L’acqua del Gran Sasso va tutelata subito, la salute e l’ambiente non possono più attendere

La fal­da acqui­fe­ra del Gran Sas­so è la prin­ci­pa­le risor­sa idri­ca del­la pro­vin­cia di Tera­mo, ser­ven­do 700 mila cit­ta­di­ni, immer­sa in uno dei cuo­ri ver­di d’I­ta­lia. Il gigan­te di roc­cia è attra­ver­sa­to da un tra­fo­ro che rap­pre­sen­ta un fon­da­men­ta­le col­le­ga­men­to diret­to con Roma, rag­giun­gi­bi­le in auto­stra­da in meno di un paio di ore.

Sin dal­la sua inau­gu­ra­zio­ne nel 1984 e in par­ti­co­lar modo a par­ti­re dal­l’a­per­tu­ra dei labo­ra­to­ri del­l’I­sti­tu­to nazio­na­le di fisi­ca nuclea­re nel 1993, tra i cen­tri di ricer­ca di fisi­ca del­le par­ti­cel­le più impor­tan­ti al mon­do, il tra­fo­ro è sta­to ogget­to di for­ti pre­oc­cu­pa­zio­ni per la sicu­rez­ze del­le acque del siste­ma idri­co del Gran Sas­so da par­te di asso­cia­zio­ni ambien­ta­li­ste e di cit­ta­di­ni. Sia il trat­to auto­stra­da­le A24 che gli espe­ri­men­ti nei labo­ra­to­ri sot­ter­ra­nei pos­so­no com­por­ta­re l’u­ti­liz­zo di sostan­ze inqui­nan­ti e alta­men­te inqui­nan­ti. Alcu­ni inci­den­ti negli anni han­no pro­vo­ca­to sver­sa­men­ti nel siste­ma idri­co, per for­tu­na di enti­tà mode­sta e di riso­lu­zio­ne rapi­da (l’ul­ti­mo a mag­gio 2017 quan­do fu dichia­ra­ta per 12 ore la non pota­bi­li­tà di 32 comu­ni), ma che han­no por­ta­to alla luce l’i­na­de­gua­tez­za dei siste­mi di imper­mea­bi­liz­za­zio­ne per evi­ta­re con­ta­mi­na­zio­ni all’ac­qua che va a fini­re nei rubi­net­ti di miglia­ia di cit­ta­di­ni abruzzesi.

Un’in­chie­sta del­la Pro­cu­ra del­la Repub­bli­ca Tera­mo su accer­ta­men­ti dei cara­bi­nie­ri del Nucleo ope­ra­ti­vo eco­lo­gi­co ha por­ta­to nel set­tem­bre 2018 all’iscrizione nel regi­stro degli inda­ga­ti e la richie­sta di rin­vio a giu­di­zio dei ver­ti­ci di Stra­da dei Par­chi, dell’Infn, e del­l’a­zien­da del ser­vi­zio idri­co Ruz­zo Reti. Secon­do il pool di magi­stra­ti è emer­so il “per­ma­nen­te peri­co­lo di inqui­na­men­to ambien­ta­le e, segna­ta­men­te, il peri­co­lo di com­pro­mis­sio­ne o dete­rio­ra­men­to signi­fi­ca­ti­vo e misu­ra­bi­le del­le acque sot­ter­ra­nee del mas­sic­cio del Gran Sas­so” con i respon­sa­bi­li degli enti coin­vol­ti che non avreb­be­ro agi­to ade­gua­ta­men­te per pre­ve­ni­re tale situazione.

La poli­ti­ca rea­gi­sce tar­di­va­men­te e a gen­na­io 2019, agli sgoc­cio­li del­la legi­sla­tu­ra del Con­si­glio regio­na­le, il pre­si­den­te vica­rio di Regio­ne Abruz­zo Gio­van­ni Lol­li annun­cia la pre­di­spo­si­zio­ne di un moni­to­rag­gio più appro­fon­di­to e met­te sul tavo­lo un pia­no per la mes­sa in sicu­rez­za del siste­ma idri­co, frut­to del con­fron­to tra le par­ti in cau­sa. Ma il pia­no resta sul­la car­ta per­ché per i 160 milio­ni neces­sa­ri si rimet­te tut­to al gover­no, e si rico­min­cia con il soli­to rim­pal­lo tra Sta­to e con­ces­sio­na­rie e gesto­ri per sta­bi­li­re a chi spet­ta il costo del­le manu­ten­zio­ni, a sca­pi­to del­la tute­la del­le nostre risor­se natu­ra­li, di un bene pub­bli­co vita­le come l’ac­qua, del­la salu­te dei cittadini.

Si arri­va così alla deci­sio­ne di Stra­da dei Par­chi di chiu­de­re a par­ti­re dal pros­si­mo 19 mag­gio il tra­fo­ro in man­can­za di una cer­tez­za sul finan­zia­men­to a dei lavo­ri, per tute­la­re sé stes­sa da ulte­rio­ri respon­sa­bi­li­tà pena­li, pur negan­do ogni adde­bi­to rela­ti­va­men­te alla vicen­da giu­di­zia­ria, cer­tez­za che sem­bra con­trad­di­re la deci­sio­ne pre­cau­zio­na­le estre­ma. La nuo­va Giun­ta di cen­tro­de­stra ha chie­sto la nomi­na di un Com­mis­sa­rio straor­di­na­rio, enne­si­mo segno del fal­li­men­to del­la poli­ti­ca di agi­re al di fuo­ri di un con­te­sto emer­gen­zia­le, men­tre il MIT ci fa sape­re che sta inte­res­san­do la Pre­si­den­za del Con­si­glio “affin­ché si assi­cu­ri l’op­por­tu­no coor­di­na­men­to di tut­te le ammi­ni­stra­zio­ni coin­vol­te e si indi­vi­dui­no le misu­re da por­re in esse­re per il supe­ra­men­to del rischio idro­geo­lo­gi­co che coin­vol­ge l’a­rea”. Dopo anni ci si accor­ge che abbia­mo un pro­ble­ma nono­stan­te ci si affret­ti a ras­si­cu­ra­re sul­la man­can­za di un allar­me in atto, come se ci si potes­se per­met­te­re di pren­de­re anche solo un rischio poten­zia­le di fron­te alla salu­te del­le per­so­ne e del territorio.

Si ripro­po­ne l’a­ta­vi­ca inca­pa­ci­tà del nostro Pae­se di coniu­ga­re svi­lup­po e soste­ni­bi­li­tà, una sfi­da che richie­de il corag­gio di non scen­de­re a com­pro­mes­si per poter cam­bia­re il para­dig­ma eco­no­mi­co in una dire­zio­ne che pon­ga l’am­bien­te e il benes­se­re come par­te fon­da­men­ta­le del valo­re gene­ra­to e non come osta­co­lo alla cre­sci­ta. Noi di Pos­si­bi­le voglia­mo agi­re subi­to, già a par­ti­re dal­la nostra ade­sio­ne al pro­get­to dei Ver­di Euro­pei, affron­tan­do i pro­ble­mi in manie­ra strut­tu­ra­le pri­ma di subir­ne le conseguenze.

Ste­fa­no D’Andreagiovanni 

Pre­si­dio Uma­ni­tà e Pro­gres­so di Lan­cia­no (CH)

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