Idomeni è una contraddizione

Idomeni è una contraddizione. Formalmente è un campo dove sono accampate circa diecimila persone. L’enorme esigenza di cibo, acqua potabile, assistenza legale, riparo, asilo, educazione e gioco viene affrontata da gruppi di volontari autonomi e indipendenti.

13120422_10209520086505706_1195217224_o‘One Brid­ge to Ido­me­ni’ è unini­zia­ti­va pro­mos­sa da un grup­po di volon­ta­ri vero­ne­si che ha l’in­ten­to di crea­re un pon­te ver­so Ido­me­ni, uno dei più gran­di cam­pi pro­fu­ghi in Gre­cia, venu­to­si a crea­re dopo la chiu­su­ra del­le fron­tie­re avve­nu­ta in Euro­pa a marzo.

Il pro­get­to ha mos­so il suo pri­mo pas­so a fine mar­zo, con una spe­di­zio­ne a Ido­me­ni: è sta­to in que­sto modo pos­si­bi­le atti­va­re i pri­mi con­tat­ti con le realtà di volon­ta­ria­to già atti­ve sul posto, e vede­re in pri­ma per­so­na la situazione.

In segui­to alla pri­ma spe­di­zio­ne e gra­zie alla straor­di­na­ria rispo­sta rice­vu­ta dal­la per­so­ne che han­no accol­to l’iniziativa, il pro­get­to ‘One Brid­ge to Ido­me­ni’ si sta svi­lup­pan­do per por­ta­re un aiu­to costan­te ed effi­ca­ce lun­go la rot­ta bal­ca­ni­ca, tra­mi­te due linee gui­da: dona­zio­ni (mate­ria­li di pri­ma neces­si­tà e dena­ro), e volon­ta­ri a sup­por­to del­la vita di cam­po. 

Di segui­to il rac­con­to di uno dei volon­ta­ri di ritor­no dal­la secon­da spedizione.

 

“Que­sta vol­ta sarà diver­so”. Me l’a­ve­va det­to Sara pri­ma di par­ti­re, e lei non è nem­me­no venuta.

Ave­va ragio­ne, e non era una pre­vi­sio­ne dif­fi­ci­le: l’esercito ave­va fat­to un’esercitazione vici­no al cam­po il gior­no pri­ma, alcu­ni volon­ta­ri come noi nel­la set­ti­ma­na pre­ce­den­te era­no sta­ti arre­sta­ti dal­la poli­zia e por­ta­ti in caser­ma per esse­re spo­glia­ti e per­qui­si­ti con pre­te­sti fino ad allo­ra mai usa­ti prima.

Ci aspet­ta­va­mo di non riu­sci­re a fare nul­la. Per que­stio­ni di sicu­rez­za, ovviamente.

Il secon­do viag­gio è comin­cia­to all’insegna del­la pre­cau­zio­ne. Rispet­to per i limi­ti di velo­ci­tà, nien­te wal­kie tal­kie, mez­zi com­ple­ta­men­te svuo­ta­ti da tut­to ciò che potes­se esse­re usa­to per por­tar­ci in caser­ma — nien­te bot­ti­glie di vetro vuo­te, nien­te col­tel­li­ni sviz­ze­ri o for­bi­ci. Ma per quan­to ci impe­gnas­si­mo, lo sape­va­mo, se le auto­ri­tà si era­no mes­se in testa di intral­cia­re l’azione dei volon­ta­ri, c’era poco da fare, un pre­te­sto lo avreb­be­ro tro­va­to. Ma se cam­bia­no le rego­le del gio­co, non vuol dire che si deb­ba smet­te­re di gio­ca­re. Non sia­mo cri­mi­na­li, sia­mo qui per aiu­ta­re. Quel­lo che mi divo­ra la pazien­za è il fat­to che a Ido­me­ni, dove le respon­sa­bi­li­tà e le inos­ser­van­ze di un’intera unio­ne di sta­ti gra­va­no sul­le spal­le di miglia­ia di per­so­ne, gli uni­ci a cui ven­ga fer­rea­men­te impo­sta l’osservanza del­le leg­gi sia­no i volon­ta­ri che ope­ra­no al cam­po. Ma chi ope­ra nel giu­sto, deve ope­ra­re nel­la giustizia?

Ido­me­ni è una con­trad­di­zio­ne. For­mal­men­te è un cam­po dove sono accam­pa­te cir­ca die­ci­mi­la per­so­ne. Qua­si fos­se­ro turi­sti. L’azione del­le ONG pre­sen­ti (MSF, UNHCR, Pra­xis, Save the Chil­dren, Mede­cins du Mon­de) è ben distan­te dal copri­re  le neces­si­tà pri­ma­rie di que­sto vil­lag­gio improv­vi­sa­to. L’enorme esi­gen­za di cibo, acqua pota­bi­le, assi­sten­za lega­le, ripa­ro, asi­lo, edu­ca­zio­ne e gio­co vie­ne affron­ta­ta da grup­pi di volon­ta­ri auto­no­mi e indi­pen­den­ti.

Alcu­ni con qual­che asso­cia­zio­ne alle spal­le cer­to, ma semi­sco­no­sciu­te, mai viste sul­le magliet­te dei cal­cia­to­ri o in tv. Maga­ri sono in pie­di da poco, maga­ri altre stan­no anco­ra nascen­do, però intan­to sono qui: inte­ra­men­te soste­nu­te da dona­zio­ni pri­va­te, aiu­ta­te dai loro con­cit­ta­di­ni.

Quan­do il mio pro­fes­so­re di filo­so­fia mi dice­va che le con­trad­di­zio­ni sono il sale del­la vita io non capi­vo. Pen­sa­vo che le cose doves­se­ro ave­re un solo modo per esi­ste­re, che non potes­se­ro esse­re allo stes­so tem­po bian­che e nere, vere e fin­te, giu­ste ed ingiu­ste. Poi ho capi­to, qui, tra biso­gno e aiu­to, che il sale del­la vita a vol­te può esse­re ama­ro e dol­ce allo stes­so tempo.

Per la pri­ma vol­ta ho visto que­sto grup­po, ‘One Brid­ge To Ido­me­ni’, met­te­re in pie­di qual­co­sa di suo. Ho visto dare un’impronta ori­gi­na­le all’aiuto che sta por­tan­do. Ho visto noi stes­si, noi ragaz­zi, dare real­tà ad un pro­get­to che abbia­mo cer­ca­to, volu­to ed inse­gui­to. Per tre­mi­la chi­lo­me­tri. Per ben due volte.

Il Cen­tro Cul­tu­ra­le di Ido­me­ni è poco più di un ten­do­ne con uno spa­zio aper­to e all’ombra sul retro, tut­to deli­mi­ta­to da una stac­cio­na­ta di legno e mise­ro filo di fer­ro. Deli­mi­ta­to ma aper­to, sia chia­ro, non come l’altro recin­to, quel­lo più gran­de. Nel Cen­tro Cul­tu­ra­le di Ido­me­ni si inse­gna­no l’inglese, la mate­ma­ti­ca, l’a­ra­bo, il cur­do e le scien­ze. Ma quan­do di anda­re a scuo­la la voglia pro­prio non c’è, occor­re intrat­te­ne­re i bam­bi­ni che non voglio­no par­te­ci­pa­re alle lezio­ni. Così ci sia­mo pro­po­sti di intrat­te­ner­li noi, que­sti vul­ca­ni con trop­pa ener­gia per sta­re sedu­ti a scri­ve­re. Ci si pro­va; se è quel­lo che in que­sto momen­to man­ca in quest’angolo di cam­po, vale la pena tentare.

Tre bot­te­ghe: brac­cia­let­ti, col­la­ne e pal­li­ne da gio­co­le­ria. Filo, per­li­ne, pal­lon­ci­ni. Sem­bra faci­le, ma loro sono in tren­ta e non stan­no fer­mi. Sem­bra noio­so, ma loro non han­no nien­te. Sem­bra inu­ti­le, ma loro rido­no. Dov’è Edoar­do? E’ accer­chia­to quan­to me. E gli altri? Pure. Per nostra for­tu­na c’è Jen­ny, che con i bam­bi­ni ha tro­va­to una lin­gua che solo loro pos­so­no capi­re. Vor­rei aver­lo anche io quel dizionario.

A fine gior­na­ta ci chie­do­no quan­do ritor­ne­re­mo, pre­sto spe­ro. Lo spe­ra­no anche loro.

Rien­tria­mo al tra­mon­to, pas­san­do sul­lo stes­so pon­te in cui la mat­ti­na la poli­zia ci ha con­trol­la­to i docu­men­ti e chie­sto cosa anda­va­mo a fare nel cam­po. Non han­no un chec­k­point per chi se ne sta andan­do, quel­lo che ti por­ti via quan­do esci da Ido­me­ni non rien­tra nel­la lista dei baga­gli che ti pos­so­no toglie­re la liber­tà. For­se lo sanno.

Il gior­no dopo andia­mo a Eko Camp, rifac­cia­mo la stes­sa cosa, den­tro un asi­lo mol­to simi­le. Que­sta vol­ta però sia­mo col­lau­da­ti, il risul­ta­to è lo stes­so: bam­bi­ni feli­ci e coo­pe­ran­ti che ci chie­do­no quan­do tor­ne­re­mo. Ma allo­ra vuol dire che for­se funziona?

Que­sta vol­ta è sta­to diver­so. Que­sta vol­ta non abbia­mo “solo” aiu­ta­to, que­sta vol­ta ce ne sia­mo anda­ti con la pro­mes­sa di ritor­na­re a ripor­ta­re un brac­cia­let­to. For­se abbia­mo coper­to un minu­sco­lo buco all’interno di quel­la vora­gi­ne di aiu­to che Ido­me­ni neces­si­ta? Non lo so, ma se lo abbia­mo fat­to è sta­to con un pal­lon­ci­no colorato.

Secon­do i gre­ci anti­chi, Kai­ros era il dio del “momen­to pas­seg­ge­ro”, di “un’op­por­tu­ni­tà favo­re­vo­le che oppo­ne­va il fato all’uomo”. Kai­ros veni­va raf­fi­gu­ra­to come un atle­ta ala­to dal­la testa com­ple­ta­men­te rasa­ta eccet­to per un ciuf­fo sul­la fron­te. Per fer­mar­lo occor­re­va affer­ra­re il ciuf­fo al momen­to oppor­tu­no, per­ché poi non si sareb­be ripre­sen­ta­to mai più. A dif­fe­ren­za di Cro­no, il tem­po, che ha una natu­ra quan­ti­ta­ti­va, Kai­ros ha una natu­ra qua­li­ta­ti­va. E’ il momen­to per agi­re, è il momen­to da affer­ra­re, è quell’occasione che non viag­gia sui bina­ri del tem­po. E’ la sta­zio­ne sul­la qua­le sal­ta­re dal tre­no in cor­sa. Quel­la sta­zio­ne è l’ultima pri­ma del­la Macedonia.

Sara ades­so è lì.

Jaco­po Rui

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

L’indipendenza delle persone con disabilità passa (anche) dall’indipendenza economica

È la Gior­na­ta Inter­na­zio­na­le del­le Per­so­ne con Disa­bi­li­tà, e anco­ra una vol­ta riba­dia­mo quan­to sia urgen­te e neces­sa­rio un cam­bia­men­to socia­le e cul­tu­ra­le per la pie­na indi­pen­den­za di tut­te e tut­ti. C’è tan­to da fare, dal­la revi­sio­ne del­le pen­sio­ni di inva­li­di­tà a un pia­no per l’eliminazione del­le bar­rie­re archi­tet­to­ni­che, pas­san­do per il tabù — da abbat­te­re al più pre­sto — sull’assistenza ses­sua­le. Una for­ma fon­da­men­ta­le di auto­no­mia è quel­la economica.