Il Pd ha già perso, e non c’è coalizione che possa cambiare il suo destino

Il Pd le prossime elezioni le ha già perse, e non per colpa delle divisioni o della sinistra: le ha perse quattro anni fa quando ha cominciato a cacciare le persone

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1508326683688{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]I gior­na­li e i tg di oggi tra­boc­ca­no di repor­ta­ge embed­ded dal tre­no di Ren­zi, un Ren­zi che fa gio­co di squa­dra, che pun­ta al 40 per cen­to, che apre alle coa­li­zio­ni sen­za veti, nem­me­no per D’A­le­ma. Tut­to bel­lis­si­mo, ma chi ci cre­de? Sen­za cita­re nes­su­no dei mil­le pos­si­bi­li pre­ce­den­ti, basta guar­da­re l’ar­ti­co­lo di fian­co, quel­lo in cui Ren­zi sca­ri­ca il bari­le su Ban­ki­ta­lia, per tro­va­re pro­ve del­l’af­fi­da­bi­li­tà e cre­di­bi­li­tà del per­so­nag­gio. Ciò nono­stan­te la que­stio­ne si ripro­po­ne nel dibat­ti­to media­ti­co e poli­ti­co: le aper­tu­re di Ren­zi e la chia­ma­ta alle armi per non far vin­ce­re gli altri. Pec­ca­to che sia tut­to com­ple­ta­men­te fal­so.

Il cen­tro­si­ni­stra, si sa, non è mai sta­to agil­men­te mag­gio­ran­za, in que­sto Pae­se (e men che mai la sini­stra sen­za cen­tro, chec­ché ne dica­no i revi­sio­ni­sti): ha vin­to le ele­zio­ni due vol­te con Pro­di, in un con­te­sto rigi­da­men­te bipo­la­re e sem­pre per un sof­fio, mal­gra­do le tem­po­ra­nee divi­sio­ni con­co­mi­tan­ti nel cam­po avver­so. Nel 2013 Pier­lui­gi Ber­sa­ni si pre­sen­tò come favo­ri­to asso­lu­to, in uno sche­ma di cen­tro­si­ni­stra clas­si­co — con Ber­lu­sco­ni al mini­mo sto­ri­co, tra­vol­to dagli scan­da­li e dal­le pres­sio­ni sovra­na­zio­na­li — e pur pre­mia­to da un siste­ma elet­to­ra­le che gli con­se­gnò la bel­lez­za di 467 par­la­men­ta­ri si fer­mò al 29,55 per cen­to, con il cen­tro­de­stra al 29,18 a un pelo dal­la cla­mo­ro­sa remun­ta­da e la gran­de sor­pre­sa del M5s al 25,56. Nel­la coa­li­zio­ne Ita­lia Bene Comu­ne, il Pd, pur rin­vi­go­ri­to dal­l’ap­pas­sio­nan­te sfi­da del­le pri­ma­rie in cui Ren­zi arri­vò secon­do, si fer­mò al 25,43, con Sel al 3,2 e meno di un pun­to sud­di­vi­so tra Svp e Cen­tro demo­cra­ti­co. Le ana­li­si del gior­no dopo si con­cen­tra­ro­no su due aspet­ti, indi­ca­ti come deci­si­vi del man­ca­to suc­ces­so: il sup­por­to al gover­no lacri­me e san­gue di Mon­ti e alle lar­ghe inte­se, e la cat­ti­va comu­ni­ca­zio­ne di mar­ca bersaniana.

Ora, c’è qual­cu­no che seria­men­te può pen­sa­re che gli ulti­mi cin­que anni, uni­ti alla lea­der­ship di Mat­teo Ren­zi, costi­tui­sca­no una pre­mes­sa miglio­re rispet­to a quel­la del 2013? Tut­to qui.

Intan­to, come già scrit­to nei gior­ni scor­si,  il siste­ma elet­to­ra­le è diver­so: il Por­cel­lum fu ter­ri­bi­le e lun­ga­men­te osteg­gia­to, ma per assur­do pre­miò il Pd più di tut­ti, con­se­gnan­do­gli una gigan­te­sca pat­tu­glia par­la­men­ta­re che però, per quan­to enor­me, non bastò a dar­gli la mag­gio­ran­za. Con la leg­ge attual­men­te in discus­sio­ne, qual­cu­no ha cal­co­la­to che per rag­giun­ge­re il fati­di­co 40 per cen­to il Pd dovreb­be vin­ce­re in oltre il 60 per cen­to dei col­le­gi uni­no­mi­na­li. Fan­ta­scien­za pura, in real­tà dovrà lot­ta­re anche nei feu­di ros­si per non arri­va­re terzo.

Secon­do, il cen­tro­si­ni­stra non c’è più:. Quel­lo del 2013 era for­se discu­ti­bi­le, ma quan­to­me­no esi­ste­va: oggi no. A furia di taglia­re ogni que­stio­ne con l’ac­cet­ta ci si dimen­ti­ca che quel­la for­mu­la era la risul­tan­te del­l’in­con­tro di varie cul­tu­re poli­ti­che che il Pd degli ulti­mi anni ha siste­ma­ti­ca­men­te e volu­ta­men­te demo­li­to. La legi­sla­tu­ra, non dimen­ti­chia­mo­lo, è ini­zia­ta con Ren­zi anco­ra sin­da­co che si lan­cia­va con­tro i cat­to­li­ci demo­cra­ti­ci (nel­l’oc­ca­sio­ne, per que­stio­ni tut­te inter­ne di posi­zio­na­men­to in segui­to alla can­di­da­tu­ra di Mari­ni a Pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca). E que­sti era­no quel­li a lui più vici­ni, la sua area di appar­te­nen­za: figu­ria­mo­ci gli altri. Il Segre­ta­rio del Pd è uno che inter­vie­ne alle Feste del­l’U­ni­tà riven­di­can­do di esse­re lui la sini­stra, lui l’am­bien­ta­li­smo, lui i cat­to­li­ci in poli­ti­ca, lui tut­to. Lui quel­lo che ha ria­per­to l’U­ni­tà, ricor­da­te? Anco­ra se ne par­la, dicia­mo. Tut­te cose di cui poi si è det­to che vale­va­no lo zero­vir­go­la, pec­ca­to solo che togli uno zero­vir­go­la oggi, togli­ne uno doma­ni, e puf, il cen­tro­si­ni­stra non c’è più.

Per­ché il cen­tro­si­ni­stra non era solo far con­vi­ve­re Mastel­la con Ber­ti­not­ti, ben­sì costrui­re con fati­ca — enor­me fati­ca — l’idea che per­so­ne pro­ve­nien­ti da mon­di diver­si potes­se­ro tro­va­re un ter­re­no comu­ne. E met­ter­si d’ac­cor­do su qua­le fos­se quel ter­re­no comu­ne era il 99,9 per cen­to di quel­la fati­ca, che infat­ti fru­stra­va tan­tis­si­mo i poten­zia­li elet­to­ri, dava con­ti­nua­men­te modo ai gior­na­li di rica­mar­ci e che, ripe­tia­mo, al mas­si­mo del­le sue poten­zia­li­tà, insom­ma nel­la miglio­re del­le ipo­te­si, vin­ce­va con stret­to mar­gi­ne. Ren­zi può apri­re a D’A­le­ma quan­to vuo­le, ma di quel­la roba non c’è più nien­te, e non c’è più nien­te per­ché è sta­to pro­prio lui, a pro­por­si come quel­lo che con la lea­der­ship avreb­be archi­via­to quei fati­co­si cami­net­ti. Cosa che ha fun­zio­na­to solo fino alle euro­pee del famo­so 40,8 per cen­to, quel­le in cui si è cre­du­to che dav­ve­ro lui avreb­be incar­na­to, con la sua sola lea­der­ship, tut­to quan­to. Non pote­va dura­re e infat­ti, dopo di allo­ra, il dilu­vio: cer­to i cami­net­ti e le discus­sio­ni del vec­chio cen­tro­si­ni­stra era­no brut­ti, ma con il sen­no di poi è venu­to fuo­ri che anche allon­ta­na­re i pro­pri elet­to­ri a cal­ci in boc­ca, col­pen­do­li siste­ma­ti­ca­men­te in tut­te le loro con­vin­zio­ni più sen­si­bi­li (scuo­la, dirit­ti sul posto di lavo­ro, ambien­te, e così via) alla lun­ga non paga (eufe­mi­smo). Ha avu­to l’oc­ca­sio­ne sto­ri­ca di fare sin­te­si, con un soste­gno sen­za pre­ce­den­ti, ha pre­fe­ri­to asfal­ta­re tut­to ciò che non fos­se esat­ta­men­te a sua imma­gi­ne e somi­glian­za, e se oggi sem­bra tor­na­re indie­tro è solo per­ché sta ingra­nan­do la retro, è sem­pli­ce­men­te la sua natu­ra ed è asso­lu­ta­men­te trasparente.

Infi­ne c’è la que­stio­ne comu­ni­ca­ti­va. Che è inte­res­san­te, pro­prio alla luce del­le cri­ti­che — giu­ste — fat­te a Ber­sa­ni 2013: for­se il Pd, il siste­ma media­ti­co e Ren­zi stes­so non si ren­do­no con­to del­l’ef­fet­to che fa Ren­zi sul­le per­so­ne, sul­l’i­ta­lia­no medio. For­se non capi­sco­no che il gover­no Gen­ti­lo­ni non ha più con­sen­so del pre­ce­den­te per come ammi­ni­stra il Pae­se, ma per­ché non com­pa­re mai, non si impo­ne tut­ti i gior­ni cola­zio­ne pran­zo e cena in tut­ti i tg, in tut­ti i talk, su tut­ti i siti d’in­for­ma­zio­ne, ovun­que inces­san­te­men­te Ren­zi Ren­zi Ren­zi bum bum bum. Ren­zi che par­la par­la par­la, dicen­do sem­pre le stes­se cose, le stes­se cose, le stes­se cose, tut­ti i gior­ni, a tut­te le ore, in tut­ti i luo­ghi: cose fal­se, e tut­ti san­no che sono fal­se tran­ne lui e il gior­na­li­sta che gli sta davan­ti, per­ché pur­trop­po è sta­ta pro­prio la sua osses­sio­ne per la comu­ni­ca­zio­ne ad aver­ci inse­gna­to che la nar­ra­zio­ne e lo sto­ry­tel­ling e tut­te quel­le fan­fa­ro­na­te con cui si camuf­fa il nul­la poli­ti­co reg­go­no solo se la sto­ria di chi ci par­la è coe­ren­te con le cose che dice. È sof­fo­can­te, e ver­reb­be da but­tar­ci­si sot­to al tre­no, altro che salir­ci. La lezio­ne del 4 dicem­bre è sta­ta in que­sto sen­so com­ple­ta­men­te inu­ti­le, è sta­ta fat­ta pas­sa­re per anti­ren­zi­smo frain­ten­den­do­ne il sen­so pro­fon­do: che nes­su­no (se non una mino­ran­za di inva­sa­ti in una teo­cra­zia) può sop­por­ta­re un lea­der poli­ti­co che pre­ten­de l’at­ten­zio­ne del suo popo­lo 24 ore su 24, 7 gior­ni su 7. È una cosa uma­na­men­te impos­si­bi­le. Se da qui alle ele­zio­ni l’e­spo­si­zio­ne di Ren­zi sarà quel­la vista nel­le ulti­me 24 ore ci saran­no anar­chi­ci che usci­ran­no dal­l’a­sten­sio­ne che por­ta­va­no avan­ti sin dagli anni Set­tan­ta, pur di levar­se­lo di torno.

Quin­di, per chiu­de­re la que­stio­ne: non è pos­si­bi­le nes­su­na chia­ma­ta all’u­ni­tà per non far vin­ce­re le destre o altri babau, per­ché il Pd le pros­si­me ele­zio­ni le ha già per­se, e non per col­pa del­le divi­sio­ni o del­la sini­stra: le ha per­se quat­tro anni fa quan­do ha comin­cia­to a cac­cia­re in malo modo non i Civa­ti o i Ber­sa­ni, ma le per­so­ne. E non saran­no gli stes­si che le han­no cac­cia­te, a far­le tornare.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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