#LaFrattura. Storia recente della separazione tra Sud e Nord

Mai come prima nella storia del secondo novecento il Sud è stato tenuto così distante dal Nord. Una distanza che aumenta anno dopo anno e che ci consegna la fotografia di una Italia ferma a due velocità: un Nord statico e un Sud in dinamica negativa.

Mai come pri­ma nel­la sto­ria del secon­do nove­cen­to il Sud è sta­to tenu­to così distan­te dal Nord. Una distan­za che aumen­ta anno dopo anno e che ci con­se­gna la foto­gra­fia di una Ita­lia fer­ma a due velo­ci­tà: un Nord sta­ti­co e un Sud in dina­mi­ca nega­ti­va. Lo dice il dato recen­te sul Pil, che vede il Sud atte­star­si sui 17mila euro a testa, il Nord sui 33mila. Un diva­rio di qua­si il 50 per cen­to che tra­dot­to in ter­mi­ni meta­fo­ri­ci indi­ca che un bam­bi­no meri­dio­na­le ha la metà del­le oppor­tu­ni­tà eco­no­mi­che di un coe­ta­neo set­ten­trio­na­le.

Que­sta dif­fe­ren­za è aggra­va­ta dal­la lon­ta­nan­za sto­ri­ca tra i ser­vi­zi pre­sen­ti al Nord (i tra­spor­ti in testa) e quel­li del Sud. Una distan­za che nes­su­na inau­gu­ra­zio­ne auto­stra­da­le può com­pen­sa­re, per­ché quel che man­ca in Cala­bria, per resta­re sul ter­ri­to­rio del­la cele­bre auto­stra­da, sono le stra­de per rag­giun­ge­re gli ospe­da­li, sono i tre­ni per rag­giun­ge­re gli altri Sud così vici­ni e così lon­ta­ni. Quan­do par­lia­mo di ritar­do del Meri­dio­ne, com­met­tia­mo l’errore di pen­sa­re a que­sta por­zio­ne d’Italia come a un tutt’uno. La veri­tà è un’altra: noi meri­dio­na­li sia­mo dei sepa­ra­ti in casa. Non pos­sia­mo rag­giun­ger­ci facil­men­te, né noi né le nostre mer­ci. Per una mela del Tren­ti­no è più faci­le arri­va­re a Bari di un can­no­lo sici­lia­no. Assur­do, ma è così. La logi­sti­ca spez­za­ta è una del­le basi del man­ca­to svi­lup­po inte­gra­to meri­dio­na­le. Un favo­re fat­to ai gran­di siste­mi (anche cri­mi­na­li) che con­trol­la­no l’import/export.

Que­sti esem­pi si accom­pa­gna­no ad altri: la cre­sci­ta demo­gra­fi­ca nega­ti­va, la spe­ran­za di vita che si abbas­sa per man­can­za di cure medi­che, la disoc­cu­pa­zio­ne galop­pan­te, l’abban­do­no sco­la­sti­co, l’emi­gra­zio­ne gio­va­ni­le, la recru­de­scen­za mafio­sa. Fat­to­ri che mes­si in fila dise­gna­no una frat­tu­ra epo­ca­le aggra­va­ta dal­le misu­re dei nuo­vi gover­ni che ten­do­no a favo­ri­re le eco­no­mie regio­na­li più for­ti, facen­do sal­ta­re il prin­ci­pio del­la sus­si­dia­rie­tà. Misu­re che voglio­no nascon­de­re con la reto­ri­ca più cini­ca la veri­tà di un Sud che oscil­la tra la ras­se­gna­zio­ne e la rab­bia. Di un Sud che cer­ca il pro­prio futu­ro sem­pre più fuo­ri da que­sto Paese.

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