La possibilità di un Partito

Schermata-2013-10-18-alle-13.41.10I par­ti­ti sono tut­ti mor­ti, dice il Comi­co. La risa­ta, ama­ra, resta stroz­za­ta in gola. Per­ché la cri­si del­la socie­tà indu­stria­le e il tra­mon­to del for­di­smo por­ta­no con sé anche la fine del model­lo di par­ti­to tra­di­zio­na­le, orga­niz­za­to su base gerar­chi­ca e sul­la divi­sio­ne net­ta del­le fun­zio­ni. Più che can­tar­ne la dipar­ti­ta, occor­re ripen­sa­re il ruo­lo dei par­ti­ti, diven­ta­ti solo più comi­ta­ti di inte­res­si pri­va­ti e rap­pre­sen­ta­zio­ni di personalismi.

La mozio­ne di Giu­sep­pe Civa­ti è cer­ta­men­te il docu­men­to più com­ple­to in que­sto sen­so, non solo nel con­te­sto di que­sto con­gres­so ma, più in gene­ra­le, come pro­get­to di rifor­ma del­lo spa­zio di rela­zio­ne che pre­ce­de il siste­ma poli­ti­co. E’ il pro­get­to del par­ti­to del­le pos­si­bi­li­tà, la pri­ma del­le qua­li è la pos­si­bi­li­tà di esse­re ascol­ta­ti, di esse­re accol­ti anche se por­ta­to­ri di dissenso.

La ver­sio­ne di Civa­ti è il frut­to di un cam­mi­no lun­go alme­no quat­tro anni, perio­do in cui Giu­sep­pe è ‘usci­to fuo­ri’, è anda­to di per­so­na a cono­sce­re quei luo­ghi che la dia­let­ti­ca poli­ti­ca ha abban­do­na­to, i cir­co­li, le asso­cia­zio­ni, le pro­vin­ce più remo­te che non si fila mai nes­su­no, ed ha lavo­ra­to insie­me a tan­ti altri per riat­ti­va­re il tes­su­to comu­ni­ca­ti­vo di cui un par­ti­to si dovreb­be nutri­re quo­ti­dia­na­men­te. Un par­ti­to dev’essere un luo­go facil­men­te rag­giun­gi­bi­le, aper­to da ogni lato in cui lo si guar­di, in cui tro­va­no ospi­ta­li­tà le ragio­ni del dis­sen­so, le qua­li con­cor­ro­no, in un dibat­ti­to libe­ro ed infor­ma­to, alla for­ma­zio­ne del­le deci­sio­ni collettive.

La cri­si ita­lia­na ha “come tema cen­tra­le il rap­por­to tra cit­ta­di­ni e Sta­to che i par­ti­ti dovreb­be­ro tra­dur­re in gover­no”: ma la cri­si del­la for­ma par­ti­to deter­mi­na il fal­li­men­to di que­sta media­zio­ne che si ripro­du­ce in uno scol­la­men­to del siste­ma poli­ti­co rispet­to all’ambiente socia­le. Il par­ti­to sen­za for­ma, orien­ta­to solo sul­la linea dei per­so­na­li­smi, è tram­po­li­no dal qua­le i capi­cor­ren­te eser­ci­ta­no pres­sio­ni per occu­pa­re inca­ri­chi di gover­no e di sot­to­go­ver­no: sepa­ra­re par­ti­to e ambi­to di gover­no signi­fi­ca rida­re al par­ti­to quel ruo­lo auto­no­mo nel­la fase di ela­bo­ra­zio­ne e deter­mi­na­zio­ne degli indi­riz­zi del­le poli­ti­che pub­bli­che. Il par­ti­to è ambi­to pre-poli­ti­co, è luo­go del­la discus­sio­ne degli indi­riz­zi poli­ti­ci, di inte­ra­zio­ne fra socie­tà e siste­ma istituzionale.

Nel Par­ti­to Demo­cra­ti­co non si com­pren­de bene chi deci­de e che cosa. La discus­sio­ne è assen­te, o rele­ga­ta in riu­nio­ni infor­ma­li (i cami­net­ti). Trop­po spes­so le deci­sio­ni sono sta­te pre­se sen­za con­sul­ta­re gli elet­to­ri, sen­za coin­vol­ger­li, sen­za “rico­no­sce­re l’essenziale pro­ta­go­ni­smo e la sovra­ni­tà che loro appar­tie­ne”. Un par­ti­to sen­za par­te­ci­pa­zio­ne diven­ta pura buro­cra­zia; un par­ti­to sen­za par­te­ci­pa­zio­ne è pri­vo del­la capa­ci­tà di rap­pre­sen­ta­re il pro­prio elet­to­ra­to e i pro­pri iscrit­ti. Ne cer­ca il soste­gno duran­te le cam­pa­gne elet­to­ra­li, espo­nen­do idee e pro­gram­mi: ma tra­scor­so il perio­do del voto, li dimen­ti­ca, come se non ci fos­se­ro mai sta­ti, e intra­pren­de avven­tu­re poli­ti­che in loro nome che sono in aper­to con­tra­sto con quan­to appe­na promesso.

Infor­ma­re e coin­vol­ge­re dovreb­be­ro esse­re le pri­me mis­sio­ni del Pd, indi­vi­duan­do e abbat­ten­do quel­le bar­rie­re che oggi impe­di­sco­no il confronto.

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