[vc_row][vc_column][vc_column_text]«Le Parti interpreteranno ed applicheranno il presente Memorandum nel rispetto degli obblighi internazionali applicabili, in particolare, delle convenzioni sui diritti umani di cui esse siano parte». L’ipocrisia della proposta italiana di modifica del Memorandum con la Libia sta tutta qui, in questo passaggio. Per svelarla è sufficiente richiamare il fatto che la Libia non ha mai sottoscritto la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, e cioè uno dei principali — se non il principale — trattato internazionale che disciplina e garantisce i diritti dei rifugiati, tanto di coloro che hanno uno status riconosciuto, quanto di coloro che sono portatori di questo status in base alla propria storia personale ma per i quali non c’è ancora un riconoscimento giuridico.
Ci sono, poi, tutta una serie di norme a tutela dei diritti umani che la Libia ha palesemente violato fino a oggi, a partire dal divieto di torture e trattamenti inumani e degradanti, e non si capisce per quali ragioni queste violazioni dovrebbero sparire in seguito alla firma di un nuovo Memorandum.
La lettura del testo proposto dalla parte italiana (resa possibile grazie al lavoro di Avvenire e alle anticipazioni di Redattore Sociale) ci restituisce infatti un accordo uguale al precedente, sul quale è stata effettuata un’operazione di pulizia lessicale. Non si abusa più, ad esempio, del termine “clandestino”, mentre i centri di detenzione (che nel Memorandum vengono chiamati “centri di accoglienza”) rimangono tali e quali, se non per il vago impegno a «migliorare, anche mediante fondi resi disponibili da parte italiana e nell’ottica del progressivo superamento del sistema dei centri di accoglienza, le condizioni dei migranti trattenuti nei centri di accoglienza». Un impegno che è fallace nella sua stessa formulazione, laddove prevede un superamento «del sistema dei centri di accoglienza», che se fossero dei veri centri di accoglienza, e non di detenzione e tortura, non sarebbero affatto da superare.
Inoltre, la proposta prende atto di una situazione di grave violazione dei diritti umani, dimenticando che l’Italia ha offerto sostegno tecnico e finanziario alla Libia, per l’attuazione del Memorandum tuttora in vigore, fino ad oggi. «Siamo di fronte — ha dichiarato Gianfranco Schiavone a Redattore Sociale — a un testo che rimanda alle convenzioni internazionali in materia di diritti umani e diritto d’asilo, che cita espressamente la convenzione di Ginevra ma lo fa a vuoto, non c’è scritto nel testo che la Libia adotterà quelle normative. Non c’è niente di concreto, dunque, inoltre si citano leggi come esistenti per l’Italia ma non per la Libia, non si fa un passo avanti, è una scatola vuota. In particolare, la condizione giuridica dei migranti in Libia non viene modificata, si dice solo che saranno trattati meglio».
Per quanto riguarda il nostro Paese, inoltre, ci impegniamo a fornire «sostegno e finanziamento a programmi di crescita nelle regioni colpite dal fenomeno dell’immigrazione irregolare», oltre che «supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della prevenzione e del contrasto all’immigrazione irregolare e delle attività di ricerca e soccorso in mare e nel deserto, in particolare alla guardia di frontiera e alla guardia costiera». «Queste risorse — prosegue Schiavone — vengono date a uno stato non vincolato al rispetto del diritto internazionale, neanche al rispetto del principio di non respingimento e che dunque potrà continuare a respingere le persone, mettendo in atto una serie di violazioni che avvengono per procura».
Un nuovo testo, un nuovo accordo, perché nulla cambi.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]