Quel pasticciaccio brutto di via Veneto 56

poletti fail 2A cura di Vero­ni­ca Gian­fal­do­ni e Giai­me Carboni

Que­sta vol­ta, al Mini­ste­ro del Lavo­ro, l’hanno fat­ta pro­prio gros­sa: cer­ta­men­te avre­te già let­to tut­ti del cla­mo­ro­so erro­re nel­la dif­fu­sio­ne dei dati sull’occupazione, secon­do cui i con­trat­ti a tem­po inde­ter­mi­na­to dei pri­mi set­te mesi dell’anno sono sta­ti sovra­sti­ma­ti di oltre 300.000 (tre­cen­to­mi­la, non ci sia­mo sba­glia­ti, noi) unità.

Dal pri­mo tri­me­stre di quest’anno, lo stes­so Mini­ste­ro rila­scia le comu­ni­ca­zio­ni obbli­ga­to­rie sul mer­ca­to del lavo­ro con caden­za men­si­le, anzi­ché tri­me­stra­le, dopo i dub­bi sor­ti sui dati rila­scia­ti nel pri­mo tri­me­stre del 2015. Già all’epoca, in un pez­zo del 30 mar­zo, Davi­de Sera­fin scri­ve­va su que­sti schermi:

“Il Mini­stro Polet­ti annun­cia l’aumento di 79.000 uni­tà fra le nuo­ve atti­va­zio­ni con­trat­tua­li a tem­po inde­ter­mi­na­to nel perio­do Gen­na­io-Feb­bra­io 2015, a con­fron­to con il mede­si­mo perio­do del 2014. Va da sé che sono dati par­zia­li (il com­pu­to vie­ne fat­to per tri­me­stre e la pub­bli­ca­zio­ne uffi­cia­le del Mini­ste­ro Lavo­ro avver­rà solo a Giu­gno), tut­ta­via stia­mo par­lan­do di nuo­vi con­trat­ti a tem­po inde­ter­mi­na­to e dovrem­mo esser­ne feli­ci, non è vero? Facen­do un po’ di ricer­ca (dif­fi­ci­le acce­de­re al dato disag­gre­ga­to), si può nota­re che:

1) a nuo­ve atti­va­zio­ni cor­ri­spon­de in gene­re un cer­to nume­ro di ces­sa­zio­ni (licen­zia­men­ti ma soprat­tut­to pensionamenti);

2) Polet­ti divul­ga solo il pri­mo dato (gli pia­ce vin­ce­re facile);

3) il gover­no non è nuo­vo a que­ste sem­pli­fi­ca­zio­ni: a Novem­bre, quan­do i dati del ter­zo tri­me­stre 2014 fece­ro segna­re un +7% per i nuo­vi con­trat­ti a tem­po inde­ter­mi­na­to, ven­ne­ro fat­te all’incirca le mede­si­me considerazioni.”

Fin da allo­ra avan­za­va­mo i pri­mi dub­bi sull’affidabilità dei dati com­men­ta­ti dal Mini­ste­ro, ma anco­ra non ave­va­mo chia­ro quan­to i nume­ri fos­se­ro bal­le­ri­ni, men­tre era pale­se quan­to il Mini­stro fos­se con­di­zio­na­to dal­la pro­pa­gan­da gover­na­ti­va nel com­men­ta­re i dati a uso e con­su­mo del­la nar­ra­zio­ne, anzi­ché dal­la neces­si­tà di ana­liz­za­re i dati per pren­de­re deci­sio­ni di poli­cy più effi­ca­ci a con­tra­sta­re la deser­ti­fi­ca­zio­ne pro­dut­ti­va del nostro Paese.

È con i dati di Mag­gio — divul­ga­ti a Giu­gno — che i dub­bi sul­la qua­li­tà dei dati dif­fu­si comin­cia­no a pren­de­re cor­po. In un pez­zo del 15 giu­gno Giai­me Car­bo­ni e Davi­de Sera­fin, scrivevano:

“Entram­bi i data­ba­se (quel­li del Mini­ste­ro del Lavo­ro e quel­li dell’INPS, nda) dovreb­be­ro con­te­ne­re l’intero uni­ver­so di rife­ri­men­to, dal momen­to che si trat­ta di due adem­pi­men­ti obbli­ga­to­ri da par­te del­le azien­de. Sareb­be­ro ragio­ne­vo­li dif­fe­ren­ze resi­dua­li, non cer­ta­men­te nell’ordine che si osser­va. Que­sto pone dei dub­bi sul­la qua­li­tà dei dati a dispo­si­zio­ne e met­te in discus­sio­ne l’affidabilità del­le rile­va­zio­ni effettuate.”

La sta­ti­sti­ca, si sa, inte­sa come inter­pre­ta­zio­ne dei dati, non è mate­ma­ti­ca: i nume­ri di per sé non han­no voce, e la loro comu­ni­ca­zio­ne dipen­de da quel­lo che si vuo­le rap­pre­sen­ta­re e dal tipo di infor­ma­zio­ne che si desi­de­ra divul­ga­re. Ma c’è una dif­fe­ren­za sostan­zia­le tra uti­liz­za­re uno stes­so dato per comu­ni­ca­re infor­ma­zio­ni dif­fe­ren­ti e comu­ni­ca­re un dato erra­to. Dif­fe­ren­za che sem­bra esse­re sfug­gi­ta ai commentatori.

E col pas­sa­re dei mesi, i dub­bi sull’affidabilità dei dati e sul loro uti­liz­zo scel­le­ra­to da par­te del Gover­no non han­no fat­to che aumen­ta­re, fino ad esplo­de­re nel­la dichia­ra­zio­ne rila­scia­ta il 6 ago­sto dal Pre­si­den­te dell’ISTAT Alle­va che, inter­vi­sta­to da Il Fat­to Quo­ti­dia­no, dichiara:

“Abbia­mo assi­sti­to a un caos poco edi­fi­can­te di cui anche i gior­na­li­sti han­no un’ampia respon­sa­bi­li­tà. Quel­li for­ni­ti dal mini­ste­ro e dall’Inps sono dati di fon­te ammi­ni­stra­ti­va, non “sta­ti­sti­che”. Valu­ta­re il sal­do tra atti­va­zio­ni e ces­sa­zio­ni dei con­trat­ti come se fos­se un aumen­to di teste, cioè di occu­pa­ti, è una appros­si­ma­zio­ne non accet­ta­bi­le. Il gover­no fa il suo mestie­re, ma a me pre­oc­cu­pa mol­to quan­do si sban­die­ra­no dati posi­ti­vi del­lo 0,1%, anche per­ché poi – come si è visto – por­ta­no a fare die­tro­front il mese dopo”.

Insom­ma, al di là dell’errore gra­ve e macro­sco­pi­co da par­te di un Mini­stro e del suo uffi­cio nel cal­co­la­re il nume­ro di con­trat­ti a tem­po inde­ter­mi­na­to (per rin­fac­cia­re a gufi e civet­te che l’Italia ripar­te), non c’è mol­to di nuo­vo sot­to il sole.

C’è solo un Mini­ste­ro tra­sfor­ma­to in uffi­cio mar­ke­ting per fare pro­pa­gan­da dei dati rac­col­ti, al fine di dipin­ge­re una situa­zio­ne sem­pre e comun­que posi­ti­va che, nel­la real­tà, pur­trop­po non esi­ste. Tan­to più che da Mag­gio i con­trat­ti a tem­po inde­ter­mi­na­to non sono più cre­sciu­ti (atti­va­zio­ni net­te Mag­gio +247; Giu­gno cir­ca ‑10.000; Luglio +47).

Ci augu­ria­mo che, in futu­ro, i dati dif­fu­si sia­no miglio­ri per accu­ra­tez­za e affi­da­bi­li­tà, in modo da per­met­te­re a chi ha il tem­po, la capa­ci­tà e la voglia, di ana­liz­zar­li, di stu­dia­re solu­zio­ni ed ela­bo­ra­re pro­po­ste che pos­sa­no por­ta­re dav­ve­ro l’Italia fuo­ri dal­la crisi.

Insom­ma, che alme­no il Mini­stro dif­fon­da dati che per­met­ta­no ad altri di fare il suo mestie­re.

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