Decreto clima: se la direzione è giusta, quel che manca è il coraggio

L'hanno chiamato "decreto clima" eppure di "climatico", in questo decreto, c'è davvero ben poco. Certo, il tentativo del governo, attraverso questa"partenza rapida" è quello di impostare l'attacco ad alcuni dei temi che impattano negativamente sui cambiamenti climatici.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]L’hanno chia­ma­to “decre­to cli­ma” eppu­re di “cli­ma­ti­co”, in que­sto decre­to, c’è dav­ve­ro ben poco. Cer­to, il ten­ta­ti­vo del gover­no, attra­ver­so questa“partenza rapi­da” è quel­lo di impo­sta­re l’at­tac­co ad alcu­ni dei temi che impat­ta­no nega­ti­va­men­te sui cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci. E’ neces­sa­rio però dire chia­ra­men­te che se tro­via­mo misu­re e in alcu­ni casi spun­ti apprez­za­bi­li, come la tute­la di par­chi natu­ra­li ed eco­si­ste­mi e la rifo­re­sta­zio­ne urba­na, non si vede anco­ra la vera sfi­da a ele­men­ti deter­mi­nan­ti. Vedia­mo­li, quin­di, pun­to per punto.

Comin­cia­mo dal tra­spor­to mer­ci aereo e su gom­ma, o la can­cel­la­zio­ne dei pro­get­ti infra­strut­tu­ra­li cor­re­la­ti: amplia­men­ti di aero­por­ti e nuo­ve auto­stra­de incen­ti­va­no, più che dimi­nui­re, la doman­da di traf­fi­co stra­da­le ed aereo. Doman­da che dovreb­be esse­re inve­ce dirot­ta­ta su fer­ro­vie per i col­le­ga­men­ti subur­ba­ni, inter­re­gio­na­li e nazio­na­li, e sul­l’in­ter­mo­da­li­tà, anche attra­ver­so nuo­ve infra­strut­tu­re, come la Tir­re­no-Bren­ne­ro fer­ro­via­ria. Si trat­ta di que­stio­ni cer­ta­men­te più lon­ta­ne dagli occhi dei cit­ta­di­ni rispet­to agli scuo­la­bus e ai taxi, ma impo­nen­ti nei nume­ri e nell’impatto.

Per la mobi­li­tà pri­va­ta, occor­re più corag­gio nel pun­ta­re su tram e piste cicla­bi­li nel­le aree metro­po­li­ta­ne e, come cor­ret­ta­men­te indi­ca­to, mobi­li­tà pub­bli­ca elet­tri­ca nel­le cit­tà di pic­co­le dimen­sio­ni. Occor­re quin­di abban­do­na­re i timo­ri ed inco­rag­gia­re con deci­sio­ne l’e­vo­lu­zio­ne del tra­spor­to pesan­te ed infra­strut­tu­re annes­se, dove il cit­ta­di­no, pur con­sa­pe­vo­le, non ha effet­ti­vo pote­re di influen­za­re, ma lo Sta­to lo tute­la nel deter­mi­na­re scel­te stra­te­gi­che in suo favore.

Bene gli incen­ti­vi per rimuo­ve­re i vei­co­li pri­va­ti più inqui­nan­ti, ma quan­do sen­ti­re­mo par­la­re di razio­na­liz­za­zio­ne dei voli? Il tra­spor­to aereo è fra i mag­gio­ri con­tri­bu­to­ri all’in­qui­na­men­to del­l’a­ria: dal­la com­bu­stio­ne di car­bu­ran­ti fos­si­li alla rela­ti­va immis­sio­ne di CO2 e inqui­nan­ti in atmo­sfe­ra. Pen­sia­mo ad esem­pio alla Pia­nu­ra Pada­na, la pia­nu­ra con l’a­ria più inqui­na­ta d’Eu­ro­pa, dove gli aero­por­ti sono fio­ri­ti negli anni e ven­go­no oggi este­si sen­za che si ten­ga con­to del rea­le impat­to ambien­ta­le com­ples­si­vo su tut­to il baci­no idro­gra­fi­co del Po.

Vi sono que­stio­ni come i rifiu­ti e l’im­bal­lag­gio dove l’i­ni­zia­ti­va impren­di­to­ria­le sta sopra­van­zan­do la poli­ti­ca a bal­zi gigan­te­schi, spin­ta da un cir­co­lo vir­tuo­so di modi­fi­ca del­le abi­tu­di­ni di con­su­mo sul­le qua­li il cam­bia­men­to cul­tu­ra­le dei cit­ta­di­ni sta già com­pien­do una sele­zio­ne e influen­zan­do le scel­te di mar­ke­ting, nono­stan­te l’assenza di poli­ti­che o inter­ven­ti sta­ta­li massivi.

Tasto dolen­te e ogget­to dell’attuale discus­sio­ne sul­le coper­tu­re finan­zia­rie e sul­l’im­pat­to eco­no­mi­co sui set­to­ri inte­res­sa­ti, il disin­ve­sti­men­to di dena­ro pub­bli­co dal­le fon­ti fos­si­li, o ridu­zio­ne dei sus­si­di ambien­tal­men­te dan­no­si: lo stop va discus­so con i por­ta­to­ri di inte­res­se e seb­be­ne sia pre­sen­ta­to come gra­dua­le — fin trop­po, un pro­gres­si­vo meno 10% annuo, azze­ran­do­si nel 2040 – ha susci­ta­to anche i malu­mo­ri dei sindacati.

Tut­ti temi evi­den­te­men­te mol­to cal­di. E tut­ta­via cen­tra­li e ine­lut­ta­bi­li, se si inten­de lot­ta­re seria­men­te per sal­va­guar­da­re non tan­to il pia­ne­ta, ma l’ha­bi­tat del­la spe­cie Homo sapiens sapiens, che, per inci­so, signi­fi­ca la nostra sopravvivenza.

In con­clu­sio­ne, una pro­po­sta debo­le, che sem­bra det­ta­ta più dal­la moda del momen­to, dal­la neces­si­tà di segui­re l’on­da ver­de e ope­ra­re una di quel­le che i com­men­ta­to­ri più atten­ti chia­me­reb­be­ro “ope­ra­zio­ne di gree­n­wa­shing”.

Chia­ra Bertogalli[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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