Divari di reddito: la mobilitazione che arriva dalla Francia

Ci sono responsabilità diverse tra i diversi ruoli che si ricoprono nella stessa azienda, si dirà, ed è giusto che ci siano differenze di retribuzione. Certamente è così ed è giusto che sia così, finché le differenze non si ampliano tanto da configurare vere e proprie ingiustizie sociali, del tutto inspiegabili anche adottando gli strumenti interpretativi della migliore tradizione liberale.

I cugi­ni fran­ce­si, da alcu­ne set­ti­ma­ne in piaz­za con­tro una rifor­ma del lavo­ro che tan­to ricor­da il Jobs act, rilan­cia­no, sem­pre sul lavo­ro. E sem­pre su una que­stio­ne che tro­va ospi­ta­li­tà nel nostro sim­bo­lo: la man­ca­ta ugua­glian­za tra le retri­bu­zio­ni che stan­no ai ver­ti­ci e che stan­no alla base del­la mede­si­ma azien­da. Ci sono respon­sa­bi­li­tà diver­se tra i diver­si ruo­li che si rico­pro­no nel­la stes­sa azien­da, si dirà, ed è giu­sto che ci sia­no dif­fe­ren­ze di retri­bu­zio­ne. Cer­ta­men­te è così ed è giu­sto che sia così, fin­ché le dif­fe­ren­ze non si amplia­no tan­to da con­fi­gu­ra­re vere e pro­prie ingiu­sti­zie socia­li, del tut­to inspie­ga­bi­li anche adot­tan­do gli stru­men­ti inter­pre­ta­ti­vi del­la miglio­re tra­di­zio­ne libe­ra­le.

Alcu­ne set­ti­ma­ne fa Libè­ra­tion ha pro­mos­so il cosid­det­to “Appel des 40”, un testo sot­to­scrit­to da 40 eco­no­mi­sti che chie­de una cosa mol­to sem­pli­ce: che il rap­por­to tra la retri­bu­zio­ne di un diri­gen­te e di un lavo­ra­to­re dipen­den­te sia infe­rio­re a 100 nel­le mag­gio­ri azien­de quo­ta­te in Bor­sa. Una pro­por­zio­ne ele­va­tis­si­ma, ma comun­que infe­rio­re a quan­to riscon­tra­bi­le ora all’in­ter­no del­le nostre economie.

LEGGI LA TRADUZIONE IN ITALIANO DELL’«APPEL DES 40».

In una sola gior­na­ta — rac­con­ta oggi Il Fat­to Quo­ti­dia­no attra­ver­so la pen­na di Fer­di­nan­do Camon — le fir­me sono cre­sciu­te fino a toc­ca­re quo­ta 10mila, e l’ap­pel­lo ha tro­va­to il soste­gno del pri­mo mini­stro fran­ce­se Manuel Valls: «quel­la è la stra­da che biso­gna segui­re», ha dichiarato.

Ovvia­men­te si trat­ta di una misu­ra di giu­sti­zia socia­le che non può tro­va­re una cor­ri­spon­den­te disci­pli­na nor­ma­ti­va ma, allo stes­so tem­po, pos­so­no esse­re intro­dot­te nel nostro ordi­na­men­to misu­re che, in pri­mo luo­go, invi­ti­no alla tra­spa­ren­za rispet­to alle dif­fe­ren­ze di retri­bu­zio­ne e che, in secon­do luo­go, pre­mi­no le impre­se che ridu­co­no le disu­gua­glian­ze.

Esem­pi vir­tuo­si esi­sto­no già, e arri­va­no dal nostro Pae­se. Il rap­por­to 10 a 1 volu­to da Oli­vet­ti. Ma anche il rap­por­to mas­si­mo di 6 a 1 impo­sto da Ban­ca Eti­ca al pro­prio inter­no, attra­ver­so l’ac­cet­ta­zio­ne di uno Sta­tu­to interno.

Come sem­pre, è una que­stio­ne di scel­te. Di scel­te a favo­re del­l’u­gua­glian­za o di scel­te che pre­mia­no sem­pre il ver­ti­ce del­la pira­mi­de. E quan­to sareb­be bel­lo se anche il nostro Pre­si­den­te del Con­si­glio si espri­mes­se come Manuel Valls: ne avrà il coraggio?

(Gra­zie a Fosca Ben­ne per la traduzione).

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