Elezioni e par condicio, la beffa più grande

"La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui non esiste", diceva Verbal-Keyser Söze ne I soliti sospetti, la beffa più grande che la politica italiana abbia mai fatto, si potrebbe invece dire parafrasandolo, è convincere il mondo che non ne esiste un'altra.

“La bef­fa più gran­de che il dia­vo­lo abbia mai fat­to è sta­to con­vin­ce­re il mon­do che lui non esi­ste”, dice­va Ver­bal-Key­ser Söze ne I soli­ti sospet­ti, la bef­fa più gran­de che la poli­ti­ca ita­lia­na abbia mai fat­to, si potreb­be inve­ce dire para­fra­san­do­lo, è con­vin­ce­re il mon­do che non ne esi­ste un’al­tra.

A die­ci gior­ni esat­ti dal voto il tema del­le ele­zio­ni euro­pee è qua­si assen­te dai mez­zi d’in­for­ma­zio­ne, a dispet­to di un’im­por­tan­za inve­ce capi­ta­le, e di cui tut­ti si ricor­de­ran­no solo tra qual­che mese quan­do lo spread si impen­ne­rà ulte­rior­men­te o sali­rà l’I­va, per­ché anche quel­li più seri e pre­oc­cu­pa­ti pre­fe­ri­sco­no occu­par­si del gos­sip inve­ce che del­le que­stio­ni com­ples­se. La poli­ti­ca è subli­ma­ta nel con­fron­to tra Sal­vi­ni e Di Maio che met­ten­do in sce­na un con­flit­to fra loro rie­sco­no nel­l’o­pe­ra­zio­ne di can­tar­se­la e suo­nar­se­la da soli, mag­gio­ran­za e oppo­si­zio­ne a tur­ni alter­ni nel­lo stes­so Gover­no. Non si sa quan­to volu­ta­men­te, ma l’o­pe­ra­zio­ne fun­zio­na nel­la misu­ra in cui tut­ti gli orga­ni d’in­for­ma­zio­ne van­no loro die­tro. Genia­li gli auto­ri, al net­to del­le gaf­fe e degli inci­den­ti di per­cor­so in cui per for­tu­na, alme­no quel­lo, inciam­pa­no, un po’ meno chi abboc­ca all’a­mo: chia­mia­mo­li uti­li idioti.

In più, Sal­vi­ni e Di Maio pos­so­no riven­di­ca­re il loro pro­fi­lo di lea­der nuo­vi e ana­gra­fi­ca­men­te gio­va­ni, che si pren­do­no lo spa­zio e che i rispet­ti­vi par­ti­ti trat­ta­no da lea­der rico­no­sciu­ti, cosa che pur­trop­po nel­le altre liste non accade.

Non è che nel­le altre liste man­chi­no le can­di­da­tu­re inno­va­ti­ve, e gio­va­ni, con un pun­to di vista diver­so sul­le cose e sul mon­do, che pos­so­no chie­de­re la fidu­cia degli elet­to­ri per­ché non l’han­no già tra­di­ta in pas­sa­to, è che in qua­si tut­ti i casi sono lì per dare una pen­nel­la­ta di fre­schez­za, ma poi tut­to lo spa­zio se lo pren­do­no i soli­ti. Che han­no più spa­zio, che par­la­no diret­ta­men­te con le reda­zio­ni, e che non sono così signo­ri­li da cede­re que­gli spa­zi a chi avan­za. Con un cer­to cini­smo, che non è esat­ta­men­te una dote in poli­ti­ca, men che mai a sini­stra. E la fre­schez­za scompare.

Ma, per capir­ci, è come se le cam­pa­gne di Lega e M5S, al net­to dei suoi due gio­va­ni lea­der, le stes­se­ro facen­do Umber­to Bos­si e Bep­pe Gril­lo. Sareb­be incom­pren­si­bi­le, eppu­re tut­ti gli altri che vedia­mo sfi­la­re in tivù face­va­no già esat­ta­men­te lo stes­so mestie­re pro­prio quan­do Bos­si e Gril­lo era­no i capi di Lega e M5S. E nes­su­no fa una pie­ga, nes­su­no si pre­oc­cu­pa del fat­to che que­sta situa­zio­ne è la mor­te del­la poli­ti­ca come disci­pli­na in gra­do di com­pren­de­re non dico il futu­ro, ma alme­no il pre­sen­te. Cosa impos­si­bi­le, se è rivol­ta solo al passato.

Dal par­ti­to­ne al par­ti­ti­no è tut­to uno sfi­la­re di lea­der bol­li­ti, bol­li­tis­si­mi, che le per­so­ne a casa ascol­ta­no e poi pen­sa­no: anco­ra? Dav­ve­ro? Allo­ra meglio vota­re qual­cun altro, qual­cu­no che alme­no mi dica del­le cose diver­se, che non mi fac­cia ricor­da­re con la sua sola pre­sen­za tut­te le delu­sio­ni e i casi­ni com­bi­na­ti in que­sti ulti­mi ven­ti anni.

Non è nuo­vi­smo, è che così risul­ta impos­si­bi­le rac­con­ta­re un mon­do diver­so, un mon­do nuo­vo, per­ché banal­men­te non c’è, non è visi­bi­le, non ha spa­zio, lo spa­zio se lo tie­ne stret­to e lo occu­pa tut­to il mon­do vec­chio, anzi vec­chis­si­mo. E chi ne fa par­te non capi­sce nem­me­no di cosa stia­mo par­lan­do, pro­se­gue la sua mar­cia sul­la scia di una popo­la­ri­tà che fu ma che è con­di­zio­ne suf­fi­cien­te per poter con­ti­nua­re a sta­re in pri­ma fila: e sic­co­me vige una leg­ge fisi­ca che si chia­ma incom­pe­ne­tra­bi­li­tà del­lo spa­zio, occu­pan­do­lo loro lo tol­go­no a qual­co­sa di più interessante.

Lo capi­sco­no istin­ti­va­men­te gli elet­to­ri, lo dimo­stra­no i risul­ta­ti, gli uni­ci che pro­prio non ci arri­va­no sono i diret­ti inte­res­sa­ti: i bol­li­tis­si­mi di cui sopra — e pazien­za se poi muo­re San­so­ne con tut­ti i fili­stei — e gli addet­ti ai lavo­ri. Gli stes­si che poi si chie­de­ran­no come mai le cose sia­no anda­te male, ma non pre­oc­cu­pa­te­vi, non lo faran­no in silen­zio: ver­ran­no in tivù anche dopo il voto, per spiegarcelo.

Per que­sto, in assen­za di una par con­di­cio che non sia inu­ti­le come quel­la vigen­te, e che non si limi­ti a distri­bui­re lo spa­zio tra for­ze ma lo divi­da tra il vec­chio e il nuo­vo garan­ten­do­glie­ne alme­no una par­te, ser­ve uno sfor­zo ulte­rio­re, tita­ni­co, da par­te di chi vota non accon­ten­tan­do­si di quel che pas­sa il con­ven­tolo sfor­zo di sce­glie­re qual­co­sa di meglio — qual­cu­no, in par­ti­co­la­re, di miglio­re — andan­do­se­lo a cer­ca­re nel­le liste, nel­le ini­zia­ti­ve loca­li, sui social tra chi vi sta sopra con con­te­nu­ti e modi più bril­lan­ti. È una fati­cac­cia, ma tan­to vale met­ter­ci­si, per­ché altri­men­ti non se ne esce.

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