za, quel­la dei magni­fi­ci 62, cre­sciu­ta del 44% dal 2010 ad oggi.

Nono­stan­te ciò, l’obiettivo resta sem­pre pun­ta­to sui moren­ti in fuga dal­le loro vite.

Ma pri­ma o poi le cose cam­bie­ran­no. Le cose cam­bie­ran­no nel momen­to in cui la sto­ria – come sem­pre fa – met­te­rà diver­se gene­ra­zio­ni di fron­te alle pro­prie respon­sa­bi­li­tà. Le cose cam­bie­ran­no tra ven­ti o trent’anni, quan­do – come ora ci stu­pia­mo del­la fol­lia di quel muro in mez­zo all’Europa e del­le bar­ba­rie del Nove­cen­to – ci stu­pi­re­mo dell’inu­ma­ni­tà di cia­scu­no di que­sti mor­ti, ovun­que ciò acca­da. In Siria, in Tur­chia. Tra la Tur­chia e la Gre­cia, tra la Libia e le nostre coste.

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