World car free day: al centro dei trasporti devono esserci le persone

Il 22 settembre si celebra il World car free day, la giornata mondiale senza auto. Si tratta di una campagna che tocca diverse città del mondo, con l’obiettivo di sensibilizzare la cittadinanza alla limitazione dell’uso dell’automobile, in virtù di una riorganizzazione degli spostamenti più sostenibile.

Il 22 set­tem­bre si cele­bra il World car free day, la gior­na­ta mon­dia­le sen­za auto. Si trat­ta di una cam­pa­gna che toc­ca diver­se cit­tà del mon­do, con l’obiettivo di sen­si­bi­liz­za­re la cit­ta­di­nan­za alla limi­ta­zio­ne dell’uso dell’automobile, in vir­tù di una rior­ga­niz­za­zio­ne degli spo­sta­men­ti più sostenibile.

Inter­ro­gar­si sul rap­por­to tra spa­zio pub­bli­co, vita del­la col­let­ti­vi­tà e auto­mo­bi­li signi­fi­ca guar­da­re a diver­si aspet­ti, tra loro con­nes­si, come le coor­di­na­te di tem­po e spa­zio, la salu­te fisi­ca e psi­co­lo­gi­ca dei cit­ta­di­ni e del­le cit­ta­di­ne e le disu­gua­glian­ze nell’accesso ai mez­zi di tra­spor­to. Rife­ren­do­si a ognu­no di que­sti aspet­ti, ad oggi, emer­go­no note­vo­li cri­ti­ci­tà deri­van­ti dal pro­ta­go­ni­smo che le auto han­no assun­to nel cor­so degli ulti­mi decenni.

Spa­zio.
In pri­mis, le auto­mo­bi­li occu­pa­no tal­men­te tan­to spa­zio che è dif­fi­ci­le da imma­gi­na­re, anche se non sem­pre vi fac­cia­mo caso.
Per esem­pio, guar­dan­do ai dati uffi­cia­li del 2018, si sco­pre che le auto in cir­co­la­zio­ne sono cir­ca un miliar­do e 300 milio­ni e che, in media, esse potreb­be­ro occu­pa­re una super­fi­cie di 13 miliar­di di metri qua­dra­ti. Si trat­ta di cifre inim­ma­gi­na­bi­li, che sfug­go­no alla nostra capa­ci­tà di quan­ti­fi­car­le, ma, per far­si un’idea, Andrea Coc­cia nel volu­me “Con­tro le auto­mo­bi­li” ha cal­co­la­to che, se cia­scu­no di noi può ideal­men­te con­di­vi­de­re un metro qua­dra­to con un altro abi­tan­te del­la Ter­ra, allo­ra le auto stan­no già occu­pan­do il dop­pio del­lo spa­zio che potreb­be­ro occu­pa­re tut­ti gli esse­ri uma­ni. Que­sto spa­zio, per la mag­gior par­te del tem­po, è occu­pa­to da auto fer­me e inutilizzate.

Tem­po.
L’“invasione” del­le auto­mo­bi­li riguar­da anche il tem­po. Oltre al tem­po spe­so negli spo­sta­men­ti in auto, cia­scun pos­ses­so­re di auto­mo­bi­li impie­ga una quo­ta di tem­po per soste­ne­re il costo del pro­prio vei­co­lo. Alcu­ni stu­di han­no cal­co­la­to che la spe­sa in que­stio­ne rag­giun­ge un valo­re medio che oscil­la tra un quar­to e un quin­to del­lo sti­pen­dio. Quin­di, anche men­tre l’auto è fer­ma, chi la pos­sie­de dedi­ca ad essa, nel­la miglio­re del­le ipo­te­si, cir­ca un quin­to del tem­po del suo lavo­ro, che tra­dot­to signi­fi­ca un gior­no su cin­que del­la set­ti­ma­na lavo­ra­ti­va. A que­sto si deve som­ma­re il tem­po che non vie­ne sfrut­ta­to in modo effi­cien­te, per esem­pio, tut­te quel­le vol­te in cui un bre­ve spo­sta­men­to avver­reb­be più rapi­da­men­te in bici o con i mez­zi pub­bli­ci, ma che, svol­gen­do­si in auto, richie­de più tem­po e inci­de sul traf­fi­co, allun­gan­do la dura­ta degli spo­sta­men­ti del­la collettività.

Salu­te.
Non solo tem­po e spa­zio, ma, come il perio­do di loc­k­do­wn ha mes­so bene in evi­den­za, le auto impat­ta­no in modo rile­van­te sia sul­la salu­te di chi le usa, sia su quel­la di chi non le usa. I dati più evi­den­ti riguar­da­no il nume­ro di inci­den­ti annui (che com­por­ta­no, oltre a mor­ti e feri­ti, anche costi ingen­ti in ter­mi­ni di spe­sa pub­bli­ca) e la qua­li­tà dell’aria che respi­ria­mo, stret­ta­men­te con­nes­sa con l’aumento di pato­lo­gie respi­ra­to­rie e la dif­fu­sio­ne di altre pato­lo­gie deri­van­ti da virus e bat­te­ri. Vi sono poi mol­te altre ester­na­li­tà nega­ti­ve che, col pas­sa­re del tem­po, sono sta­te mes­se in luce dagli stu­di dei ricer­ca­to­ri e che non riguar­da­no solo la salu­te fisi­ca, ma anche quel­la psi­co­lo­gi­ca. Il tem­po pas­sa­to in auto, infat­ti, spes­so con­den­sa mol­to più ner­vo­si­smo rispet­to a quel­lo tra­scor­so in qua­lun­que altra cir­co­stan­za e ren­de gli indi­vi­dui più ira­sci­bi­li e alie­na­ti dal con­te­sto ester­no all’automobile stessa.

Disu­gua­glian­ze.
Un’al­tra que­stio­ne fon­da­men­ta­le riguar­da le disu­gua­glian­ze. Se una fascia del­la popo­la­zio­ne ten­de a muo­ver­si sem­pre più velo­ce­men­te, altre fasce ral­len­ta­no. Infat­ti, se una quo­ta sem­pre cre­scen­te di abi­tan­ti di una cit­tà uti­liz­za le auto­mo­bi­li e abban­do­na il tra­spor­to pub­bli­co, in segui­to alla ridu­zio­ne dell’utenza, quest’ultimo ridu­ce i pro­pri ser­vi­zi, a disca­pi­to di chi non può far­ne a meno. Que­sto aspet­to impat­ta nega­ti­va­men­te, come in un cir­co­lo vizio­so, sul­la dura­ta media degli spo­sta­men­ti di tut­ti, come evi­den­zia­to in pre­ce­den­za. L’ampliamento del­la for­bi­ce del­le disu­gua­glian­ze si accom­pa­gna ad una cre­sci­ta del diva­rio tra chi può per­met­ter­si mez­zi di tra­spor­to sem­pre più inno­va­ti­vi e rapi­di e chi ral­len­ta o resta fermo.

Tut­ti que­sti esem­pi met­to­no in discus­sio­ne le vir­tù del mez­zo di tra­spor­to più dif­fu­so al mon­do in un con­te­sto come quel­lo attua­le e costrin­go­no le ammi­ni­stra­zio­ni a inter­ro­gar­si tan­to sul con­cet­to di spa­zio pub­bli­co, quan­to sul model­lo di svi­lup­po del­le nostre società.

L’organizzazione auto-cen­tri­ca del­le cit­tà con­tem­po­ra­nee può esse­re mes­sa in discus­sio­ne sen­za iden­ti­fi­ca­re nell’auto un nemi­co in ter­mi­ni asso­lu­ti, né imma­gi­na­re sce­na­ri apo­ca­lit­ti­ci di eli­mi­na­zio­ne tota­le del­le auto­mo­bi­li. A chi è al gover­no e può dare for­ma al futu­ro del nostro pae­se, non si chie­do­no solu­zio­ni sem­pli­ci­sti­che, ma com­pren­sio­ne del­la com­ples­si­tà e pre­sa di coscien­za del­le cri­ti­ci­tà. Oggi tut­to que­sto man­ca, tan­to che si sosten­go­no poli­ti­che come gli eco­bo­nus che non solo non rispon­do­no in modo suf­fi­cien­te a nes­su­na del­le gran­di cri­ti­ci­tà evi­den­zia­te, ma, al con­tra­rio, rischia­no per­si­no di acuirle.

Eppu­re, nel resto del mon­do sono mol­te le espe­rien­ze che spe­ri­men­ta­no model­li di svi­lup­po e di mobi­li­tà alter­na­ti­vi net­ta­men­te più soste­ni­bi­li. Sen­za anda­re lon­ta­no, si potreb­be guar­da­re a Ber­li­no, che ha intra­pre­so un pro­ces­so di ride­fi­ni­zio­ne e aumen­to degli spa­zi pub­bli­ci dopo la pan­de­mia, o a Pari­gi, che per­se­gue il model­lo del­la “cit­tà del quar­to d’ora”, in cui i ser­vi­zi sono equa­men­te distri­bui­ti nei quar­tie­ri e que­sto per­met­te di riac­qui­si­re un con­trol­lo sugli spa­zi e i tem­pi del­la quo­ti­dia­ni­tà in favo­re di una dimi­nu­zio­ne dell’uso dell’auto. Ma anche Oslo che ha ini­zia­to il pro­ces­so di pedo­na­liz­za­zio­ne di aree urba­ne negli anni ’70, Madrid con la sua “zona a bas­sis­si­me emis­sio­ni” o Bar­cel­lo­na che ha aumen­ta­to il nume­ro di stra­de per­cor­ri­bi­li a bas­sa velo­ci­tà e le aree cicla­bi­li e pedonali.

Si trat­ta, in sostan­za, di pas­sa­re dal model­lo auto-cen­tri­co e indi­vi­dua­li­sti­co a un approc­cio ai tra­spor­ti siste­mi­co, che met­ta al cen­tro le per­so­ne, favo­ri­sca l’integrazione tra diver­si mez­zi di tra­spor­to, incen­ti­van­do i più soste­ni­bi­li, come le bici, e sti­mo­li il dia­lo­go tra le voci degli esper­ti di urba­ni­sti­ca e sani­tà, degli ambien­ta­li­sti e di chi ammi­ni­stra il siste­ma dei tra­spor­ti, sen­za tra­scu­ra­re il gran­de appor­to che pos­so­no for­ni­re le nuo­ve tec­no­lo­gie in que­sti processi.

Ema­nue­le Busconi

Pos­si­bi­le Torino

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