Lavoratori dei call center: solo numeri (che non tornano)

Lavo­ra­re in un call cen­ter, oggi, signi­fi­ca non esser altro che un nume­ro. Il con­tri­bu­to indi­vi­dua­le in ter­mi­ni di com­pe­ten­ze, pro­fes­sio­na­li­tà, impe­gno non vie­ne mini­ma­men­te valutato.
Eppu­re, que­sto lavo­ro negli anni si è evo­lu­to in modo tale da richie­de­re agli addet­ti skills sem­pre più vari: l’operatore deve ave­re com­pe­ten­ze rela­zio­na­li, padro­neg­gia­re mil­le con­te­nu­ti, esse­re velo­ce, mul­ti­ta­sking e saper vendere.
Se lavo­ri per un outsour­cer, capi­te­rà spes­so di cam­bia­re com­mes­sa di asse­gna­zio­ne: per cui oggi sei un con­su­len­te assi­cu­ra­ti­vo, doma­ni di tele­fo­nia e ADSL, dopo­do­ma­ni help­de­sk per una gran­de ban­ca, e via dicen­do: pen­sa­te che baga­glio di nozio­ni richie­da­no que­ste attività.
Nono­stan­te que­sto, la media degli sti­pen­di del set­to­re è da fame.

Io sono una “pri­vi­le­gia­ta”: ho un con­trat­to a tem­po inde­ter­mi­na­to per Com­da­ta Group Spa, una gran­de mul­ti­na­zio­na­le con cir­ca 700 mln di fat­tu­ra­to e 32000 dipen­den­ti nel mon­do, dei qua­li oltre 10000 in Ita­lia. Sono sta­ta assun­ta in Voda­fo­ne (a cui devo il mio sti­pen­dio digni­to­so e dove ho pas­sa­to 10 anni); nel 2007 Com­da­ta ha com­pra­to il ramo d’azienda su cui lavo­ra­vo, quin­di me e i miei cir­ca 200 col­le­ghi di Padova.

In que­sti anni, la #giu­sta­pa­ga che rice­via­mo per il nostro ope­ra­to, para­dos­sal­men­te si è tra­sfor­ma­ta in un han­di­cap.
Rispet­to al resto del set­to­re, i nostri sti­pen­di sono fuo­ri mer­ca­to, e ci ren­do­no ricat­ta­bi­li in ogni modo: costi trop­po, quin­di devi pro­dur­re di più, sem­pre di più. La con­cor­ren­za (soprat­tut­to con l’estero) è tut­ta sul prez­zo: la qua­li­tà non con­ta più nulla.
I com­mit­ten­ti impon­go­no tagli sem­pre più spre­giu­di­ca­ti: così ha fat­to TIM, ridu­cen­do del 20% i prez­zi con­cor­da­ti con Comdata.
Que­sto ha gene­ra­to un calo dei pro­fit­ti e dei volu­mi di atti­vi­tà, che Com­da­ta ha deci­so di com­pen­sa­re con la chiu­su­ra di due sedi, Pado­va e Poz­zuo­li (anch’essa ex-Voda­fo­ne), e il con­se­guen­te licen­zia­men­to di 278 per­so­ne. Qua­si tut­te don­ne con figli, tra i 40 e 50 anni, per le qua­li spes­so que­sto è l’unico red­di­to familiare.

Ma que­sti licen­zia­men­ti non sono frut­to di una cri­si: Com­da­ta sta inve­sten­do ovun­que, con nuo­ve acqui­si­zio­ni (in par­ti­co­la­re in Fran­cia) e assun­zio­ni in varie sedi d’Italia. A Mila­no, ad esem­pio, sono sta­te assun­te cir­ca 200 per­so­ne per la gestio­ne del­la com­mes­sa ILIAD: qua­si tut­ti inte­ri­na­li, ovvia­men­te, dei qua­li l’azienda si avva­le in mol­te sedi (Lec­ce ed Asti, ad esem­pio) ma dei qua­li si rifiu­ta di for­ni­re infor­ma­ti­va alle Orga­niz­za­zio­ni Sindacali.
In con­tem­po­ra­nea all’annuncio del nostro licen­zia­men­to, Com­da­ta veni­va elo­gia­ta dall’allora Mini­stro Calen­da per aver fat­to rien­tra­re in Ita­lia la com­mes­sa Fast­web, pri­ma gesti­ta in Roma­nia, che occu­pe­rà 200 per­so­ne circa.

È ben evi­den­te che la chiu­su­ra di Pado­va e Poz­zuo­li è una mera ope­ra­zio­ne finan­zia­ria, di mas­si­miz­za­zio­ne dei pro­fit­ti sul­la pel­le dei lavo­ra­to­ri e di tut­ti i con­tri­buen­ti, che soster­ran­no gli ammor­tiz­za­to­ri socia­li per que­ste per­so­ne. Il lavo­ro c’è, ma vie­ne spo­sta­to dove costa meno e dove è meno garan­ti­to, per ave­re mag­gio­ri pro­fit­ti e sfrut­ta­re tut­ta la “fles­si­bi­li­tà” del per­so­na­le precario.

La ver­ten­za Com­da­ta appro­de­rà pre­sto al Mini­ste­ro del Lavo­ro, dove ci augu­ria­mo ver­rà impo­sto un deci­so cam­bio di rot­ta, costrin­gen­do quest’azienda e le altre del set­to­re ad assu­mer­si final­men­te il loro rischio d’impresa, e non a sca­ri­car­lo sem­pre e solo sui lavo­ra­to­ri e sui con­tri­buen­ti.

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