Il cibo è la nostra medicina

Oggi è il tempo di una nuova collaborazione, una nuova cooperazione fra agricoltori, fruitori dei prodotti, Università, scienziati ed istituzioni per rivendicare che la terra non è solo asset di stati accaparratori e valore immobiliare ma il luogo di produzione di un cibo sano, biologico e quanto più possibile vicino che da lavoro, valore e salute a chi lo produce e chi se ne nutre.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]La mag­gior par­te del cibo del qua­le ci nutria­mo ha una pro­ve­nien­za indu­stria­le, ovve­ro vie­ne gene­ra­to attra­ver­so pro­ces­si agri­co­li e di lavo­ra­zio­ne alta­men­te mec­ca­niz­za­ti, seria­liz­za­ti, uni­for­ma­ti nel­le tec­ni­che come nel pro­dot­to finale.

Per una pro­du­zio­ne di que­sto tipo ser­vo­no cul­ti­var par­ti­co­la­ri le cui rese sia­no le più per­for­man­ti per il suc­ces­si­vo pro­ces­so di tra­sfor­ma­zio­ne, mol­ti fer­ti­liz­zan­ti, erbi­ci­di — gli­fo­sa­to in testa – e inset­ti­ci­di in modo da ren­de­re libe­ro il cam­po da qua­lun­que “intro­mis­sio­ne”.

Que­sta moda­li­tà con­su­ma la fer­ti­li­tà del­la ter­ra, che infat­ti dimi­nui­sce sem­pre più e ren­de un pro­dot­to che spes­so nutre poco e male: l’efficientamento pro­dut­ti­vi­sti­co ridu­ce e limi­ta i nutrien­ti natu­ra­li, la chi­mi­ca usa­ta resi­dua nei pro­dot­ti, nel­la ter­ra aria e acqua. Nel nostro cor­po con impli­ca­zio­ni diver­se e pato­lo­gie nel medio e lun­go perio­do.

Ma il cibo è la nostra medi­ci­na e il cibo buo­no è un dirit­to di tut­ti: oggi è il tem­po di una nuo­va col­la­bo­ra­zio­ne, una nuo­va coo­pe­ra­zio­ne fra agri­col­to­ri, frui­to­ri dei pro­dot­ti, Uni­ver­si­tà, scien­zia­ti ed isti­tu­zio­ni per riven­di­ca­re che la ter­ra non è solo asset di sta­ti acca­par­ra­to­ri e valo­re immo­bi­lia­re ma il luo­go di pro­du­zio­ne di un cibo sano, bio­lo­gi­co e quan­to più pos­si­bi­le vici­no che da lavo­ro, valo­re e salu­te a chi lo pro­du­ce e chi se ne nutre.

Con­di­vi­do con voi alcun pas­sag­gi trat­ti dall’introduzione al Mani­fe­sto “Food for health”, cura­ta da Van­da­na Shi­va.

Lucio Cavaz­zo­ni


Tra­sfor­ma­re i siste­mi ali­men­ta­ri dan­no­si per il pia­ne­ta e la nostra salu­te in siste­mi ali­men­ta­ri rige­ne­ra­ti­vi e salubri 

 

If we do not crea­te the futu­re, the pre­sent extends itself”

“Se non creia­mo il futu­ro, il pre­sen­te con­ti­nue­rà ad estendersi”

Toni Mor­ri­son (Song of Solomon)

 

L’agricoltura indu­stria­le, basa­ta sul­le mono­col­tu­re, sui com­bu­sti­bi­li fos­si­li e su input chi­mi­ci inten­si­vi, è orien­ta­ta a mas­si­miz­za­re la pro­du­zio­ne, giu­sti­fi­can­do­si con la pre­sun­ta neces­si­tà di garan­ti­re cibo a suf­fi­cien­za per sfa­ma­re una popo­la­zio­ne mon­dia­le in con­ti­nuo aumen­to. In real­tà gli ali­men­ti così pro­dot­ti, pri­vi di nutrien­ti e cari­chi di vele­ni chi­mi­ci, radia­zio­ni e tos­si­ne, non stan­no garan­ten­do né nutri­men­to né tan­to­me­no salu­te alla popo­la­zio­ne mon­dia­le. Al con­tra­rio, stan­no dan­neg­gian­do i nostri eco­si­ste­mi e la nostra salu­te ero­den­do, al con­tem­po, la qua­li­tà e la diver­si­tà dei cibi. Il siste­ma agroa­li­men­ta­re indu­stria­le con­su­ma, inol­tre, un’immensa quan­ti­tà di ener­gia fos­si­le (pro­du­cen­do qua­si un ter­zo di tut­te le emis­sio­ni glo­ba­li di gas ser­ra), con­tri­buen­do così ad alte­ra­re l’e­co­si­ste­ma nel bre­ve (varia­bi­li­tà cli­ma­ti­ca) e nel lun­go ter­mi­ne (cam­bia­men­to climatico).

L’abbandono dei meto­di agri­co­li tra­di­zio­na­li, basa­ti sui prin­ci­pi con­so­li­da­ti nel tem­po dell’agroecologia, e la man­can­za di inve­sti­men­ti signi­fi­ca­ti­vi in ricer­ca e inno­va­zio­ne da par­te di isti­tu­ti di ricer­ca e gover­ni, è impu­ta­bi­le all’influenza di una serie di mega-azien­de inte­res­sa­te prin­ci­pal­men­te ad otte­ne­re pro­fit­ti mas­si­mi attra­ver­so nor­ma­ti­ve mini­me. Que­ste azien­de, che si stan­no pro­gres­si­va­men­te impos­ses­san­do del­le ter­re in tut­to il mon­do, fan­no ricor­so a enor­mi quan­ti­tà di fer­ti­liz­zan­ti chi­mi­ci, pesti­ci­di, erbi­ci­di, semen­ti modi­fi­ca­te, che sono respon­sa­bi­li del­la per­di­ta di micro-nutrien­ti e del­la con­ta­mi­na­zio­ne ambien­ta­le. L’a­gri­col­tu­ra indu­stria­le, nono­stan­te l’ingente con­su­mo di risor­se, non è in gra­do di garan­ti­re la sicu­rez­za ali­men­ta­re dei popo­li. Al con­tra­rio, la mag­gior par­te del cibo che man­gia­mo è anco­ra pro­dot­ta da pic­co­li e medi agri­col­to­ri men­tre la stra­gran­de mag­gio­ran­za del­le col­tu­re pro­ve­nien­ti dal set­to­re indu­stria­le, come mais e soia, è uti­liz­za­ta prin­ci­pal­men­te come man­gi­me per gli ani­ma­li o per pro­dur­re biocarburanti.

È allo­ra cen­tra­le rico­no­sce­re che il set­to­re agri­co­lo è uno dei mag­gio­ri com­po­nen­ti di quel­la che può esse­re defi­ni­ta una “glo­ba­liz­za­zio­ne pre­da­to­ria”, ovve­ro il con­trol­lo e la gestio­ne dell’economia mon­dia­le da par­te dei gran­di inte­res­si eco­no­mi­ci al fine di assi­cu­ra­re l’efficienza del capi­ta­le piut­to­sto che il benes­se­re dei popo­li e del pia­ne­ta. Que­ste mega azien­de rifiu­ta­no, nei fat­ti, di rico­no­sce­re che il dirit­to alla salu­te e il dirit­to al cibo costi­tui­sco­no par­te inte­gran­te dei dirit­ti uma­ni: la logi­ca del mer­ca­to, distan­te dai dirit­ti socia­li ed eco­no­mi­ci, non rico­no­sce il dirit­to ad un cibo ade­gua­to, salu­bre, acces­si­bi­le ed eco­no­mi­ca­men­te sostenibile.

Le qua­li­tà nutri­zio­na­li del cibo sono dun­que sacri­fi­ca­te per rag­giun­ge­re obiet­ti­vi quan­ti­ta­ti­vi men­tre i gran­di bene­fi­ci deri­van­ti dal­la bio­di­ver­si­tà sono seria­men­te ridot­ti, a cau­sa di una dipen­den­za sem­pre mag­gio­re dal­le mono­col­tu­re. Que­sto siste­ma pro­dut­ti­vo, basa­to sul­le mono­col­tu­re, pro­du­ce com­pro­va­ti effet­ti noci­vi sul­la qua­li­tà e sul­la varie­tà dei semi, sul­la bio­di­ver­si­tà di tut­te le spe­cie, con­ta­mi­na il suo­lo e le fal­de acqui­fe­re e con­tri­bui­sce signi­fi­ca­ti­va­men­te al cam­bia­men­to cli­ma­ti­co. Gli ele­va­ti costi finan­zia­ri, eco­lo­gi­ci e sani­ta­ri di que­sto model­lo pro­dut­ti­vo sono lar­ga­men­te esclu­si dal­la deter­mi­na­zio­ne del prez­zo degli ali­men­ti, crean­do l’illusione che il cibo così pro­dot­to sia in real­tà “eco­no­mi­co”.

Quan­do par­lia­mo di pro­du­zio­ne su lar­ga sca­la, ci rife­ria­mo alle gran­di pian­ta­gio­ni ed alle gran­di impre­se che ope­ra­no prin­ci­pal­men­te in Ame­ri­ca del Nord e del Sud, in Asia e ora anche in Afri­ca. Stia­mo par­lan­do di un’a­gri­col­tu­ra che si carat­te­riz­za come aggres­si­va, chi­mi­ca, indu­stria­le e che inclu­de mol­to spes­so gli Ogm. Que­sto tipo di agri­col­tu­ra è in rapi­da cre­sci­ta, fa gira­re ingen­ti som­me di dena­ro, com­por­ta la cre­sci­ta di pochis­si­mi gran­di pro­prie­ta­ri ter­rie­ri in tut­to il mon­do, impo­ne ovun­que un aumen­to espo­nen­zia­le del­le mono­col­tu­re di soia, mais, zuc­che­ro, olio di pal­ma asia­ti­co e afri­ca­no, con gra­vi costi per l’am­bien­te e per l’e­co­no­mia loca­le. Mol­to spes­so, com­por­ta uno sfol­la­men­to vio­len­to del­le per­so­ne che abi­ta­no i ter­ri­to­ri inte­res­sa­ti da tali mutamenti.

Cio­no­no­stan­te, una nuo­va gene­ra­zio­ne di agri­col­to­ri sta pren­den­do coscien­za del pro­prio ruo­lo nel­l’a­gri­col­tu­ra, nel­la dife­sa del­la ter­ra e del­l’am­bien­te, nel­la dife­sa del cibo sano. Mol­ti sono ormai con­sa­pe­vo­li del ruo­lo che svol­go­no nel­la socie­tà e sono atti­vi nel­la dife­sa del­la bio­di­ver­si­tà, del­la ter­ra, del ter­ri­to­rio, del­le comu­ni­tà e del­la pro­spe­ri­tà. Mol­ti di loro sono orga­niz­za­ti in coo­pe­ra­ti­ve, che han­no però un ruo­lo diver­so da quel­lo che rico­pro­no in Occi­den­te: non solo rac­col­go­no e com­mer­cia­liz­za­no i pro­dot­ti dei soci, ma si pren­do­no cura del­la comu­ni­tà per quan­to riguar­da la for­ma­zio­ne, la scuo­la, l’i­gie­ne e lavo­ra­no ener­gi­ca­men­te per i biso­gni del ter­ri­to­rio. Sono anche cono­sciu­ti come “agri­col­to­ri che si pren­do­no cura”, “agri­col­to­ri custo­di”, “fami­ly far­mers”, “agri­cul­teurs pay­sans”. Que­sta nuo­va gene­ra­zio­ne di agri­col­to­ri uti­liz­za tec­ni­che di gestio­ne agro-eco­lo­gi­che, lavo­ra in rete, pro­muo­ve un’a­gri­col­tu­ra real­men­te soste­ni­bi­le nel loro pae­se e dimo­stra come un’al­tra agri­col­tu­ra, un altro cibo e la cura del pia­ne­ta sia­no obiet­ti­vi pos­si­bi­li pro­muo­ven­do così il pas­sag­gio dal para­dig­ma “estrat­ti­vi­sta” a quel­lo “con­tri­bu­ti­vo e reciproco”.

Esi­ste dun­que un approc­cio alter­na­ti­vo ed effi­ca­ce alla sicu­rez­za ali­men­ta­re, basa­to sul­la bio­di­ver­si­tà, che com­bi­na quan­ti­tà e qua­li­tà e che mas­si­miz­za i bene­fi­ci per la salu­te del pia­ne­ta e del­le per­so­ne. L’emergente para­dig­ma agri­co­lo, ali­men­ta­re e nutri­zio­na­le, che inten­de rige­ne­ra­re la salu­te degli eco­si­ste­mi e del­le comu­ni­tà, costi­tui­sce un’alternativa al para­dig­ma distrut­ti­vo del­le mono­col­tu­re basa­te sull’utilizzo di sostan­ze chimiche.

Que­sto nuo­vo approc­cio sta sosti­tuen­do le cor­ren­ti ten­den­ze distrut­ti­ve con poli­ti­che, pra­ti­che e cono­scen­ze che assi­cu­ra­no inve­ce il rin­no­va­men­to. Inter­pre­tia­mo il rin­no­va­men­to soprat­tut­to come una ritro­va­ta resi­lien­za dei siste­mi ali­men­ta­ri natu­ra­li, che lavo­ra­no in armo­nia con la natu­ra, si basa­no sul­la sovra­ni­tà ali­men­ta­re e sul ripor­ta­re i semi nel­le mani degli agri­col­to­ri, sono rispet­to­si degli impat­ti ambien­ta­li e con­tri­bui­sco­no a pre­ve­ni­re il riscal­da­men­to glo­ba­le dovu­to alle emis­sio­ni di gas ser­ra pro­dot­te dall’agricoltura indu­stria­le e dal com­mer­cio su lun­ga distanza.

La tran­si­zio­ne ver­so un nuo­vo para­dig­ma, basa­to sul­la con­ci­lia­zio­ne dei dirit­ti alla salu­te e alla sicu­rez­za ali­men­ta­re, dipen­de­rà dall’impegno del­la socie­tà civi­le, del set­to­re pri­va­to, dei gover­ni e del­le isti­tu­zio­ni internazionali.

Il dirit­to alla salu­te può diven­ta­re effet­ti­vo solo se anche il dirit­to ad una buo­na ali­men­ta­zio­ne vie­ne rico­no­sciu­to e rispet­ta­to. Tra­sfor­ma­re i nostri siste­mi ali­men­ta­ri è cru­cia­le non solo per rag­giun­ge­re gli Obiet­ti­vi di Svi­lup­po Soste­ni­bi­le entro il 2030 ma anche per assi­cu­ra­re la salu­te del­le per­so­ne e del pianeta.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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