Colleferro, una storia di rifiuti, malaffare e veleni

È la sera del 9 mag­gio: Vir­gi­nia Rag­gi, sin­da­ca di Roma, è ospi­te a “Por­ta a Porta”.

Bru­no Vespa la incal­za sul­la que­stio­ne dei rifiu­ti, le chie­de di illu­stra­re le solu­zio­ni che il Comu­ne di Roma inten­de met­te­re in cam­po per usci­re dal­la cri­si che ha lascia­to immon­di­zia abban­do­na­ta per le stra­de del­le Capitale.

E Vir­gi­nia Rag­gi rispon­de: “A bre­vis­si­mo [ter­mi­ne] qual è la solu­zio­ne? La solu­zio­ne è che la Regio­ne Lazio sbloc­chi tut­te le auto­riz­za­zio­ni che ha già in pie­di. […] C’è già una disca­ri­ca, a Col­le­fer­ro, che è di pro­prie­tà sostan­zial­men­te del­la Regio­ne. La Regio­ne potreb­be con­ti­nua­re lì.

Poco più di un mese dopo, l’annuncio: l’inceneritore di Col­le­fer­ro sarà rimes­so a nuo­vo e sal­ve­rà Roma dall’emergenza, bru­cian­do fino a 220’000 ton­nel­la­te di rifiu­ti pro­ve­nien­ti dal­la Capi­ta­le, gra­zie ad un inve­sti­men­to di 2,5 milio­ni di euro.

Col­le­fer­ro è una cit­ta­di­na di 25mila abi­tan­ti in pro­vin­cia di Roma, a cir­ca 60 chi­lo­me­tri dal­la Capi­ta­le. Un luo­go sco­no­sciu­to, qua­si vir­tua­le, per gli spet­ta­to­ri di Rai Uno e per i let­to­ri dei vari quo­ti­dia­ni, che pren­de sostan­za esclu­si­va­men­te all’interno del discor­so del­la sin­da­ca o dei tra­fi­let­ti giornalistici.
Col­le­fer­ro rap­pre­sen­ta per la Rag­gi un’autentica man­na dal cie­lo: una solu­zio­ne loca­le e mol­to più a buon mer­ca­to rispet­to all’invio di tre­ni e tre­ni di “mon­nez­za” oltre con­fi­ne; la pos­si­bi­li­tà di usci­re dal fuo­co incro­cia­to e spe­gne­re i riflet­to­ri che da tem­po sono pun­ta­ti sul­la giun­ta capitolina.

Eppu­re la “solu­zio­ne Col­le­fer­ro” non è cer­to una novi­tà: sono ormai 25 anni che la cit­ta­di­na è inse­ri­ta a pie­no tito­lo nel busi­ness lazia­le dei rifiu­ti. Col­le­fer­ro, infat­ti, van­ta ben due impian­ti di ince­ne­ri­men­to e un’enorme disca­ri­ca, secon­da solo a Mala­grot­ta in ter­mi­ni di volume.

I cit­ta­di­ni di Col­le­fer­ro e del­la Val­le del Sac­co, però, sono stanchi.
La sto­ria del­la “solu­zio­ne Col­le­fer­ro” è costel­la­ta di disa­stri ambien­ta­li, eco­no­mi­ci e sanitari.

È una sto­ria che va rac­con­ta­ta, per com­pren­de­re a pie­no l’irrazionalità e il cini­smo di chi oggi pro­po­ne di risol­ve­re in pro­vin­cia i pro­ble­mi di Roma.
È una sto­ria che va let­ta, per poter par­te­ci­pa­re in pie­na coscien­za alla mani­fe­sta­zio­ne del pros­si­mo 8 luglio 2017.

Col­le­fer­ro è una cit­tà nata appe­na un cen­ti­na­io di anni fa, che ha cam­bia­to pel­le più e più vol­te. L’ultima tra­sfor­ma­zio­ne, quel­la che met­te oggi Col­le­fer­ro al cen­tro del­la con­te­sa tra Regio­ne e Comu­ne di Roma, risa­le agli ini­zi degli anni ‘90.
Ripar­tia­mo da lì.

Gli anni ’90: nasce la disca­ri­ca di Col­le Fagiolara

Rico­strui­re con pre­ci­sio­ne gli avve­ni­men­ti (e le respon­sa­bi­li­tà) lega­ti alle pri­me fasi del­la disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra non è sem­pli­ce: i docu­men­ti sono dif­fi­ci­li da repe­ri­re e ci sareb­be la neces­si­tà di impe­gnar­si in lun­ghe ricer­che d’archivio (gior­na­li, vec­chie deli­be­re, ecc.).

Ai fini di que­sta rico­stru­zio­ne, tut­ta­via, è suf­fi­cien­te richia­ma­re alcu­ni pun­ti fon­da­men­ta­li: Col­le Fagio­la­ra è un’area sita ai mar­gi­ni del Comu­ne di Col­le­fer­ro che, agli ini­zi degli anni ’90, risul­ta ospi­ta­re una cer­ta quan­ti­tà di rifiu­ti soli­di urba­ni con­fe­ri­ti in modo abusivo.

Il sito va boni­fi­ca­to: i rifiu­ti pre­sen­ti ven­go­no estrat­ti e, anzi­ché con­fe­rir­li pres­so una del­le disca­ri­che atti­ve all’epoca, si sce­glie di ren­de­re Col­le Fagio­la­ra stes­so ido­neo al con­fe­ri­men­to, pre­pa­ran­do il fon­do dell’invaso ad ospi­ta­re quel­la mode­sta quan­ti­tà di rifiu­ti. L’intenzione fina­le era di tumu­la­re il tut­to, come se si trat­tas­se di una disca­ri­ca legit­ti­ma che ha esau­ri­to la pro­pria volu­me­tria, e di lasciar­si alle spal­le l’incidente sen­za dover affron­ta­re spe­se proibitive.

Que­ste ope­ra­zio­ni, stan­do a quan­to si è riu­sci­ti a rico­strui­re, pren­do­no il via duran­te i sei mesi di ammi­ni­stra­zio­ne pre­fet­ti­zia del 1993, segui­ti allo scio­gli­men­to anti­ci­pa­to dell’amministrazione Cola­buc­ci (Demo­cra­zia Cristiana).

Il gros­so del pro­get­to, tut­ta­via, si svol­ge duran­te la pri­ma ammi­ni­stra­zio­ne Moffa.

Vale la pena di dedi­ca­re alla sua figu­ra un paio di pen­nel­la­te velo­ci, vista la cen­tra­li­tà che rico­pre in que­sto tri­ste capi­to­lo di sto­ria col­le­fer­ri­na: Sil­va­no Mof­fa è un gio­va­ne espo­nen­te del­la destra socia­le, impe­gna­to pri­ma nel Movi­men­to Socia­le Ita­lia­no e poi in Allean­za Nazio­na­le, con una sto­ria per­so­na­le a metà tra il gior­na­li­smo e il partito.

Si can­di­da a Sin­da­co di Col­le­fer­ro soste­nu­to da una sola lista civi­ca, “Aria Nuo­va”, e con­qui­sta al pri­mo tur­no il 22,5% dei voti. La sua avver­sa­ria è Ros­sel­la Meni­chel­li, soste­nu­ta dal Par­ti­to Demo­cra­ti­co del­la Sini­stra e da una lista civi­ca, che si aggiu­di­ca il 35,97% dei voti al pri­mo tur­no. Ma sia­mo in pie­na tem­pe­sta Tan­gen­to­po­li e la figu­ra di Sil­va­no Mof­fa, appe­na qua­ran­ten­ne, sem­bra indi­ca­re la stra­da per una svol­ta in una dire­zio­ne ine­splo­ra­ta: strap­pa la vit­to­ria al bal­lot­tag­gio con il 51,09% dei voti; ini­zia per Col­le­fer­ro il ven­ten­nio di gover­no del­le destre.

È pro­prio Mof­fa che sce­glie di dare un nuo­vo indi­riz­zo alla disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra. I lavo­ri di mes­sa in sicu­rez­za ter­mi­na­no nel 1995, ma l’invaso non vie­ne rico­per­to: il Comu­ne di Col­le­fer­ro ini­zia ad uti­liz­zar­la come sito di smal­ti­men­to dei pro­pri rifiu­ti soli­di urbani.

Il fine è chia­ro: rispar­mia­re sui costi di con­fe­ri­men­to, gesten­do in modo auto­no­mo i rifiu­ti pro­dot­ti sul ter­ri­to­rio comu­na­le. Una stra­te­gia di per sé com­pren­si­bi­le, a trat­ti condivisibile.
Se non fos­se che il sal­to dal rispar­mio al gua­da­gno è bre­vis­si­mo: nel 1997 la pos­si­bi­li­tà di con­fe­ri­re a Col­le Fagio­la­ra vie­ne este­sa anche ad alcu­ni comu­ni limi­tro­fi (Arte­na, Val­mon­to­ne, ecc.), garan­ten­do al Comu­ne di Col­le­fer­ro entra­te con­si­sten­ti dal­la tas­sa di con­fe­ri­men­to in discarica.

La rot­ta è defi­ni­ta con chia­rez­za in alcu­ni arti­co­li dell’epoca: Col­le­fer­ro deve entra­re a pie­no tito­lo nel busi­ness dei rifiu­ti, sfrut­tan­do a suo van­tag­gio il caos crea­to dal­le ina­dem­pien­ze del­la Regio­ne Lazio – cer­te vol­te, è pro­prio il caso di dir­lo, l’attualità è vintage!

I rega­li del nuo­vo mil­len­nio: i due inceneritori

Nel­la pri­ma­ve­ra del 1997 Sil­va­no Mof­fa ter­mi­na il suo pri­mo man­da­to e si rican­di­da a sin­da­co di Col­le­fer­ro: vie­ne ricon­fer­ma­to, con il 66,5% dei con­sen­si. Un trion­fo net­to, indiscutibile.
Una vit­to­ria che ren­de la sua figu­ra più che appe­ti­bi­le per il cen­tro­de­stra regio­na­le: l’anno suc­ces­si­vo, il 1998, vede Sil­va­no Mof­fa can­di­dar­si alla Pre­si­den­za del­la Pro­vin­cia di Roma.
Anco­ra una vit­to­ria, seb­be­ne più risi­ca­ta: si impo­ne con il 51,1% dei voti.

È pro­prio nel 1998 che Mof­fa, figu­ra poli­ti­ca in pie­na asce­sa, con­ce­pi­sce il nuo­vo gran­de pro­get­to: costrui­re un impian­to per l’incenerimento dei rifiu­ti nel ter­ri­to­rio del Comu­ne di Colleferro.

Non un’imposizione dall’alto, per­tan­to, ma una scel­ta più e più vol­te riven­di­ca­ta dall’allora ammi­ni­stra­zio­ne comu­na­le: Mof­fa vuo­le gli ince­ne­ri­to­ri e si spen­de in pri­ma per­so­na, sia come Sin­da­co sia come Pre­si­den­te del­la Pro­vin­cia, per assi­cu­rar­si che il pro­get­to vada in porto.

Gli ince­ne­ri­to­ri ven­go­no pre­sen­ta­ti alla cit­ta­di­nan­za come il futu­ro, la nuo­va fron­tie­ra nel­la gestio­ne dei rifiu­ti: un busi­ness che ave­va già frut­ta­to mol­to a Col­le­fer­ro in ter­mi­ni sia occu­pa­zio­na­li che eco­no­mi­ci. Si affer­ma, addi­rit­tu­ra, che i nuo­vi impian­ti avreb­be­ro rapi­da­men­te sop­pian­ta­to la vec­chia disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra, che sareb­be anda­ta incon­tro alla chiu­su­ra nel giro di pochi anni: un’illusione, se non una sfac­cia­ta menzogna.

Il pro­get­to di costru­zio­ne dell’impianto vie­ne appro­va­to in pri­ma bat­tu­ta dal­la Pro­vin­cia di Roma e dal­la Regio­ne Lazio, allo­ra pre­sie­du­ta da Pie­ro Bado­lo­ni (Uli­vo), e vie­ne suc­ces­si­va­men­te indet­ta una con­fe­ren­za dei ser­vi­zi da par­te del Mini­ste­ro dell’industria, a cui pren­do­no par­te gli enti interessati.
Il Comu­ne di Col­le­fer­ro è chia­ma­to ad espri­mer­si e l’amministrazione Mof­fa chie­de all’Azienda Sani­ta­ria Loca­le di com­pe­ten­za (ASL RM/G) di pro­dur­re un pare­re a proposito.

La ASL RM/G rispon­de nel feb­bra­io del 1999: «si ritie­ne inop­por­tu­no l’installazione di ulte­rio­ri fon­ti di inqui­na­men­to che pos­sa­no aggra­va­re la già cri­ti­ca situa­zio­ne del­l’a­rea di Col­le­fer­ro Scalo».

Il sito indi­vi­dua­to per la rea­liz­za­zio­ne degli impian­ti, infat­ti, «è ubi­ca­to vici­no ad un agglo­me­ra­to urba­no che per la rela­ti­va distan­za dal cen­tro di Col­le­fer­ro, l’im­me­dia­ta vici­nan­za alla sta­zio­ne fer­ro­via­ria e la con­ti­gui­tà con gli impian­ti del­la Socie­tà Indu­stria Chi­mi­ca Caf­fa­ro, Bdp Dife­sa e Spa­zio ed Ital­ce­men­ti risul­ta esse­re già pena­liz­za­to da un pun­to di vista ambien­ta­le e socia­le» e che «l’a­rea indi­vi­dua­ta per la rea­liz­za­zio­ne di un impian­to […] è con­fi­nan­te con este­se aree uti­liz­za­te per decen­ni come disca­ri­ca incon­trol­la­ta di rifiu­ti industriali».

Eppu­re, l’11 mag­gio 1999, il Comu­ne di Col­le­fer­ro si espri­me a favo­re del­la costru­zio­ne dei due impian­ti igno­ran­do il pare­re espres­so dall’autorità sanitaria.

Un pare­re che rima­ne “nel cas­set­to” dell’Amministrazione Mof­fa e che diven­ta di pub­bli­co domi­nio solo suc­ces­si­va­men­te, men­tre il quar­tie­re inte­res­sa­to dal­la costru­zio­ne degli impian­ti ini­zia una sta­gio­ne di for­te mobilitazione.

Nel­la cit­ta­di­nan­za la coscien­za ambien­ta­li­sta lan­gue, i rischi dell’incenerimento non sono anco­ra noti all’opinione pub­bli­ca: le pro­te­ste si rive­la­no inef­fi­ca­ci e i due ince­ne­ri­to­ri entra­no in fun­zio­ne a caval­lo tra il dicem­bre 2002 e il giu­gno 2003.

Un brut­to risve­glio: l’eredità indu­stria­le, pri­ma o poi, tor­na a galla

Pri­ma­ve­ra del 2005: un con­trol­lo a cam­pio­ne rive­la che il lat­te pro­dot­to in una fat­to­ria di Gavi­gna­no, un pic­co­lo comu­ne a ridos­so di Col­le­fer­ro, è con­ta­mi­na­to da sostan­ze tossiche.

Beta-esa­clo­ro­ci­cloe­sa­no, per la pre­ci­sio­ne: un resi­duo del­la pro­du­zio­ne del lin­da­no, un inset­ti­ci­da abba­stan­za popo­la­re in agri­col­tu­ra fino alla fine degli anni ‘70, che veni­va pro­dot­to dal­le indu­strie chi­mi­che di Colleferro.

Alcu­ni fusti con­te­nen­ti scar­ti indu­stria­li era­no sta­ti inter­ra­ti nel­la cam­pa­gna col­le­fer­ri­na e, anni e anni dopo, ave­va­no fini­to per con­ta­mi­na­re il suo­lo cir­co­stan­te, per poi rag­giun­ge­re il fiu­me e dif­fon­der­si in tut­ta la Val­le del Sacco.
Una con­ta­mi­na­zio­ne su vastis­si­ma sca­la, che ha risa­li­to tut­ti gli anel­li del­la cate­na ali­men­ta­re, fino all’uomo: ven­go­no effet­tua­te del­le ana­li­si del san­gue su un cam­pio­ne di 246 cit­ta­di­ni e in ben 137 di loro si rile­va­no trac­ce del peri­co­lo­so com­po­sto chi­mi­co in una quan­ti­tà supe­rio­re ai limi­ti di leg­ge. Una per­cen­tua­le che è sta­ta poi con­fer­ma­ta da uno stu­dio più este­so su cir­ca 800 individui.

È la pro­ver­bia­le goc­cia che fa tra­boc­ca­re il vaso: era sen­ti­men­to comu­ne che Col­le­fer­ro fos­se una cit­ta­di­na inqui­na­ta, che i mol­ti anni di pie­na occu­pa­zio­ne garan­ti­ti dal for­te svi­lup­po indu­stria­le aves­se­ro lascia­to una pesan­te ere­di­tà ambien­ta­le ma ritro­var­si trac­ce di quel­le pro­du­zio­ni nel san­gue, cer­ti­fi­ca­te dal­le ana­li­si del­le auto­ri­tà sani­ta­rie, si rive­la uno shock. Un bru­sco risve­glio, per così dire.

È pro­prio in que­sto fran­gen­te che in cit­tà ini­zia a intra­ve­der­si la for­ma­zio­ne di una coscien­za ambien­ta­li­sta, di una rea­zio­ne: le scuo­le supe­rio­ri di Col­le­fer­ro ini­zia­no a mobi­li­tar­si nell’autunno del­lo stes­so anno, il 2005, e si chie­de a gran voce un’indagine su ampia sca­la per veri­fi­ca­re l’entità del dan­no sani­ta­rio, tem­pi cer­ti per la boni­fi­ca e la pos­si­bi­li­tà di segui­re pas­so pas­so lo sta­to dei lavo­ri di risa­na­men­to. Il 23 novem­bre 2005 nasce il movi­men­to stu­den­te­sco che, nel 2007, darà vita all’Unione Gio­va­ni Indi­pen­den­ti, un’associazione gio­va­ni­le che incon­tre­re­mo anco­ra più e più vol­te in que­sto memo­ran­dum dei veleni.

Le ini­zia­ti­ve di sen­si­bi­liz­za­zio­ne del­la popo­la­zio­ne si sus­se­guo­no, così come altre mani­fe­sta­zio­ni, incon­tri e peti­zio­ni. Qual­che anno più tar­di, nel 2008, nasce anche ReTu­Va­Sa, la Rete per la Tute­la del­la Val­le del Sac­co, un’altra asso­cia­zio­ne che si ren­de­rà pro­ta­go­ni­sta del movi­men­to ambien­ta­li­sta sul ter­ri­to­rio del­la Val­le del Sacco.

Il ger­me ambien­ta­li­sta nasce a Col­le­fer­ro in rispo­sta alla con­ta­mi­na­zio­ne indu­stria­le, ma ai mili­tan­ti non sfug­ge l’analogia tra l’industria chi­mi­ca degli anni ‘80 e il busi­ness dei rifiu­ti in moto dai pri­mi anni ‘90. Non ci sono anco­ra i dati, ven­go­no bol­la­ti come “allar­mi­sti”, ma la pre­oc­cu­pa­zio­ne in cit­tà cre­sce, len­ta ma inesorabile.
Non biso­gna aspet­ta­re mol­to per ave­re le pri­me conferme.

Traf­fi­co ille­ci­to di rifiu­ti: il seque­stro degli ince­ne­ri­to­ri nel 2009

Nel­la not­te dell’8 mar­zo 2009 gli ince­ne­ri­to­ri di Col­le­fer­ro ven­go­no seque­stra­ti dal Nucleo Ope­ra­ti­vo Eco­lo­gi­co (Noe) dei Cara­bi­nie­ri di Roma. Tre­di­ci per­so­ne fini­sco­no in manette.

Tra i prin­ci­pa­li capi d’accusa tro­via­mo: asso­cia­zio­ne per delin­que­re, mano­mis­sio­ne dei dati sul­le emis­sio­ni in atmo­sfe­ra, fal­si­fi­ca­zio­ne dei cer­ti­fi­ca­ti, traf­fi­co ille­ci­to di rifiu­ti tossici.
Le inter­cet­ta­zio­ni lascia­no poco spa­zio all’immaginazione: negli ince­ne­ri­to­ri di Col­le­fer­ro si bru­cia­va di tut­to — pic­co­li radia­to­ri, tubi di rame, fili metal­li­ci, bat­te­rie, mate­ria­le cera­mi­co, pneu­ma­ti­ci e eter­nit (!) — men­tre i dati sul­le emis­sio­ni veni­va­no siste­ma­ti­ca­men­te mano­mes­si e i lavo­ra­to­ri vive­va­no in una situa­zio­ne di ricat­to permanente.
Ecco alcu­ni stral­ci del­le con­ver­sa­zio­ni regi­stra­te dagli inquirenti:

È arri­va­to quel­lo (il cari­co ndr.) di via Sala­ria (impian­to Ama di pre­pa­ra­zio­ne del com­bu­sti­bi­le ndr.), l’hai sapu­to? E ci stan­no pure gom­me del­le mac­chi­ne inte­re eh…”

Eh sì, mi devi sta attento”.

Ope­ra­io: «Ma que­sta è roba tossica…».
Diri­gen­te: «Vale­rià… non mi sta’ a rom­pe’… Lo vuoi fa’…? Se no lasci per­de e lo fac­cio fare a un altro»

Dipen­den­te: «Dot­to­rè… non è roba buo­na… L’ha vista la chiamata?»

Diri­gen­te: «Lo so, non fa nien­te. Se mesco­la se bru­cia… Punto!»

Il pro­ces­so è anco­ra in cor­so, a qua­si die­ci anni di distan­za, e meri­te­reb­be un rac­con­to a sé stan­te. Vale la pena men­zio­na­re che ad oggi, nel 2017, alcu­ni dei diri­gen­ti coin­vol­ti in que­ste inter­cet­ta­zio­ni lavo­ra­no anco­ra negli impian­ti di ince­ne­ri­men­to e nel set­to­re dei rifiu­ti, come se nul­la fos­se successo.

Tor­nan­do al pun­to, gli impian­ti ripren­do­no a lavo­ra­re nel giro di un paio di mesi per garan­ti­re la con­ti­nui­tà del ser­vi­zio, ma la fidu­cia del­la cit­ta­di­nan­za in una cor­ret­ta gestio­ne degli ince­ne­ri­to­ri è defi­ni­ti­va­men­te com­pro­mes­sa. Il cen­tro­de­stra e una por­zio­ne del cen­tro­si­ni­stra con­ti­nua­no a difen­de­re la scel­ta dell’incenerimento e la bon­tà degli impian­ti, sca­ri­can­do le col­pe su un “mero” pro­ble­ma di dirigenza.
Nono­stan­te que­sto le voci dei comi­ta­ti ambien­ta­li­sti ini­zia­no a gua­da­gna­re cre­di­to e in alcu­ni set­to­ri del­la popo­la­zio­ne pene­tra l’idea che un’altra gestio­ne dei rifiu­ti è pos­si­bi­le: un’economia cir­co­la­re, che non abbia al cen­tro disca­ri­che e ince­ne­ri­to­ri, capa­ce di garan­ti­re i ser­vi­zi sen­za met­te­re a rischio la salu­te dei cittadini.

Men­tre i cit­ta­di­ni si orga­niz­za­no, tut­ta­via, lo sce­na­rio con­ti­nua ad evol­ver­si (in sen­so nega­ti­vo): nel 2008 il pia­no rifiu­ti regio­na­le del­la giun­ta Mar­raz­zo aumen­ta ad un milio­ne e mez­zo di metri cubi il volu­me di rifiu­ti che può acco­glie­re la disca­ri­ca di Col­le Fagiolara.
Col­le­fer­ro può van­ta­re la secon­da disca­ri­ca più impor­tan­te del Lazio, subi­to dopo Malagrotta.

Arri­va­no i pri­mi dati sani­ta­ri e il fron­te del­la pro­te­sta si allarga

Nel dicem­bre del 2011 vie­ne pub­bli­ca­to lo stu­dio S.E.N.T.I.E.R.I. (Sor­ve­glian­za epi­de­mio­lo­gi­ca di popo­la­zio­ni resi­den­ti in siti con­ta­mi­na­ti) del Mini­ste­ro del­la Salute.
Nel­le con­clu­sio­ni, a pagi­na 51, si affer­ma che “nel […] Baci­no Idro­gra­fi­co del Fiu­me Sac­co si è osser­va­to un ecces­so di mor­ta­li­tà per tut­te le cau­se. È sta­to inol­tre osser­va­to tra gli uomi­ni un ecces­so di mor­ta­li­tà per i tumo­ri, per il tumo­re del­lo sto­ma­co e le malat­tie dell’apparato dige­ren­te, e tra le don­ne per malat­tie dell’apparato cir­co­la­to­rio, men­tre si è osser­va­to un com­ples­si­vo difet­to del­la mor­ta­li­tà per tumo­re tra le don­ne. Gli ecces­si osser­va­ti tra gli uomi­ni per tumo­re del­lo sto­ma­co e per malat­tie dell’apparato dige­ren­te pos­so­no esse­re ricon­du­ci­bi­li a espo­si­zio­ni di tipo occu­pa­zio­na­le.”

Il dito è pun­ta­to sull’eredità indu­stria­le, ma vie­ne mes­so per la pri­ma vol­ta nero su bian­co che a Col­le­fer­ro e negli altri comu­ni del­la Val­le del Sac­co per­si­ste una situa­zio­ne di emer­gen­za sanitaria.

Meno di un mese dopo, il 6 gen­na­io 2012, il Com­mis­sa­rio Dele­ga­to per l’Emergenza Ambien­ta­le (rifiu­ti) del­la Pro­vin­cia di Roma annun­cia di aver rice­vu­to una pro­po­sta di Acea e AMA per la rea­liz­za­zio­ne di un impian­to di Trat­ta­men­to Mec­ca­ni­co Bio­lo­gi­co (TMB) a Castel­lac­cio, un’area all’interno del comu­ne di Palia­no, imme­dia­ta­men­te con­fi­nan­te con Colleferro.
L’impianto in que­stio­ne è pro­get­ta­to per trat­ta­re 300’000 ton­nel­la­te di rifiu­ti l’anno, desti­nan­do­ne par­te all’incenerimento negli impian­ti di Col­le­fer­ro e par­te al con­fe­ri­men­to nell’adiacente disca­ri­ca di Col­le Fagiolara.
L’intento è chia­ris­si­mo: risol­ve­re a Col­le­fer­ro la (peren­ne) emer­gen­za rifiu­ti roma­na – è un ritor­nel­lo che vi ha già stan­ca­to, pro­ba­bil­men­te, eppu­re è la real­tà quo­ti­dia­na del­la Val­le del Sac­co degli ulti­mi 15 anni, ripe­tu­ta fino alla nausea.

Le dimen­sio­ni dell’impianto sono impres­sio­nan­ti e il rischio di tra­sfor­ma­re defi­ni­ti­va­men­te Col­le­fer­ro e din­tor­ni nel­la disca­ri­ca del­la capi­ta­le per il pros­si­mo decen­nio è sot­to gli occhi di tutti.

Tut­te le real­tà ambien­ta­li­ste e civi­che del­la Val­le del Sac­co si riu­ni­sco­no in un coor­di­na­men­to e con­vo­ca­no per il 6 otto­bre 2012 una gran­de mani­fe­sta­zio­ne a Col­le­fer­ro, dal tito­lo “E tu, sei uno zero?” (6/10, la data del corteo).
Si chie­de ai cit­ta­di­ni uno scat­to di digni­tà, una rea­zio­ne di fron­te all’ennesimo sopru­so, all’ennesima vio­la­zio­ne del dirit­to alla salu­te, del dirit­to ad un futu­ro diver­so per sé e per il pro­prio territorio.

La rispo­sta del­la popo­la­zio­ne è tra­vol­gen­te: più di quat­tro­mi­la per­so­ne han­no par­te­ci­pa­to al cor­teo al gri­do di “que­sta Val­le non si ven­de, que­sta Val­le si difen­de”“chi non ha il corag­gio di ribel­lar­si non ha il dirit­to di lamen­tar­si” e “voglia­mo lavo­ra­re sen­za far­ci avvelenare”.
Cit­ta­di­ni di Col­le­fer­ro, Palia­no, Ana­gni, Sgur­go­la, Labi­co, Val­mon­to­ne, Genaz­za­no, Cec­ca­no, Feren­ti­no, Mon­te­la­ni­co, Segni, Car­pi­ne­to, Ole­va­no, Bel­le­gra, San Vito, Ser­ro­ne, Piglio e mol­ti altri pro­ve­nien­ti anche dal resto del Lazio.
Un mese dopo, il 9 novem­bre 2012, il Dott. Gof­fre­do Sot­ti­le, Com­mis­sa­rio per l’emergenza rifiu­ti nel Lazio, affer­ma in una nota che “ogni ini­zia­ti­va al riguar­do [del TMB] è momen­ta­nea­men­te sospe­sa”.

Una pri­ma gran­de vit­to­ria, anche se il bri­vi­do del trion­fo dura poco: vie­ne pub­bli­ca­to in quei gior­ni lo stu­dio epi­de­mio­lo­gi­co ERAS, rea­liz­za­to Agen­zia Regio­na­le per la Pro­te­zio­ne dell’Ambiente (ARPA) del­la Regio­ne Lazio.
L’Unione Gio­va­ni Indi­pen­den­ti e l’Associazione Mam­me Col­le­fer­ro pre­sen­ta­no i risul­ta­ti alla cit­ta­di­nan­za il 30 novem­bre 2012, in un’aula con­si­lia­re gre­mi­ta – ma non c’è nien­te da festeg­gia­re e lo si capi­sce già dal tito­lo dell’incontro: “I cri­mi­ni con­tro la vita li chia­ma­no errori”.

Dal­le ana­li­si si riscon­tra un peg­gio­ra­men­to del­lo sta­to di salu­te del­la popo­la­zio­ne dopo l’attivazione degli impian­ti di ince­ne­ri­men­to, con pic­chi dram­ma­ti­ci: +79% di rico­ve­ri per malat­tie pol­mo­na­ri cro­ni­co ostrut­ti­ve, +31% per malat­tie dell’apparato respi­ra­to­rio e +78% di infe­zio­ni acu­te dell’apparato respi­ra­to­rio nei bambini.

Per la pri­ma vol­ta il lega­me tra busi­ness dei rifiu­ti e peg­gio­ra­men­to del­la salu­te dei cit­ta­di­ni è scrit­to nero su bian­co, cer­ti­fi­ca­to da un’autorità alle dipen­den­ze del­la stes­sa Regio­ne Lazio.

C’è volu­to del tem­po per dimo­strar­lo, alle auto­ri­tà e alla cit­ta­di­nan­za, ma quei gio­va­not­ti allar­mi­sti ave­va­no ragio­ne da vendere.

Gli attac­chi con­ti­nua­no, la Val­le strin­ge i denti

L’opinione pub­bli­ca è ormai sen­si­bi­le alle tema­ti­che ambien­ta­li, ma non si può abbas­sa­re la guardia.
A ini­zio 2013 l’Italcementi, pre­sen­te a Col­le­fer­ro con un cemen­ti­fi­cio, chie­de alla Regio­ne Lazio l’autorizzazione per bru­cia­re rifiu­ti non peri­co­lo­si come com­bu­sti­bi­le soli­do secon­da­rio, in par­zia­le sosti­tu­zio­ne dei com­bu­sti­bi­li fos­si­li tra­di­zio­na­li, prin­ci­pal­men­te pet­co­ke di petro­lio. Una stra­da resa pos­si­bi­le dal decre­to Cli­ni, uno dei tan­ti rega­li scia­gu­ra­ti dell’allora gover­no Monti.
Le asso­cia­zio­ni pren­do­no in mano le car­te del pro­get­to, ne stu­dia­no le cri­ti­ci­tà e si oppon­go­no in fase di auto­riz­za­zio­ne pre­sen­tan­do del­le osser­va­zio­ni tec­ni­che: il 27 giu­gno 2013 la Regio­ne acco­glie le istan­ze dei comi­ta­ti e sta­bi­li­sce che il pro­get­to deve sot­to­por­si alla pro­ce­du­ra di Valu­ta­zio­ne di Impat­to Ambien­ta­le (V.I.A.). La que­stio­ne, con una serie di svi­lup­pi suc­ces­si­vi, si con­clu­de­rà con il riti­ro del pro­get­to da par­te di Italcementi.

La linea degli ambien­ta­li­sti è chia­ra: oppo­si­zio­ne all’incenerimento, in tut­te le sue for­me e diramazioni.

Nel frat­tem­po si sus­se­guo­no gli inci­den­ti: il 23 giu­gno 2013 si veri­fi­ca un incen­dio pres­so l’impianto di pro­du­zio­ne di CDR (com­bu­sti­bi­le deri­va­to da rifiu­ti) di Palia­no, men­tre il 23 luglio 2013 pren­de fuo­co un nastro tra­spor­ta­to­re pres­so uno dei due ince­ne­ri­to­ri di Colleferro.

La disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra, nel men­tre, è al cen­tro di un con­ten­zio­so in meri­to al con­fe­ri­men­to del rifiu­to non trat­ta­to (cosid­det­to “tal qua­le”), con una pale­se vio­la­zio­ne del­le nor­me euro­pee in mate­ria. La stes­sa disca­ri­ca sarà inte­res­sa­ta da un incen­dio di discre­te pro­por­zio­ni poco tem­po dopo, l’11 giu­gno 2014.

Il 5 mag­gio 2014 l’ennesima bef­fa: a qua­si due anni di distan­za dal­la gran­de mani­fe­sta­zio­ne del 6 otto­bre 2012 la Regio­ne Lazio auto­riz­za l’impianto di Trat­ta­men­to Mec­ca­ni­co Bio­lo­gi­co a Palia­no, con un iter ammi­ni­stra­ti­vo dura­to qua­si quat­tro anni.

Sem­pre nel set­tem­bre del 2014 arri­va un altro pugno sui den­ti per i movi­men­ti ambien­ta­li­sti ita­lia­ni: il decre­to Sbloc­ca Ita­lia, il bigliet­to da visi­ta del Gover­no Ren­zi. Lo Sbloc­ca Ita­lia tra­sfor­ma gli ince­ne­ri­to­ri in “infra­strut­tu­re stra­te­gi­che di pre­mi­nen­te inte­res­se nazio­na­le” e deci­ma a col­pi di mache­te tut­ti i mec­ca­ni­smi di sal­va­guar­dia e gli spa­zi di oppo­si­zio­ne a dispo­si­zio­ne dei cit­ta­di­ni e dei comi­ta­ti, arri­van­do a dimez­za­re i tem­pi per tut­ti i pro­ce­di­men­ti ammi­ni­stra­ti­vi che li riguar­da­no, come l’Autorizzazione Inte­gra­ta Ambien­ta­le (A.I.A.), neces­sa­ria per l’esercizio e la mes­sa in pro­du­zio­ne degli impian­ti di incenerimento.

Il fron­te ambien­ta­li­sta entra nuo­va­men­te in mobi­li­ta­zio­ne, con­vo­can­do una mani­fe­sta­zio­ne per il 29 novem­bre 2014. Non c’è tregua.

Il nuo­vo impian­to di TMB, com­pli­ci anche le dif­fi­col­tà finan­zia­rie di Lazio Ambien­te (socie­tà suben­tra­ta al con­sor­zio Gaia per la gestio­ne dei rifiu­ti), resta su carta.

Ele­zio­ni 2015: il Comu­ne di Col­le­fer­ro cam­bia timoniere

Il Comu­ne di Col­le­fer­ro è sta­to, dal 1993 ai pri­mi anni 2000, il prin­ci­pa­le pro­mo­to­re del busi­ness dei rifiu­ti. Pri­ma con la disca­ri­ca, poi con i due inceneritori.
Da lì in avan­ti, inve­ce, la spin­ta e le deci­sio­ni sono pas­sa­te prin­ci­pal­men­te nel­le mani del­la Regio­ne Lazio e del Comu­ne di Roma, com­pli­ce un pro­gres­si­vo svuo­ta­men­to del­le pre­ro­ga­ti­ve degli enti comu­na­li, ma il Comu­ne di Col­le­fer­ro non ha mai smes­so di soste­ne­re la stra­te­gia di fon­do e non si è mai oppo­sto, in nes­su­na sede, alle poli­ti­che che si vole­va­no met­te­re in cam­po su que­sto territorio.

Nell’inverno del 2015, a cau­sa di dis­si­di poli­ti­ci e per­so­na­li incon­ci­lia­bi­li, cade l’amministrazione di cen­tro­de­stra di Mario Cac­ciot­ti, già alla secon­da consiliatura.

La sfi­da che si pro­fi­la alle ammi­ni­stra­ti­ve ha il sapo­re del­la resa dei con­ti: da un lato Sil­va­no Mof­fa, ritor­na­to a Col­le­fer­ro dopo sva­ria­ti anni pas­sa­ti in Par­la­men­to, dall’altro Pier­lui­gi San­na, un gio­va­nis­si­mo indi­pen­den­te di 27 anni.

Si affron­ta­no due visio­ni e due espe­rien­ze poli­ti­che radi­cal­men­te antitetiche.

Mof­fa è il prin­ci­pa­le respon­sa­bi­le poli­ti­co del­la ricon­ver­sio­ne di Col­le­fer­ro in cit­tà dei rifiu­ti e riven­di­ca con for­za tut­te le scel­te mes­se in cam­po in quel­la dire­zio­ne, impu­tan­do le dif­fi­col­tà solo ad un pro­ble­ma di gestio­ne dell’esistente.

San­na, inve­ce, è uno dei gio­va­ni che nel 2005 ha dato vita, for­za e gam­be al movi­men­to ambien­ta­li­sta; pro­po­ne una radi­ca­le inver­sio­ne di ten­den­za nel­la gestio­ne dei rifiu­ti in cit­tà, avvian­do una rac­col­ta dif­fe­ren­zia­ta por­ta a por­ta spin­ta, con l’obiettivo di chiu­de­re entro la fine del­la con­si­lia­tu­ra la disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra e lavo­ra­re in tut­te le sedi per la chiu­su­ra dei due ince­ne­ri­to­ri (scel­ta che esu­la, pur­trop­po, dal­le com­pe­ten­ze del pri­mo cit­ta­di­no, spe­cie dopo il decre­to Sbloc­ca Italia).

I cit­ta­di­ni sono davan­ti a una scel­ta, inequivocabile.

E l’esito del­le urne non lascia spa­zio a discus­sio­ni: al pri­mo tur­no San­na con­qui­sta il 42,71% dei voti, men­tre Mof­fa si fer­ma al 31,41%; al bal­lot­tag­gio San­na ottie­ne il 69,42% dei con­sen­si – Col­le­fer­ro ha scel­to di vol­ta­re pagina.

Chi ti è nemi­co non dor­me mai

Le sfi­de che la nuo­va ammi­ni­stra­zio­ne si tro­va a fron­teg­gia­re sono nume­ro­se, così come gli osta­co­li lun­go il per­cor­so. Il Comu­ne di Col­le­fer­ro, oltre ad una cri­si ambien­ta­le e sani­ta­ria, si tro­va a dover fron­teg­gia­re una situa­zio­ne debi­to­ria piut­to­sto con­si­sten­te, con il rischio di default dell’ente più con­cre­to che mai.
Par­te del pro­ble­ma è da impu­tar­si pro­prio all’incepparsi del busi­ness dei rifiu­ti: l’aumento del­la per­cen­tua­le di rac­col­ta dif­fe­ren­zia­ta nei comu­ni del com­pren­so­rio ha ridot­to di mol­to la quan­ti­tà di rifiu­ti con­fe­ri­ti nel­la disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra, con il con­se­guen­te calo di una del­le entra­te eco­no­mi­che più signi­fi­ca­ti­ve per il bilan­cio del Comu­ne di Col­le­fer­ro, su cui pog­gia­va la gran par­te degli impe­gni di spe­sa (anche strut­tu­ra­li) – par­lia­mo di qua­si 3 milio­ni di euro, tra risto­ro ambien­ta­le e tas­sa di conferimento.

Sul­la chiu­su­ra del­la disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra, tut­ta­via, pesa un dub­bio atro­ce: chi garan­ti­rà i fon­di neces­sa­ri alla gestio­ne post mortem?
Le disca­ri­che, una vol­ta esau­ri­ta la volu­me­tria dedi­ca­ta al con­fe­ri­men­to dei rifiu­ti, devo­no esse­re mes­se in sicu­rez­za e moni­to­ra­te per un perio­do di tem­po tren­ten­na­le, con tut­ti i costi che que­ste ope­ra­zio­ni com­por­ta­no. È dove­re del gesto­re prov­ve­de­re all’accantonamento, nel tem­po, dei fon­di neces­sa­ri alla gestio­ne suc­ces­si­va alla chiu­su­ra ma, a cau­sa del fal­li­men­to del con­sor­zio Gaia, i sol­di neces­sa­ri a garan­ti­re una mor­te “sere­na” alla disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra sono spa­ri­ti, se non per i pochi spic­ci mes­si da par­te da Lazio Ambien­te negli ulti­mi anni di gestio­ne. Il Comu­ne di Col­le­fer­ro chie­de garan­zie alla Regio­ne Lazio di Zin­ga­ret­ti, ma per ora non ci sono rispo­ste. L’obiettivo del Comu­ne di Col­le­fer­ro rima­ne la chiu­su­ra nel 2019.

Le pro­spet­ti­ve sono anco­ra più cupe per i due ince­ne­ri­to­ri: da alcu­ni anni, infat­ti, gli impian­ti sono tal­men­te vec­chi e mal­ri­dot­ti da pas­sa­re la mag­gior par­te del tem­po fer­mi e in manu­ten­zio­ne. Si avvi­ci­na il momen­to del­la scel­ta: chiu­der­li, ricon­ver­tir­li o effet­tua­re il cosid­det­to “revam­ping”, ossia inve­sti­re per rimet­te­re gli impian­ti in con­di­zio­ne di bru­cia­re rifiuti.

Il Comu­ne di Col­le­fer­ro e le asso­cia­zio­ni ambien­ta­li­ste chie­do­no la chiu­su­ra o la ricon­ver­sio­ne in un impian­to fun­zio­na­le alla stra­te­gia rifiu­ti zero.
La Regio­ne Lazio, com­pli­ce l’ennesima emer­gen­za di rifiu­ti a Roma (e la chiu­su­ra, qual­che anno fa, del­la disca­ri­ca di Mala­grot­ta), vuo­le il revam­ping degli ince­ne­ri­to­ri. Nel bilan­cio di pre­vi­sio­ne di Lazio Ambien­te per il 2017–2019 la Regio­ne Lazio ha stan­zia­to 12,6 milio­ni di euro per la rica­pi­ta­liz­za­zio­ne del­la socie­tà, di cui 3,5 milio­ni sareb­be­ro desti­na­ti all’inceneritore di pro­prie­tà al 100% di Lazio Ambien­te e altri 3,5 milio­ni per l’inceneritore di EP Siste­mi (par­te­ci­pa­ta da Ama al 40% e da Lazio Ambien­te al 60%).

Il tema, nell’aria da tem­po, ha assun­to straor­di­na­ria con­cre­tez­za lo scor­so 19 giu­gno 2017, quan­do l’assemblea dei soci di EP ha deli­be­ra­to lo stan­zia­men­to di 2,5 milio­ni per il poten­zia­men­to dell’impianto di ince­ne­ri­men­to, in sin­to­nia con gli inten­ti del­la Regio­ne Lazio.

Il revam­ping, oltre a get­ta­re le basi per altri 10 o 20 anni di ince­ne­ri­men­to, suo­na come una pre­sa in giro nei con­fron­ti dei cit­ta­di­ni di Col­le­fer­ro che da un paio di mesi han­no ini­zia­to una rac­col­ta por­ta a por­ta spin­ta, por­tan­do la per­cen­tua­le di dif­fe­ren­zia­ta sopra il 70%, stan­do ai pri­mi dati.

Ora o mai più: 8 luglio 2017

I comi­ta­ti e le asso­cia­zio­ni ambien­ta­li­ste han­no con­vo­ca­to una gior­na­ta di mobi­li­ta­zio­ne per saba­to 8 luglio.

Col­le­fer­ro è davan­ti a un bivio: la scel­ta di far­ne ‘la cit­tà del­la mon­nez­za’ ha deter­mi­na­to 20 anni di pro­gres­si­vo deca­di­men­to, chiu­den­do tut­te le stra­de per uno svi­lup­po alternativo.

Nuo­ve stra­de si devo­no apri­re, ma le vec­chie stra­de van­no sbar­ra­te: biso­gna met­te­re un pun­to alla stra­te­gia che vede la pro­vin­cia come disca­ri­ca del­la Capi­ta­le, la Val­le del Sac­co come il distret­to dei rifiuti.

L’8 luglio 2017 non è la data in cui una cit­tà si ribel­la al gri­do di “non met­te­te i rifiu­ti nel mio giar­di­no!”. Que­sta bat­ta­glia ha una sto­ria, lun­ga più di 10 anni. Una sto­ria che ho cer­ca­to di rac­con­tar­vi, un pas­sa­to tren­ten­na­le che ho cer­ca­to di rico­strui­re in que­ste poche pagine.
L’8 luglio è mol­to di più.

L’8 luglio è la data in cui una cit­tà riba­di­sce che ne ha avu­to abbastanza.

L’8 luglio è la data in cui una Val­le gri­da a gran voce “abbia­mo già dato”.

L’8 luglio è la data in cui, al di là del­le sim­pa­tie poli­ti­che e degli schie­ra­men­ti, una popo­la­zio­ne inte­ra è chia­ma­ta a scen­de­re in stra­da per ripren­der­si la pro­pria digni­tà e por­ta­re a ter­mi­ne un per­cor­so di riscat­to lun­go 10 anni.

L’8 luglio è la data in cui, tut­ti insie­me, si gri­da a gran voce “non pas­se­rà nean­che un camion”.

 

Luca Pal­mie­ri

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

Il quarto Congresso di Possibile, dedicato a Marco Tiberi

Si è aper­to il quar­to Con­gres­so di Pos­si­bi­le, e voglia­mo dedi­car­lo a un ami­co che non c’è più e sul­la cui voce e sul­la cui intel­li­gen­za abbia­mo fat­to così tan­to affi­da­men­to le scor­se vol­te. Mar­co Tibe­ri ci avreb­be mes­so a posto con poche paro­le, andan­do al cuo­re del­le cose, anche quel­le che anco­ra non ave­va­mo pensato.

Discarica di Borgo Montello: le future generazioni meritano un radicale cambio di rotta

Non è più pos­si­bi­le accet­ta­re una mala gestio­ne così gra­ve del­la disca­ri­ca e soprat­tut­to imma­gi­na­re poten­zia­men­ti e modi­fi­che sen­za che sia­no mes­se nero su bian­co anche da un pun­to di vista giu­ri­di­co le respon­sa­bi­li­tà pena­li dei dan­ni ambien­ta­li e alla salu­te che que­sto ter­ri­to­rio sta subendo.