Di rappresentanti (poco) permanenti a Bruxelles

Non più di tre mesi e mezzo fa, la scelta di Renzi di nominare a Capo della Rappresentanza permanente a Bruxelles un politico, l'allora viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda, fece molto discutere e sollevò non poche critiche e malumori.

Non più di tre mesi e mez­zo fa, la scel­ta di Ren­zi di nomi­na­re a Capo del­la Rap­pre­sen­tan­za per­ma­nen­te a Bru­xel­les un poli­ti­co, l’al­lo­ra vice­mi­ni­stro allo Svi­lup­po eco­no­mi­co Car­lo Calen­da, fece mol­to discu­te­re e sol­le­vò non poche cri­ti­che e malu­mo­ri. Non suc­ce­de­va da ses­san­t’an­ni che l’in­te­ro cor­po diplo­ma­ti­co fos­se sca­val­ca­to da una nomi­na poli­ti­ca, crean­do un pre­ce­den­te rischio­so, e tale da atti­ra­re le pesan­ti cri­ti­che del Sin­da­ca­to dei diplo­ma­ti­ci e di figu­re di spic­co del­la Far­ne­si­na, non­ché di 230 gio­va­ni diplo­ma­ti­ci che, in una let­te­ra al Pre­si­den­te del Con­si­glio, si dis­se­ro “diso­rien­ta­ti” da que­sta “scel­ta pre­oc­cu­pan­te”, ricor­dan­do­gli che “non ci s’ improv­vi­sa Amba­scia­to­ri. Si diven­ta diplo­ma­ti­ci non solo col supe­ra­men­to di un con­cor­so pub­bli­co tra i più selet­ti­vi, ma soprat­tut­to attra­ver­so un per­cor­so di pro­fes­sio­na­li­tà, respon­sa­bi­li­tà, con­ti­nue valutazioni”.

Secon­do le rico­stru­zio­ni gior­na­li­sti­che quel­la scel­ta si inse­ri­va nel con­te­sto del­le rea­zio­ni alle cri­ti­che tra­pe­la­te del­la Com­mis­sio­ne sul­l’as­sen­za di un’in­ter­lo­cu­to­re del gover­no ita­lia­no a Bru­xel­les. Ruo­lo che sareb­be spet­ta­to natu­ral­men­te alla figu­ra del­l’ex-Amba­scia­to­re Ste­fa­no San­ni­no, diplo­ma­ti­co di gran­de espe­rien­za, se solo il pre­mier non lo con­si­de­ras­se, sem­pre secon­do le rico­stru­zio­ni gior­na­li­sti­che, “trop­po vici­no alla Com­mis­sio­ne” o “ai buro­cra­ti di Bru­xel­les”, oppu­re a Pro­di e a Let­ta, e comun­que trop­po estra­neo al ren­zi­smo nel­lo sti­le e nel meto­do.

Eppu­re, dopo tut­to il pol­ve­ro­ne sol­le­va­to, il nuo­vo Amba­scia­to­re all’UE Calen­da non ha fat­to nem­me­no in tem­po ad entra­re in ser­vi­zio (il 21 mar­zo), che già vie­ne richia­ma­to a Roma per sosti­tui­re il mini­stro Gui­di allo Svi­lup­po Economico.

Buf­fo che pro­prio una set­ti­ma­na fa un arti­co­lo su Repub­bli­ca ci spie­gas­se le ragio­ni di fon­do di quel­la scel­ta, inte­sa come inve­sti­men­to poli­ti­co sul ver­san­te euro­peo, come pun­to di svol­ta nei meto­di di lavo­ro ita­lia­ni a Bru­xel­les. Evi­den­te­men­te c’è sta­to un ripen­sa­men­to. Resta il fat­to che pare poco serio man­da­re un rap­pre­sen­tan­te a Bru­xel­les e riti­rar­lo dopo set­te set­ti­ma­ne (47 gior­ni). Evi­den­te­men­te per il Gover­no Ren­zi c’è sem­pre qual­co­sa di più impor­tan­te da fare in Ita­lia che pre­si­dia­re le isti­tu­zio­ni euro­pee. Che star­ci con due pie­di, a segui­re i dos­sier legi­sla­ti­vi pri­ma, e non dopo, aver sco­per­to che cosa con­ten­go­no e in che modo inci­do­no sul nostro Pae­se. E maga­ri lamen­tar­se­ne pure, a poste­rio­ri, caval­can­do il faci­le popu­li­smo del buro­cra­te sen­za fac­cia che sce­glie per noi, in qual­che gri­gio palaz­zo di Bru­xel­les. Cer­to, si dirà, Ren­zi non pote­va mica sape­re che si sareb­be libe­ra­to un posto di gover­no. Il che non è un buon argo­men­to, visto il caso che ha ori­gi­na­to la vacan­za, per­ché maga­ri dovreb­be impa­ra­re a sce­glier­li meglio da prin­ci­pio.

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