“A fine giugno si discuterà in sede Europea l’accordo commerciale tra Canada e Ue, il CETA, nel solco dei nuovi trattati economici che dovrebbero favorire l’apertura dei mercati e la creazione di lavoro. Molte inchieste e denunce hanno fatto emergere come questo accordo invece di favorire lavoro e sviluppo sia punitivo nei confronti di piccoli produttori a vantaggio delle multinazionali. L’accordo dovrebbe vedere il coinvolgimento dei Parlamenti dei diversi Stati, ma in realtà la strada scelta è quella di far decidere esclusivamente gli esecutivi. Per questo ho deciso di sostenere una petizione per impegnare il Governo italiano a non appoggiare la scelta di ratificare l’accordo soltanto in Commissione Europea, come invece è orientato a fare il ministro Calenda, danneggiando anche i Parlamenti degli altri Stati membri. La sede per discutere il trattato resta il Parlamento perché quello è il luogo dove devono essere discusse approfonditamente scelte che avranno inevitabili ricadute sulla vita di milioni di cittadini”. Così in una nota il deputato di Possibile Pippo Civati.

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La sensazione è quindi che si abbia già perso tutti. Hanno perso coloro che volevano chiedersi, e chiedere, se l’Europa non sia qualcosa di più che un modo per governi o imprese di fare qualche soldo aggiuntivo, se non sia un ideale culturale che rispecchia i sacrifici dei nostri avi e la voglia di costruire un mondo con meno muri e confini, perché consci che le grandi sfide, come quella dell’inquinamento e delle diseguaglianze, sono sfide globali.


Dobbiamo pretendere che le forze politiche europeiste offrano soluzioni differenti e che i cittadini possano scegliere tra queste. Ciò vale a livello nazionale, dove pure, almeno in una certa fase si è ritenuto di adottare lo schema “t.i.n.a.” e vale a livello europeo. Perché anche l’Europa appartiene al popolo.

Dalle notizie riportate dagli operatori di Human Rights Watch apprendiamo che le guardie turche avrebbero sparato lungo la frontiera ai richiedenti asilo siriani. Una denuncia già arrivata un mese fa che pone ancora una volta l’accento su di un accordo che oltre a mercificare la vita dei migranti pone serissime problematiche sulla loro incolumità.

Nel 2016, hanno ancora senso i confini? Come possiamo accettare questo rinchiudersi nelle proprie case, dopo che abbiamo sperimentato anni di crescita e prosperità in concomitanza con la caduta delle frontiere, quando siamo stati orgogliosi della nostra appartenenza ad una comunità più ampia e vogliosi di accogliere chi fuggiva da guerre e miseria?