Abbattere barriere, disabilitare disabilità

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Le bar­rie­re s’abbattono abbattendole.

Ad esem­pio quel­la archi­tet­to­ni­che, ad esem­pio quel­le ine­si­sten­ti – o che dovreb­be­ro esser­lo – tra diver­sa­men­te abi­li ed altri.

Ad esem­pio con un lavo­ro nato da una sor­ta di comi­ta­to spon­ta­neo di mem­bri di Pos­si­bi­le che assie­me a Bea­tri­ce Bri­gno­ne in que­sti mesi ha lavo­ra­to a diver­se que­stio­ni di diver­se abi­li­tà appron­tan­do tra le altre cose una deli­be­ra tema­ti­ca su disa­bi­li­tà, dirit­ti e vita indipendente.

Que­sto per­ché Pos­si­bi­le vuo­le esse­re dav­ve­ro pos­si­bi­le, dav­ve­ro attua­bi­le, dav­ve­ro abi­le e non sol­tan­to diver­sa­men­te, ma il quan­to più egual­men­te pos­si­bi­le. Appunto.

Que­sto per­ché se cre­dia­mo che una socie­tà eman­ci­pa­ta sia la rea­liz­za­zio­ne del­l’u­ni­ver­sa­le nel­la con­ci­lia­zio­ne del­le dif­fe­ren­ze, mol­ta stra­da c’è da com­pie­re per­ché l’Italia pos­sa dir­si tale. Le dif­fe­ren­ze coin­ci­do­no anco­ra trop­po spes­so con le disu­gua­glian­ze per­ché non si attua­no gli stru­men­ti esi­sten­ti al fine di libe­rar­ne le poten­zia­li­tà con­ci­lian­ti, per il sin­go­lo e per la col­let­ti­vi­tà. Tra que­ste diver­si­tà “in poten­za” com­pa­io­no le cosid­det­te disa­bi­li­tà. Mol­to può e dev’es­se­re anco­ra fat­to affin­ché tut­te le per­so­ne con disa­bi­li­tà abbia­no la pos­si­bi­li­tà di auto­de­ter­mi­nar­si e influi­re. Qua­si quat­tro milio­ni solo in Ita­lia, ottan­ta in tut­ta Europa.

È arri­va­to il momen­to di libe­ra­re quel­la diver­si­tà in potenza.

Lasciar­la libe­ra di esse­re, tran­si­ta­re, vivere.

Que­sto lo spi­ri­to del docu­men­to, un inno pra­ti­co alla libertà. 

Sce­vra del­la visio­ne dia­gno­sti­ca di una man­can­za. Pie­na del­la visio­ne futu­ra del­la possibilità. 

Di vede­re il mon­do da una pro­spet­ti­va diver­sa. Di poter da lì atte­sta­re la pro­pria esi­sten­za. Di poter esi­ge­re dirit­ti. Di poter adem­pie­re ai dove­ri. Indi­pen­den­te­men­te. Eser­ci­ta­re liber­tà in libertà.

Non è così scon­ta­to. Nem­me­no nel due­mi­la­quin­di­ci, quan­do sono alme­no tre decen­ni che si par­la di abbat­te­re bat­te­rie archi­tet­to­ni­che. Qua­si trent’anni fa si obbli­ga­va­no i Comu­ni e le pro­vin­ce a met­te­re in pra­ti­ca entro un anno un pia­no fina­liz­za­to a que­sto sco­po. Ma quel pia­no resta anco­ra trop­po spes­so un oscu­ro acro­ni­mo e gli osta­co­li resta­no osta­co­li. Quan­do anco­ra non tut­ti i libri sono leg­gi­bi­li con le mani, i sema­fo­ri non ascol­ta­bi­li, i mez­zi di tra­spor­to affer­ra­bi­li, le scuo­le frequentabili.

Eppu­re, sot­to la col­tre di pre­giu­di­zi impol­ve­ra­ti e luo­ghi comu­ni anti­chi, vedia­mo l’orizzonte di un modo diver­so, di un mon­do nuo­vo. Con meno sca­le ripi­de e più ram­pe dol­ci. Dove ognu­no, da solo, può decli­na­re ciò che vuo­le esse­re e come. Curan­do la pro­pria indi­pen­den­za per meglio svi­lup­pa­re la pro­pria interdipendenza.

E far­lo in Pos­si­bi­le, che ha l’uguale nel sim­bo­lo & i dirit­ti nel san­gue, ancor più ora che in pie­no con­gres­so rice­ve que­sto docu­men­to e dimo­stra che:

“I dirit­ti civi­li sono in sostan­za i dirit­ti degli altri.”

Sono le paro­le che quarant’anni esat­ti fa avreb­be dovu­to pro­nun­cia­re Pier Pao­lo Paso­li­ni ad un con­gres­so di un par­ti­to poli­ti­co, ma quel discor­so che scris­se non lo fece per­ché lo ammaz­za­ro­no subi­to prima.

Ci pia­ce abbat­te­re in que­ste quat­tro righe anche que­sti quarant’anni e far­lo nostro, pro­nun­cian­do­lo e por­tan­do­lo così, nel nostro congresso.

È pos­si­bi­le, anzi cer­to, che pia­ce­reb­be a lui come a voi, anzi, ugual­men­te a tut­te e tut­ti noi

 

Valen­ti­na Tafu­ni, Sonia Veres, Ema­nue­le Cur­rò, David Toz­zo, Maria Ven­dit­ti, Bea­tri­ce Brignone 

 

Valen­ti­na ha ven­ti­tré anni. È nata impa­zien­te, tre mesi pri­ma del tem­po, il gior­no dopo del­la stra­ge di Via D’Amelio. La sua fret­ta non è sta­ta com­pre­sa, e le è val­sa una sedia a rotel­le. Ma la con­si­de­ra una for­tu­na, per­ché quell’impazienza l’accompagna anco­ra nel­la voglia di gira­re il mon­do e cambiarlo.

Sonia ha tren­ta­tré anni, geno­ve­se, da tre vive a Peschie­ra Bor­ro­meo e lavo­ra a Mila­no in un Cen­tro Cli­ni­co per malat­tie neu­ro­mu­sco­la­ri (NEMO); spo­sa­ta da 2 anni con Fran­ce­sco (cono­sciu­to negli anni in cui Sonia pra­ti­ca­va hoc­key in car­roz­zi­na anche in Nazionale)

Ema­nue­le è para­ple­gi­co in segui­to ad una pro­gres­si­va lesio­ne midol­la­re arre­sta­ta nel 2004. Rior­di­na le prio­ri­tà nel­la pro­pria vita ritor­nan­do a fare sport acqua­ti­ci e occu­par­si di arte come sto­ry­tel­ler tra scrit­tu­ra e musi­ca. Si lau­rea e lavo­ra come musi­co­te­ra­pi­sta e gra­fi­co ma soprat­tut­to diven­ta feli­ce­men­te padre di due mera­vi­glio­se creature

David sco­pre la sua disa­bi­li­tà visi­va un cen­ti­na­io di mesi fa. Come vedia­mo, non s’è anco­ra arreso

Maria vive in Cam­pa­nia cir­con­da­ta dal­l’af­fet­to del­la fami­glia allar­ga­ta. Si  occu­pa di inno­va­zio­ne  socia­le, del­la coo­pe­ra­zio­ne e del­l’as­so­cia­zio­ni­smo con una atten­zio­ne par­ti­co­la­re alla pro­mo­zio­ne del­le poli­ti­che vol­te alle pari oppor­tu­ni­tà e all’empowerment.

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