Prestito d’onore o prestito di dolore?

Il Governo del cambiamento ha deciso di compiere un ulteriore passo verso l’innovazione nel nostro Paese. Questa volta, tocca all’Università: da alcuni giorni, l’idea lanciata dall’Esecutivo giallo-verde è quella dell’introduzione del cosiddetto prestito d’onore, l’indebitamento studentesco, al fine (così si dice) di favorire l’ingresso agli studi universitari anche ai redditi più bassi. Peccato che questa ipotetica misura rischi di portare il livello della nostra formazione superiore indietro di almeno trent’anni.

Il Gover­no del cam­bia­men­to ha deci­so di com­pie­re un ulte­rio­re pas­so ver­so l’innovazione nel nostro Pae­se. Que­sta vol­ta, toc­ca all’Università: da alcu­ni gior­ni, l’idea lan­cia­ta dall’Esecutivo gial­lo-ver­de è quel­la dell’introduzione del cosid­det­to pre­sti­to d’onore, l’indebitamento stu­den­te­sco, al fine (così si dice) di favo­ri­re l’ingresso agli stu­di uni­ver­si­ta­ri anche ai red­di­ti più bas­si. Pec­ca­to che que­sta ipo­te­ti­ca misu­ra rischi di por­ta­re il livel­lo del­la nostra for­ma­zio­ne supe­rio­re indie­tro di alme­no trent’anni. In Inghil­ter­ra e negli Sta­ti Uni­ti, dove l’indebitamento è pre­sen­te da decen­ni, il siste­ma non può reg­ge­re anco­ra per mol­to e, negli ulti­mi anni, si sono mol­ti­pli­ca­te le cri­ti­ci­tà e i dub­bi a livel­lo eco­no­mi­co nel meri­to del­la que­stio­ne; dovrem­mo così uni­for­mar­ci ad un model­lo este­ro per nul­la in gra­do di garan­ti­re svi­lup­pi posi­ti­vi e inno­va­ti­vi e avver­sa­to negli stes­si con­te­sti da cui proviene?

Non stu­pi­sce, in que­sto sen­so, la peti­zio­ne dell’UDU, l’Unione degli Uni­ver­si­ta­ri, dopo l’annuncio da par­te del MIUR di son­dag­gi tra gli stu­den­ti per sag­gia­re la dispo­ni­bi­li­tà ad acco­glie­re l’inserimento del pre­sti­to nel pros­si­mo decre­to. La comu­ni­tà stu­den­te­sca ha respin­to con for­za una deci­sio­ne appar­sa retro­gra­da e per nul­la sen­si­bi­le con le tema­ti­che acca­de­mi­che; di con­ver­so, si è richie­sto un mag­gio­re sfor­zo per il soste­gno alla liber­tà di stu­dio e all’aumento del­le bor­se di stu­dio, che sono sem­pre meno nume­ro­se e caren­ti negli ate­nei italiani.

Il pre­sti­to d’onore è un inde­bi­ta­men­to pro­gres­si­vo che può per­du­ra­re anche mol­ti anni dopo il con­se­gui­men­to del tito­lo, impe­den­do così di fat­to una sta­bi­li­tà eco­no­mi­ca suf­fi­cien­te per inse­rir­si ade­gua­ta­men­te all’interno dell’economia rea­le; dif­fi­ci­le inca­stra­re un tale inten­to in una real­tà di cri­si e di disu­gua­glian­ze cre­scen­ti come quel­la del nostro Pae­se. Oggi, il debi­to uni­ver­si­ta­rio negli Sta­ti Uni­ti è pari 1300 miliar­di di dol­la­ri, coin­vol­gen­do cir­ca 42,4 milio­ni di cit­ta­di­ni USA. Il dato peg­gio­re è che 4,2 milio­ni di debi­to­ri che nel 2016 han­no dichia­ra­to default, un nume­ro del 17% mag­gio­re dell’anno pre­ce­den­te. Lo stes­so ex Pre­si­den­te Barack Oba­ma ave­va dichia­ra­to di aver estin­to il suo pre­sti­to sola­men­te all’età di 42 anni. 

La spe­sa uni­ver­si­ta­ria e il con­se­guen­te pre­sti­to d’onore è con­si­de­ra­ta quel­la più one­ro­sa dopo il mutuo del­la pri­ma casa e la prin­ci­pa­le cau­sa di rifiu­to del matri­mo­nio o del­la crea­zio­ne di una fami­glia tra i cosid­det­ti mil­le­nials; un’emergenza nazio­na­le che si riper­cuo­te vio­len­te­men­te sull’economia e sul­la pos­si­bi­li­tà del­le nuo­ve gene­ra­zio­ni di ave­re un futu­ro o anche solo di acqui­sta­re un’automobile.

Il dibat­ti­to intor­no al Pre­sti­to d’onore nei pae­si anglo­sas­so­ni si sta inten­si­fi­can­do sem­pre di più, con mani­fe­sta­zio­ni e pre­se di posi­zio­ne rile­van­ti nel mon­do poli­ti­co e cul­tu­ra­le. La cre­sci­ta del­le ret­te uni­ver­si­ta­rie e la cri­si gene­ra­le han­no gene­ra­to una dif­fi­col­tà mag­gio­re e lo stes­so debi­to è diven­ta­to occa­sio­ne per assu­me­re stu­den­ti come biblio­te­ca­ri, come assi­sten­ti ai pro­fes­so­ri paga­ti una mise­ria; sfrut­ta­men­to di mano­do­pe­ra a bas­so costo, ricat­to per gli indi­vi­dui appar­te­nen­ti a mino­ran­ze etni­che e occu­pa­zio­ne di man­sio­ni spe­ci­fi­che tol­te ad altri aspi­ran­ti che accre­sco­no così le fila del­la disoccupazione.

Non è esat­ta­men­te il model­lo di cui la nostra Uni­ver­si­tà ha biso­gno per ottem­pe­ra­re alle sue man­can­ze e alle sue disfun­zio­ni. Un model­lo che gene­ra dipen­den­za eco­no­mi­ca e un pos­si­bi­le dan­no era­ria­le con­si­sten­te, che oltre­tut­to non aumen­ta la pos­si­bi­li­tà di incre­men­ta­re le iscri­zio­ni negli ate­nei del nostro Pae­se. Cala­to, poi, in un con­te­sto di cri­si e di disu­gua­glian­ze come quel­lo che stia­mo viven­do da anni costi­tui­sce un peri­co­lo evi­den­te e una misu­ra total­men­te inef­fi­ca­ce e inop­por­tu­na, in gra­do di dan­neg­gia­re anco­ra di più il dirit­to allo stu­dio. Inol­tre, negli ulti­mi mesi si è vista la cre­sci­ta di piat­ta­for­me on line dal­la dub­bia lega­li­tà che pro­met­to­no l’erogazione di un pre­sti­to stu­den­te­sco sen­za alcun tipo di garan­zia e sen­za il mini­mo con­trol­lo da par­te dell’autorità; por­ta­re avan­ti un pro­get­to come quel­lo pro­po­sto dal Mini­ste­ro rischie­reb­be dun­que di inco­rag­gia­re simi­li ten­ta­ti­vi di rag­gi­ro e di per­met­te­re che gli stes­si stu­den­ti pos­sa­no esse­re ricat­ta­ti fin dopo il loro ingres­so nel mon­do del lavo­ro. Un rischio che non pos­sia­mo per­met­ter­ci e che dob­bia­mo asso­lu­ta­men­te evi­ta­re, cer­can­do di non inse­gui­re model­li este­ri estra­nei al nostro siste­ma uni­ver­si­ta­rio che han­no dimo­stra­to la loro inef­fi­ca­cia, con­cen­tran­do­ci piut­to­sto in inter­ven­ti di soste­gno che pre­ve­da­no una mag­gio­re sen­si­bi­li­tà e mag­gio­ri oppor­tu­ni­tà per i gio­va­ni stu­dio­si. L’università non può e non deve dive­ni­re un pre­sti­to di dolo­re a lun­go termine.

 

Euge­nio Capitani
per il Comi­ta­to Uni­ver­si­tà e Ricer­ca di Possibile

 

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